Quel riflesso nell’oscurità
Una storia che inizia da un delitto passionale e che continua in un tunnel di situazioni complicate perché influenzate da associazioni massoniche, caste, culture patriarcali e pregiudizi sociali. Non è però il classico romanzo che racconta le abilità e le intuizioni di un commissario alla ricerca del colpevole di un delitto in quanto sono tante le caratteristiche che lo distinguono.
Inizio dal protagonista: un poliziotto in perenne crisi e alla continua ricerca di un fine per continuare a vivere, che non sia quello che ha sempre perseguito in maniera eccelsa, cioè indagare su vari casi di omicidi. L’uomo vive in una perenne crisi esistenziale che gli ruba soprattutto le ore della notte e del riposo, e che lo perseguita fin da bambino; forse perché è cresciuto in un orfanatrofio e poi in un convento, e quindi mai oggetto, né tantomeno fonte di affetto e amore. Il commissario è alla continua ricerca dei motivi che spingono l’essere umano, nonostante l’evoluzione darwiniana, a far del male ai suoi simili e a se stesso. Cerca l’essenza di queste malvagità probabilmente per trovare una soluzione alle sue tormentate domande esistenziali.
La copertina rispecchia l’inquietudine di questa persona, riporto dal testo: “Abbassai lo sguardo e incominciai a fissare la luce riflessa di un lampione in una pozzanghera sulla strada lastricata di ciottoli. In tutto quel buio il colore, di un arancio brillante, aveva riportato la mia mente alla realtà che ero costretto a vivere…”.
Lo scrittore appositamente non definisce due entità fondamentali: lo spazio e il tempo. Infatti non esiste alcun riferimento al luogo in cui avviene il delitto e i relativi avvenimenti che ne conseguono. Probabilmente è una piccola cittadina provinciale perché si arriva in pochi passi all’abitazione del protagonista, alla sua camera in una pensioncina, alla trattoria in cui cena, al commissariato, al ponte di un fiume dove l’uomo si reca spesso di sera e riversa tutti i propri pensieri. “Ripresi a guardare il fluire del fiume, placido, ma inesorabile procedeva portando con sé i sentimenti di una città. Di gente egoista, di uomini spregiudicati e di donne dallo sguardo pitturato e vuoto...”.
Non c’è alcun riferimento temporale, infatti la voluta assenza di un qualsiasi mezzo di trasporto o di una macchina scrivente o di un oggetto tecnico non delinea l’epoca del racconto. L’uso del “voi” proietta il tutto nella prima metà del ‘900, ma è solo una mia ipotesi.
L’autore definisce spesso le persone principali che lo attorniano con una lettera: “H”, “E”, “G” … definendo una stretta correlazione tra il significato esoterico della lettera e le caratteristiche fisiche e caratteriali del soggetto.
Sono inoltre definite in maniera molto dettagliata le usanze massoniche con le loro regole e riti. La massoneria sarà presente in tutto il romanzo in quanto influenzerà, e parecchio, i modi di agire delle persone coinvolte.
In conclusione non il solito thriller con un investigatore e un colpevole da scoprire, ma un libro in cui vengono analizzate in profondità storie, sentimenti e l’eterna inquietudine del protagonista. “…m’incamminai verso il fiume. La luna piena alta nel cielo richiamava alla mente leggende perse nella notte dei tempi. Arrivai al ponte, poggiai i gomiti sul muretto e ripresi a osservare il lento procedere delle acque. Il lampione illuminava la strada ma non c’era nessuna pozzanghera dove poter osservare ancora una volta la realtà rovesciata. La strada era asciutta …”.
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