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Cos’è (davvero) la sperimentazione sugli animali?

Un dibattito mediatico viziato ingolfa l'opinione pubblica, portando a una visione fantascientifica dei test sugli animali. Abbiamo perciò intervistato due biotecnologi specializzati in due diversi campi della ricerca.

Qui potete leggere il numero completo de Il Serale

Di Pasquale Raffaele

1) Esattamente che tipo di attività di ricerca svolgi?

I.F.: Sono un PhD in genetica oncologica. Lavoro nell’ambito della ricerca oncologica pre-clinica. Più dettagliatamente svolgo attività di ricerca biomedica e traslazionale sulle malattie neoplastiche, con particolare interesse per la farmacologia molecolare oncologica pre-clinica. Mi occupo di neoplasie. Brevemente, il cancro è causato da alterazioni genetiche dovute a mutazioni multiple che portano alla deregolazione di pathways cruciali nelle cellule, per cui la nostra ricerca si propone di identificare tali alterazioni genetiche allo scopo di sviluppare nuove strategie antitumorali e contemporaneamente cerchiamo di identificare nuovi marcatori diagnostici, prognostici e predittivi per determinati tumori.

D.C.: Mi occupo principalmente di diabete di tipo I e diabete II, ma anche di studi in patologie acute che generano danni renali.

2) Puoi spiegarmi esattamente come funziona? Anche nel tuo laboratorio fate sperimentazione animale? In che modo?

I.F.: Dal 2009 ad oggi contribuisco allo studio di identificazione di nuovi approcci terapeutici per la cura del mesotelioma pleurico maligno. (Il mesotelioma pleurico maligno è un tumore ad alto grado di malignità. Tale neoplasia era considerata, fino a circa 30 anni fa, un tumore di eccezionale rarità, ma purtroppo la sua incidenza è aumentata ed è destinata ad aumentare. Ad oggi la sopravvivenza media va ancora dai 9 ai 17 mesi dalla diagnosi, per cui è necessario identificare quanto prima marker diagnostici, prognostici e terapeutici al fine di migliorare la cura di tale neoplasia e contemporaneamente la qualità della vita del paziente). Recentemente nei nostri laboratori abbiamo valutato l’effetto di vari composti su linee cellulari umane di mesotelioma pleurico maligno. E dai nostri dati è emerso che una di queste molecole, è in grado di indurre apoptosi (morte cellulare programmata) e far regredire il tumore sia da sola sia, in combinazione con gli attuali chemioterapici usati per la cura del MPM, senza mostrare alcun effetto citotossico su linee di mesotelio sano. Avendo ottenuto risultati promettenti in vitro non potevano non pensare, tentare e sperare che la stessa molecola avesse le stesse proprietà anche in vivo. Purtroppo ad oggi non credo ci sia un metodo alternativo per poter valutare l’effettiva efficacia o la tossicità sistemica di un farmaco sperimentale. Se si potesse credo che nessun ricercatore esiterebbe a farlo...

D.C.: La sperimentazione animale nasce come studio preclinico. Per studio preclinico si intendono test in vitro e in vivo che vengono effettuati per determinare l’effetto di una data molecola e stabilire se può essere impiegata come farmaco, dopo questo step si passa alla fase clinica, cioè una sperimentazione sull’uomo. Ho unito sia la sperimentazione in vitro a quella in vivo perché le due cose vanno a braccetto, non esiste sperimentazione in vivo (su animali) se quella in provetta non ha dato dei risultati positivi. In ogni caso la sperimentazione in vivo, cioè quella animale si occupa di replicare le condizioni patologiche di cui vogliamo occuparci, in un organismo complesso, il più simile possibile all’uomo e che quindi possa suggerirci, sia come la molecola si comporta sull’organo su cui vogliamo agire sia le conseguenze che ha sull’intero organismo. Questo è ben diverso dal testare la molecola su tessuti animali o ingegnerizzati isolati, o su cellule in coltura. Noi ci occupiamo di indurre la malattia o attraverso stimoli chimici (iniezione di molecole che inducano la morte di determinate cellule) o attraverso modifiche genetiche che inducono la malattia dovuto alla deficienza di un dato gene. Ma gli animali adesso vengono utilizzati anche come semplice veicolo per la rigenerazione di tessuti e organi; la ricerca biomedica e la sperimentazione stanno vivendo un'era basata sulla rigenerazione e sulla ingegnerizzazione dei tessuti. I famosi xenotrapianti non prevedono altro che l’inserzione di cellule di una specie in un'altra, ed ecco che attraverso questi viene studiato un tumore umano in una cavia (ottenendo nuovi target su cui agire farmacologicamente o sperimentare vere e proprie cure).

