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Reddito minimo di cittadinanza: uno slogan elettorale o un’opportunità di inclusione sociale?

A quanto pare i nostri politici locali, dopo anni di silenzio in quanto la povertà non solo non porta voti, ma è un tema scomodo, quasi da nascondere, si sono improvvisamente svegliati e tutti rivendicano la necessità di approvare quanto prima una legge regionale in materia.

Affinché il reddito minimo non sia uno slogan da campagna elettorale, è necessaria una profonda riflessione sul nostro sistema di welfare.

Il sistema Italia è caratterizzato dalla storica mancanza di una strategia quadro organica per combattere la povertà. Questo deficit appare oggi ancora più gravoso, specialmente nei confronti del drammatico aumento del disagio economico, dovuto alla crisi economica-finanziaria in corso, che rende ancora più vistosa l’assenza di uno schema nazionale di Reddito Minimo.

Inoltre, la riforma del Titolo V nel 2001 ha significato la differenziazione tra le leggi regionali e le conseguenti misure di politiche sociali nelle 20 regioni italiane. Alcune di esse hanno legiferato sul reddito minimo, altre no, confermando la disomogeneità delle prestazioni tra regione e regione e la disuguaglianza nell’accesso a beni e servizi da parte dei cittadini.

La Regione Toscana si è adeguata a questo trend nazionale proponendo una frammentazione degli interventi a fronte di un vero e proprio programma di lotta alla povertà.

La mancanza di una strategia in grado di proteggere le persone a rischio povertà, l’emergenza legata ad un evidente aumento di fenomeni di esclusione sociale (aumento del 7.5% delle persone in povertà – dossier 2013 sulle povertà in Toscana – Caritas) sono oggi sotto gli occhi di tutti ed ancora più amplificati dal fatto che non sono state realizzate misure di sostegno al reddito in grado di contrastare quelle che vengono definite nuove povertà emergenti.

La definizione di uno strumento di reddito minimo comporta scelte politiche precise e disegni di intervento che non si esauriscono con l’individuazione del beneficiario.

Occorre infatti individuare le misure di contrasto all’esclusione sociale che integrano la dimensione passiva del “ricevere denaro” con quella attiva, legata alla fornitura di servizi e centrata sull’individuo. Se il “ricevere denaro” può garantire risorse minime di sopravvivenza, gli interventi finalizzati all’attivazione del beneficiario hanno l’obiettivo di ridurre il rischio della dipendenza dall’assistenza.

Le resistenze alle misure di sostegno al reddito nascono dall’idea secondo la quale gli strumenti di natura assistenziale possono creare effetti perversi. In realtà molti studi hanno evidenziato come tale relazione non sussista (Bohnke, 2008). Se l’incertezza occupazionale gioca un ruolo rilevante nello scegliere tra lavoro e sussidio, di fatto il lavoro è considerato non solo una fonte di reddito, ma anche di riconoscimento sociale. A queste considerazioni bisogna aggiungere il fatto che il lavoro non sempre c’è, che il reddito da lavoro non sempre è sufficiente e che non tutti i soggetti sono “occupabili”.

Quanto più si abbassa la soglia, più estrema è la povertà, tanto più si è in presenza di persone che necessitano di percorsi di inclusione e reinserimento sociale.

A fronte di queste considerazioni, abbiamo identificato alcune linee guida - che svilupperemo maggiormente durante la legislatura, e che sono ai primi punti del nostro programma - per la determinazione tempestiva di uno strumento di reddito minimo efficace ed equo

  • Non contrapporre l’integrazione sociale all’integrazione lavorativa
  • Considerare i due diritti, lavoro e reddito minimo, connessi ma non dipendenti
  • Costruire un sistema sinergico tra tutti gli assessorati regionali affinché tutti siano coinvolti nelle scelte politiche di inclusione sociale
  • Legare il reddito minimo all’individuazione di un progetto di integrazione sociale individuale condiviso con il beneficiario
  • Elevare le competenze degli operatori
  • Affidare un peso rilevante alle azioni di monitoraggio e valutazione delle misure e dei programmi realizzati.

 

 Di Serena Cesarini Sforza (Candidata al Consiglio della Regione Toscana con SÍ - TOSCANA A SINISTRA [email protected] )

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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