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Quando nel 1918 la quasi totalità degli abitanti del goriziano volevano la Jugoslavia

 
Corre ora, in questo 8 agosto 2015, il 99° anniversario della così detta prima presa di Gorizia, che a dire il vero avvenne il 9 agosto, senza dimenticare che nella battaglia di Gorizia dal 6 al 17 agosto le vittime furono di 51.232 uomini, di cui 1.759 ufficiali; gli austriaci ebbero fuori combattimento 41.835 uomini, di cui 807 ufficiali. E nel complesso vi è stata una vera e propria ecatombe. In via approssimativa furono 86 mila gli abitanti costretti ad evacuare la contea di Gorizia a causa della prima guerra mondiale, e 14 mila furono solo gli sloveni della città di Gorizia a lasciare la città, una città che aveva un totale di circa 25 mila abitanti in quel periodo. Il cui ritorno, poi, venne ostacolato in tutti i modi possibili.
 
Non si vuole porre in discussione il carattere, oramai quasi centenario dell'italianità di Gorizia, ma si vogliono ricordare alcune questioni che non devono, per amor di verità e rispetto di chi ha subito una vera e propria operazione di cancellazione etnica, essere rimosse. Anche perché se non si comprende quanto accaduto fin dall'avvento del Regno d'Italia, nel Venezia Giulia, non si potrà capire pienamente tutto quello che è accaduto successivamente, fascismo, ovviamente, incluso. Nel mentre a Trieste, il 3 novembre, arrivavano i soldati italiani, anche se erano attese le navi dell'Intesa, di cui comunque l'Italia faceva parte e soprattutto erano attesi farina, cibo, e la maggior parte delle persone, sfinite dalla guerra, questo si aspettavano, non soldati. Nel mentre l'Italia occupava militarmente Trieste, Zara, ancor prima della entrata in vigore dell'armistizio, occupando poi Pola ed anche Gorizia, tentando, tramite una sua pattuglia di avvicinarsi anche a Lubiana, senza neanche avere il coraggio di difendere le proprie intenzioni, poiché si disse che Lubiana venne scambiata per Vrhnika, o che si erano lette male le carte (sic!), si posero immediatamente le basi per quella italianizzazione forzata che poi verrà fatta propria dal fascismo che nascerà nella sua veste più brutale proprio qui, nella Venezia Giulia e con l'apporto fondamentale di diversi legionari fiumani...
 
Diverse furono le testimonianze, come quelle del maggiore Romero che evidenziavano la diffusa ostilità verso gli occupanti italiani. Dirà: “Le manifestazioni di simpatia (nei confronti dei soldati italiani) sono state poche e visibilmente finte e forzate. La popolazione ritiene come certa la costituzione di un vero stato jugoslavo che si estenda almeno a Gorizia, Tolmino, Caporetto(...)”. 
Ed è interessante sapere che nei giorni dell'occupazione italiana, di quel 1918, continuava una raccolta firme per l'appartenenza della Venezia Giulia alla "Jugoslavia", raccolta iniziata ancor prima della caduta dell'Impero ed entro la metà del novembre del 1918, 84.985 persone su 96.772 abitanti degli 81 comuni del goriziano firmarono la dichiarazione. Contestualmente a ciò i comuni firmavano diverse note di protesta contro l'occupazione italiana ove si affermava che “il comune protesta contro l'occupazione italiana del territorio che appartiene alla Jugoslava, chiede al Governo di Zagabria di intervenire in proposito presso gli stati dell'Intesa affinché questi appoggino la causa jugoslava ed infine richiede il ritiro delle truppe italiane. Nello stesso tempo la popolazione dichiara di desiderare l'unione con la Jugoslavia e si impegna a fare quanto la Jugoslavia richiederà per il raggiungimento dell'unione nazionale”.
 
Piccole gocce di riflessione, ed importanti fonti storiche, tratte dal libro realizzato da Milica Emilija Kacin Wohinz dal titolo (“Gli sloveni della Venezia Giulia sotto l'occupazione italiana 1918-1921)” che invito a leggere con attenzione. Così come suggerisco il fondamentale testo di Piero Purini, quale "Metamorfosi etniche. I cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria. 1914-1975". Per non dimenticare la reale ed originaria conformazione “etnica” di questo nostro territorio e come, a causa dei processi di italianizzazione forzata, cancellando l'identità pluri-secolare di comunità che vivevano queste terre, hanno compromesso per sempre la piccola ma vitale realtà cosmopolita, che è stata Gorizia, che è stata Trieste, che è stata la “Venezia Giulia”, trasformandole in una estrema periferia italiana con tutte le problematiche che oggi conosciamo. Per esempio, vedrai una Trieste e Koper, distanti pochi minuti di auto, farsi concorrenza con due importanti strutture portuali, quando in realtà dovrebbero collaborare, poiché il vero ostacolo sarebbe Venezia o Genova.
 
