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Reati di canapa: a quale ritmo si ingolfano le carceri?

In quanti finiscono dentro per uno spinello? Ma soprattutto quale beneficio trarrebbero i penitenziari da una depenalizzazione del reato? Profilo statistico di un problema che in 10 giorni è capace di provocare più di trenta arresti.

Qui potete leggere il numero completo de Il Serale.

di Pasquale Raffaele

Quanti detenuti può contenere il sistema carcerario italiano? La risposta più precisa a un quesito ciclicamente finito al centro di dibattiti non può che fornirla il dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) afferente al ministero della Giustizia. Ebbene, la capienza complessiva delle nostre carceri supera di poche unità le 45.500: per l'esattezza i posti totali nei 206 istituti di detenzione presenti sullo stivale sono 45.568. In termini generici siamo a conoscenza anche di essere afflitti da un serio problema di sovraffollamento delle carceri, ma in che misura? Al 31 dicembre 2012 i detenuti in carico a tale sistema penitenziario erano 65.701, quelli ristretti all'applicazione dell'articolo 73 della legge Fini-Giovanardi (detenzione di sostanze stupefacenti) 25.269, pari al 38,46%.

In soldoni, poco meno del 40% di detenuti è finito nelle patrie galere a causa di droghe, tutte le droghe. Già, perché la più vistosa anomalia della legge 49 del 2006 è proprio quella di raggruppare tutte le tipologie di sostanze all'interno della tabella 1, equiparando – pur con quantitativi diversi - detenzione di cocaina, eroina e droghe sintetiche a marijuana e haschisch, precedentemente considerate "leggere". Tale distinzione si tramutava anche in un differente livellamento della pena per gli spacciatori: non più detenzione da 2 a 6 anni per i secondi e da 6 a 20 per gli altri, bensì tutti infilati nel "calderone grosso".
La controprova dell'effetto ingolfante di tale provvedimento si può ottenere confrontando questi numeri con le cifre di detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2006 per il medesimo reato di detenzione: 14.640, poco più della metà. Cifre che aumentano a livelli esponenziali e diventano pantagrueliche se rapportate al numero di ingressi in carcere nel 2012 per violazione dell’art. 74 (associazione finalizzata al traffico): appena 250 detenuti che, uniti a quelli già presenti, neppure arrivano al migliaio - 761 per l'esattezza.

Non bastasse l’incostituzionalità della Fini-Giovanardi, la questione-carceri si è riverberata anche su scala europea nei consueti termini sanzionatori, dal momento che a maggio 2014 scade l’ultimatum della Corte di Strasburgo all’Italia sulla violazione dei diritti umani nelle carceri: bisogna garantire a ogni detenuto in cella uno spazio minimo di 4 metri quadrati sufficientemente illuminato e pulito, oltre ad assicurarsi che il detenuto passi un adeguato numero di ore all’esterno della cella tramite attività sociali interne alle strutture. In caso di inadempimento, i quasi 67.000 detenuti facenti parte della popolazione carceraria italiana dovranno essere risarciti, ulteriore beffarda conseguenza per l'erario di una norma da più parti e per le ragioni più disparate additata come scellerata.

Per avere un’idea del ritmo con cui il nostro sistema carcerario viene riempito abbiamo ristretto l’attenzione ai primi giorni di novembre: dal 31 ottobre al nove novembre sono stati ben 33 gli arresti legati alla marijuana, dal semplice consumo allo spaccio. Coinvolte con almeno un arresto tredici regioni su venti e diciannove province su 107, quasi il 18%. E si tratta di arresti che colpiscono trasversalmente tutte le fasce d’età: dal ragazzo bolognese arrestato il 2 novembre con 40 chili di marijuana al 42enne casertano o ai bresciani di 39 e 42 anni che arrotondavano il loro lavoro di operai coprendo con lo spaccio un’area di decine di chilometri. E poi un pregiudicato a Cagliari, due coniugi a Ponzano (TV), un cuoco a Verona, un parrucchiere a Cervia (RA). A Palermo un 26enne e un 36enne sono stati processati per direttissima, rimediando una condanna a 14 mesi di carcere e il pagamento di una penale di 20mila euro. Tra tutti questi sono solamente due gli stranieri un 36enne marocchino arrestato a Bari e un albanese anch’egli 36enne, entrambi finiti dentro per spaccio.
Tutto ciò, se si esclude l’operazione “Laser” che a Lucca ha portato all’arresto di sei persone e scoperchiato un’intera organizzazioni con ramificazioni anche nel pisano, potrebbe essere già sufficiente per portare alla conclusione che il sistema repressivo voluto dalla 49/2006 – oltre a essere deleterio - punta al basso e a finire in carcere sono consumatori e "pesci piccoli" dello spaccio, senza che mai si scalfiscano i consueti potentati che di tale mercato muovono i fili. Eppure c'è un dato ancor più allarmante che fotografa questo perenne livellamento verso il basso ed è quello che riguarda il totale delle denunce nel 2012: ben il 42,5% sono proprio legate alla cannabis.

In crescita anche le segnalazioni al prefetto per il solo consumo personale: dopo una flessione a cavallo fra 2009 e 2010 sono passate dalle 32.575 di quest'ultimo anno alle 35.762 del 2012. Circoscrivendo anche qui il campo alle sostanze cannabinoidi, il rapporto diviene clamoroso: 28.095, vale a dire oltre due terzi del totale, ben il 78,56%. Non meno sanguinoso il discorso inerente le sanzioni amministrative, più che raddoppiate nell'arco 2006/2012 e passate da 7.229 a 16.205. Il contatore di persone segnalate ai prefetti per sanzioni di tale natura dal 1990 al 2012 si avvicina pericolosamente ai sei zeri: 853.004, quasi un milione di cittadini.

Visti i numeri è impossibile non cogliere il giro di vite attuato dal legislatore intorno al consumo dello spinello, dal quale ci si attenderebbe quantomeno qualche riflesso deterrente sui soggetti più penalizzati dalla generalizzata severità del provvedimento, gli assuntori di cannabis per l'appunto. E invece uno studio Onu dello stesso 2012 svela che l'Italia è il primo Paese occidentale in assoluto per consumo di cannabis: le persone che ne fanno uso saltuariamente o abitualmente risultano essere il 17,3% della popolazione, ovvero circa 5 milioni. Laddove il buon senso del legislatore latita, forse a volte basterebbe un pizzico di sano pragmatismo, capace di innescare effetti economici virtuosi sia in termini di gettito che di sottrazione di consistenti fette di mercato ai soliti noti del settore, ammesso che si intenda remare in questa direzione.

Qui potete leggere il numero completo de Il Serale.

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