3) Che tipo di cavie utilizzate, se ne utilizzate?


I.F.: Per il nostro esperimento pilota abbiamo utilizzato topi nudi. La possibilità di poter utilizzare questo modello animale è molto importante poiché è possibile far attecchire il tumore senza generare rigetto per poi procedere con il trattamento. Ovviamente prima di procedere con la sperimentazione clinica e per tutta la durata dell’esperimento sono state seguite tutte le normative etiche, la salute degli animali è stata monitorata quotidianamente in modo da poter subito intervenire in caso di evidente stato di sofferenza. 

D.C.: Gli animali utilizzati da noi sono solo topi e ratti, ma in tutta Europa è più o meno così. Secondo dati resi noti dall’ UE circa l’80% degli animali da laboratorio è costituito da topi e ratti, il restante 20% comprende animali a sangue freddo, uccelli e carnivori. I primati, checchè se ne dica in giro, sono utilizzati molto poco (non dico che non vengono utilizzati solo perché non ho un dato aggiornato) e lo stesso vale per cani e gatti.

4) Come si fa senza cavie animali? Esistono metodi alternativi altrettanto efficaci?

I.F.: La sperimentazione animale è un passaggio indispensabile per la ricerca biomedica. La maggior parte delle nostre conoscenze nel campo della biochimica generale, della fisiologia e dell’endocrinologia origina dalla sperimentazione animale. La scelta di un modello animale è molto complessa poiché l’animale deve in questo caso sostituire l’uomo ed un modello animale “perfetto” forse non esiste data l’eccessiva complessità e variabilità dei mammiferi. Ma testare farmaci in vivo è l'unico modo per valutare gli eventuali effetti sistemici di tali composti, monitorarne la tossicità e anche comprendere le eventuali alterazioni biologiche dovute alla somministrazione dei suddetti. La sperimentazione in vivo è comunque ben regolamentata: esistono norme etiche che devono guidare la sperimentazione: rispetto della vita e moderazione della sofferenza degli animali durante l’esperimento e al momento della soppressione. Locali di stabulazione e personale addetto sono soggetti ad approvazione da parte del Ministero della Sanità. Protocolli sperimentali controllati: devono seguire le norme di legge vigente o essere approvati in caso di deroghe; sono previste visite periodiche di un veterinario responsabile, specialmente durante la sperimentazione a durante la sperimentazione a lungo termine.

Per quanto riguarda i metodi alternativi (bioinformatica, farmacogenomica ecc...) non credo possano sostituire i modelli animali, poiché con essi non è possibile valutare, ad esempio, la metabolizzazione e l’eliminazione delle sostanze/farmaci. Ma sicuramente ogni ricercatore proverà e utilizzerà, quando possibile, la sostituzione di tale metodica laddove i metodi sostitutivi siano però effettivamente validati.
Da sempre l’uomo si serve degli animali per soddisfare le proprie necessità, ma nel caso della sperimentazione scientifica l’uomo/scienziato cerca sempre di agire in modo eticamente corretto minimizzando quanto più possibile le sofferenze degli animali, per cui trovo assolutamente insensato ostacolare questo tipo di progresso.  

D.C.: Senza cavie animali a mio parere non si può andare avanti, almeno nella sperimentazione dei farmaci. Molte molecole sono testate in vitro per poi non dare alcun risultato in vivo, al contrario mi chiedo qual è la percentuale di farmaci dannosi che sono stati messi in commercio dopo la sperimentazione animale? Il caso più eclatante d’errore nel rilascio di un farmaco è quello della Taliadomide (farmaco che preso in gravidanza determina gravi malformazioni nel neonato, focomelia). È nato da una sperimentazione animale poco accurata infatti non venne studiata l’azione del farmaco su ratti e topi gravidi. Ma rendiamoci conto se la condizione di gravidanza può determinare degli effetti collaterali così devastanti, quanto realmente può essere predittivo un sistema che non è costituito da un organismo complesso?
La sperimentazione animale dal canto suo, non è infallibile, esistono comunque dei problemi di riproducibilità dei dati da una specie all’altra ed esiste comunque un problema etico da affrontare (sempre dai dati: la popolazione europea è 600 milioni di persone, gli animali utilizzati sono invece 12 milioni; questo significa che per ogni persona vien usato 0,16 animali all’anno).
Onestamente dei metodi alternativi per quanto concerne la sperimentazione dei farmaci non esistono. I metodi in vitro come ho detto all’inizio sono importantissimi ma non possono rappresentare l’unica via d’analisi. In vivo e in vitro sono complementari tra loro, il primo passo vero per risolvere la quesitone “ vivisezione” a mio parere è cercare di capire che la distribuzione di farmaci che siano sicure è in primis interesse del “consumatore” e poi dei produttori, perché in fondo loro al massimo ci rimettono i soldi, non la salute.
 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Giorgio Zintu (---.---.---.26) 5 dicembre 2013 15:04
    Giorgio Zintu

