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Raggi e le regole del gioco

La cosa più equilibrata che ho sentito sulla sindaca Raggi è del sindaco di Napoli: “L'errore della Raggi è che non ha rotto col passato.” L’errore non è tecnico, ma è tutto politico, perché ha preferito mantenere in posti di potere personaggi delle passate legislature in ragione della loro competenza, ma inevitabilmente legati a quel sottobosco corruttivo che ha caratterizzato e infiltrato tutto l’ambiente amministrativo della Capitale negli ultimi 20 anni, in cui era difficile convivere senza una colpevole omertosità.

Il M5S avrebbe dovuto, già da tempo, imporre la regola ferrea che i sindaci eletti col suo marchio e appoggio devono scegliere gli assessori tra i consiglieri eletti dal territorio, e il fatto che non abbiano mai amministrato deve essere considerato un titolo di merito.

La tecnica e l’esperienza si conquistano sul campo, ma è infinitamente più intelligente poter contare su gente conosciuta da anni, gente onesta, espressa dal territorio, che in pochi mesi si impadronirà della cultura ed esperienza necessaria. Tutta l’attuale classe dirigente del M5S è venuta fuori con questo metodo, che va semplicemente considerato come un punto fermo politico, da accettare o meno prima di aderire al Movimento.

Per una gestione valida dei Comuni aiuterebbe molto ottenere delle regole quali quella che ogni nuova sindacatura genera la automatica decadenza di tutti i dirigenti delle municipalizzate e degli uffici più importanti, e che la Corte dei Conti certifichi gli eventuali deficit di bilancio, da attribuire alla precedente amministrazione con relativa responsabilità civile e penale.

Qualunque sindacatura esce dal pareggio di bilancio, d’ora in poi, dovrebbe essere immediatamente commissariata e portare a nuove elezioni. 

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