Anche se a dirla tutta Trieste, caduto l'Impero, ha perso la sua vocazione portuale a favore di quella impiegatizia e tipica di ogni città italiana. Hai una Gorizia che senza quello che è stato il suo entroterra, ora Nova Gorica, è una città che affanna ogni respiro vitale. Solo un ricongiungimento con ciò che è venuto meno a causa dei nazionalismi ottocenteschi potrà conferire nuova linfa vitale, sociale, e culturale a Trieste e Gorizia ed all'intera Venezia Giulia, in una Europa in declino, non riformabile, disastrata, e fortemente decisionista ed autoritaria. Dovrà nascere qualcosa di nuovo, con gli ideali supremi propri della resistenza, quelli che hanno unito, italiani, sloveni, croati, contro i fascisti e nazisti. Se così non sarà, continuerà il declino per questa piccola perla, che dovrà essere patria di tutti.
 
 
 
 

Commenti all'articolo

  • Di Maria Cipriano (---.---.---.35) 16 agosto 2015 13:43
    Maria Cipriano

    I Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, certo, come no: che manco esisteva all’epoca e non esiste a tutt’oggi. E del resto lo si evince chiaramente da tutta la Storia del Risorgimento riguardante il Friuli Venezia Giulia, una regione che ha sempre brillato per la sua adesione anima e corpo all’Austria, e addirittura, secondo l’autore, alla “Jugoslavia”: al punto che il Friuli fece atto di dedizione alla Serenissima fin dal lontano 1420, e comprendeva allora un territorio molto vasto che arrivava a sconfinare nella Carinzia e nella Carniola: non a caso il Risorgimento di quelle terre brilla per la lunga lista di cognomi chiaramente di origine slava e austriaca (Oberdank compreso), i quali si sentivano chiaramente italiani, a dispetto delle proprie origini biologiche.

    Se i Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, immagino Trieste volesse stare gli austriaci, ed è per questo che Francesco Giuseppe nel 1915 la dichiarò “territorio nemico”, molto prima che gli italiani “invasori” ci arrivassero. Analogamente Zara -dove i soldati italiani furono accolti in ginocchio nel 1918-, bramava stare con gli slavi (o con gli austriaci?), e quel gesto fu male interpretato in quanto la popolazione zaratina, disgustata dal ben noto imperialismo italiano, si era inginocchiata in realtà per pregare gli italiani di andarsene, e mettersi in ginocchio fa sempre il suo bell’effetto. E che dire di Trento, dove fu mandato al confino dagli austriaci anche l’arcivescovo? E della Dalmazia, dove nel 1861 tutti i sindaci dei suoi 84 comuni erano italiani, e, di colpo, pochi anni dopo,si ridussero a uno solo?

    L’autore dell’articolo, nella smania di sfatare il “mito” della Grande Guerra, dimentica di considerare che questa è strettamente connessa al Risorgimento, e quest’ultimo a tutta la Storia precedente, dunque non se ne può parlare separatamente. Mettendo in mostra una raccolta di firme di decine di migliaia di sloveni smaniosi di stare con la “Jugoslavia” dopo la Grande Guerra, dimentica per strada pezzi interi di Storia, e soprattutto dimentica di spiegare ove siano le firme delle decine di migliaia di italiani deportati nei campi di concentramento austriaci da tutte le terre irredente -dunque anche dal Goriziano-, ben prima della presunta raccolta di quelle firme, sulle quali mi permetto di avanzare qualche dubbio, non foss’altro perchè gli “jugoslavi” sono assai propensi all’inventiva, come il Marco Polo trasformato nell’avatar slavo Marko Polo ha recentemente dimostrato, nell’ilarità generale.

    In questa totale smemoratezza, non di rado venata di comicità, l’autore dimentica altresì di raccontare al suo vasto uditorio che gli “jugoslavi” in generale -dei quali solo i serbi in realtà avevano una reale coscienza nazionale-, per decenni nella totale impunità pestarono, aggredirono, minacciarono e perseguitarono costantemente gli italiani delle terre irredente, sfasciando negozi, distruggendo insegne e vetrine, non di rado ferendo e uccidendo con veri e propri progrom, sotto lo sguardo complice degli austriaci che avevano ricevuto ordini precisi di snazionalizzare e sradicare l’elemento italiano fin dal lontano 1866, tant’è che fu proprio allora che si verificò il primo esodo.

    Ma il politicamente corretto europeista-buonista dei nostri tempi -di sinistra e di destra-, impone che si faccia largo alla nuova Storia, onde confutare finalmente le sciocchezze di questi Italiani che vogliono sempre appropriarsi di terre che non sono loro: e Gorizia
     dove i patrioti italiani erano infiltrati anche dentro la Polizia e dove nottetempo durante il Risorgimento fu issato sul Sabotino un enorme Tricolore in una notte di tempesta che costò la vita a uno dei suoi esecutori- è in cima a tutte, come no, ci mancherebbe!

    Maria Cipriano

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