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Quando la burocrazia ostacola lo sviluppo

L'allarme dell'Ance: 39 miliardi disponibili e non ancora spesi. Ritardi, lungaggini, boicottaggi, conflitti tra Ministeri. Ecco come le maglie della burocrazia di Stato rallentano la nostra economia.

C'è una piovra che lentamente ha esteso i suoi tentacoli nei gangli vitali dell'economia italiana, ritardando o bloccando qualsiasi prospettiva di sviluppo per il futuro. Non parliamo questa volta dei mali atavici del nostro paese, la corruzione e la criminalità organizzata, ma di un mostro creato nel tempo dallo Stato stesso: la burocrazia
 
Bastano alcuni esempi concreti per capirci meglio.
Nel gennaio 2012 sono stati confermati 750 milioni di fondi per il "piano contro il dissesto idreologico", ma al prossimo giugno ne saranno utilizzati solo il 16%. Il programma per i depuratori, oggetto di numerose procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea, è al 33-35% della sua dote di 1.819 milioni di euro già stanziati da anni.
 
Anche per le scuole, su 358 milioni lanciati nel 2010 ne sono stati erogati finora 27 (meno dell'8%).
Se ci concentriamo sul fronte delle grandi opere il discorso non cambia: la famosa "legge Obiettivo" introdotta nel 2001 dal governo Berlusconi ha un livello di attuazione misero, appena il 10%. Undici anni di ostacoli di varia natura: bocciature degli enti territoriali, cambiamenti progettuali, proteste delle popolazioni locali, guerre di competenze fra ministeri, valutazioni d'impatto ambientale negative.
 
La burocrazia la fa da padrona e rallenta all'inverosimile la realizzazione di grandi e piccoli programmi infrastrutturali, come denunciato di recente dall'Ance, che parla di piani bloccati per 39 miliardi di euro. 
Il problema, come spesso si tende a credere, non è solo la coperta finanziaria corta. Anche quando i fondi sono disponibili le opere non vanno oltre una media del 20-30% di quanto pianificato. L'80% d'incagli è dovuto ad una combinazione di procedure complesse, progettazione insufficiente, una groviglio di vincoli ed autorizzazioni latitanti. 
 
Il Governo Monti ha provato a mettere mano ad uno degli ostacoli principali sulla via del completamento infrastrutturale: il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), le cui delibere, che dovrebbero garantire la certezza e la pianificazione degli investimenti, arrivano in Gazzetta Ufficiale anche con un ritardo di 300 giorni per le continue opposizioni del Ministero dell'Economia e le tradizionali lungaggini della Corte dei Conti.
 
Il suo ministro per la Coesione Territoriale, Francesco Barca, che è inoltre segretario del Cipe, è riuscito a ridurre la tempistica fino a 30-60 giorni. Una soluzione importante, ma è solo l'inizio di un percorso ancora irto di ostacoli e insidie.
 
Un altro nodo da sciogliere sono i famigerati fondi Ue
Nel 2013 sarà un anno decisivo: sul piatto ci sono 31 miliardi da spendere entro ottobre del 2015.
Non è più tempo di programmazioni ma di passare ai fatti, altrimenti si rischia di perdere i finanziamenti. La prossima coalizione politica non potrà non prescindere da questo fondamentale obiettivo se intende rilanciare il settore delle infrastrutture e dell'edilizia, vero volano per la ripresa dell'economia.
 
Per adesso nei programmi dei partiti non c'è nessun reale riferimento ai modi per combattere la lentezza della burocrazia ed il percorso da intraprendere per accellerare le procedure, nè l'illustrazione di precise priorità su dove reperire le risorse necessarie. Altro aspetto totalmente ignorato è il tema degli incentivi ai privati che vogliano finanziarie piccole e grandi opere.
 
Ma in una campagna elettorale dominata dalla televisione e dalle polemiche frivole non è facile ascoltare proposte serie e concrete per il futuro del paese.

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