    Capisco che sia interessante curare o far regredire un tumore ma chi si occupa di prevenire i tumori? Faccio un esempio che mi è capitato in questi giorni. Se l’arsenico è considerato da numerose ricerche come un fattore che produce alcuni tipi di tumore (vedi ricerche su The Lancet) o innescare processi genetici di lungo periodo (scusate la terminologia non esatta) perché non si dedicano risorse economiche adeguate affinché i rischi vengano ridotti? E potrei dire la stessa cosa sull’uso del carbone nelle centrali per produrre energia. E’ davvero più intelligente riconoscere che non possiamo rinunciare a uno sviluppo che ci ammazza ma disperatamente voler trovare la cura per vivere di più ma ammalati e godendo dei vantaggi di quello stesso sviluppo? 

    • Di (---.---.---.16) 5 dicembre 2013 16:17

      Caro Giorgio, questo discorso esula un po’ da quello sulla sperimentazione sugli animali. Però certo, chi di noi non preferirebbe prevenire i tumori (che non provengono solo dall’Ilva - esempio inflazionato - ma anche da altri fattori tracciabili solo con la ricerca) e abbracciare uno sviluppo più sostenibile? 

  • Di Giorgio Zintu (---.---.---.235) 5 dicembre 2013 20:27
    Giorgio Zintu

    La mia era ed è una provocazione. Uno sviluppo sostenibile con oltre 7 miliardi di persone e miliardi di tonnellate di sostanze tossiche nell’aria, nell’acqua e in quello che mangiamo è un dato che razionalmente parla di insostenibilità di questo sviluppo. Osservo anche che è inutile sperimentare su cavie o uomini farmaci nuovi se già sappiamo che basterebbe adottare un normalissimo principio di precauzione per non avere un cancro. Cioè se sai che il cadmio è cancerogeno o ti fa diventare demente a che serve studiare la cura possibile, basterebbe eliminare l’esposizione a quelle sostanze. Tutto quello che va in una direzione diversa mi sembra totalmente irrazionale, al massimo parliamo di un business come un altro. Ma allora non serve sbandierare eticità vere o presunte nell’uso di animali? 

  • Di (---.---.---.1) 23 dicembre 2013 00:00

    Mi pare evidente che la sperimentazione in vitro non risolve tutti i problemi di efficacia, ed eventuale tosicità,dei farmaci. .La verifica su animale , pur con il dovuto rispetto delle nomative CEE sull utilizzo delle cavie, è ineludibile.  Chi sostiene che si possa farne a meno dovrebbe spiegarci su chi dovremmo provare nuovi farmaci, appena testati su qualche colonia cellulare su piastra , o perlomeno offrirsi volontario per il suddetto trattamento. D’altro canto siamo il paese della fantasia, dove un tale si è inventato Stamina e, supportato , non da prove scientifiche, ma da, showmen e stravaganti magistrati, pretende che il sistema sanitario nazionale promuova una "presunta cura"neanche sostenuta da un protocollo reso pubblico, Il tutto abusando cinicamente, quella si molto vera, della disperazione dei malati e dei loro familiari!

    • Di (---.---.---.140) 23 dicembre 2013 03:51

      Qualche volontario c’è, ad esempio Susanna Penco, ma è uno 0,00000000001% (esagerando) di quello che servirebbe per condurre i test. Purtroppo esiste una specie di "vizio della minoranza" riguardo a questo tipo di argomenti di competenza specifica: se in pochi dicono una cosa, si preferisce pensare che siano dei rivoluzionari invece che verificare prima che quella cosa non sia una scemenza.

  • Di (---.---.---.1) 23 dicembre 2013 00:20

    ....dimenticavo, l’autore del commento di sopra è
     
     bruno briata

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