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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Qualunquemente. Un lungo sketch di Albanese

Qualunquemente. Un lungo sketch di Albanese

Ritornato in patria dopo anni di latitanza all’estero, Cetto la Qualunque si vede costretto a difendere il suo piccolo paesino da un’ondata di legalità che si estende a macchia d’olio minacciando le sue proprietà abusive. Per contrastare una così grave minaccia Cetto si convince a candidarsi come nuovo sindaco, per impedire al suo avversario, l’onesto cittadino De Sanctis, di prendere il controllo della città e instaurare un clima legalitario. Alla fine riuscirà a vincere la sua battaglia utilizzando, ovviamente, tutte le scorrettezze possibili e immaginabili.
 
Antonio Albanese compie il passo, coraggioso ma azzardato, di portare sul grande schermo il suo personaggio apparso per la prima volta nel programma della RAI “Non c’è problema” e poi consacrato dagli appuntamenti serali di “Mai dire”.
 
Nei panni di Cetto, Albanese veste i panni del politico italiano corrotto e senza scrupoli, attingendo a piene mani dalla figura che personifica ormai da decenni la malapolitica italiana: quella dell’imprenditore pronto a tutto, deciso ora a “scendere” in politica per cambiare le regole del gioco a suo esclusivo vantaggio.
 
Innanzitutto c’è da dire che quello che doveva essere il perno del film, il suo nucleo più vivace, e cioè proprio il personaggio di Cetto, finisce con l’essere il suo grande difetto.
 
Non viene messa certo in dubbio l’interpretazione di Albanese, ottima e sentita come sempre, ma nella trasposizione sul grande schermo il suo personaggio ha sicuramente perso parecchio smalto, risultando ormai l’ombra di quello che era in televisione.
 
La pellicola, alla maniera di “Che bella giornata” o “Cado dalle nubi” di Checco Zalone, punta tutto sulla verve comica e sull’estro dell’attore protagonista, ma i risultati, in termini di umorismo, sono sotto gli occhi di tutti.
 
In “Qualunquemente” si ride di rado, sembra di assistere ad un lungo, troppo lungo, e alla fine forzato sketch di Albanese, circondato, sì, da ottimi attori, ma non da altrettanto validi personaggi. C’è una differenza abissale, ragionando sempre e solo in termini di umorismo (e non “comicità”) fra quella “culturalmente scorretta” di Zalone e quella “politicamente scorretta” (o forse fin troppo corretta, verrebbe maliziosamente da pensare), la prima perfettamente integrata in una sceneggiatura che finisce con l’amplificarla a dismisura, e la seconda, che conferisce al film un terribile monostilismo.
 
C’è però da specificare che, come ha confermato lo stesso Albanese, il vero obiettivo del film è quello di mettere in ridicolo la politica corrotta e produrre, quindi, una riflessione disincantata ma non realista di uno dei mali atavici del nostro paese. A questo punto, la mancanza della “risata” potrebbe essere perdonata in vista di una maggiore profondità, ma quello di Albanese è un soggetto, almeno per chi ha seguito le “gesta” di Cetto prima di vederlo sul grande schermo, già esaurito e privo di qualunque variazione sul tema. La miniera d’oro di Albanese si è ormai esaurita.
 
Per rinforzare la sfilacciata struttura narrativa si è costretti a ricorrere al personaggio di Gerardo "Gerry" Salerno (Sergio Rubini), deus ex machina che istruirà Cetto sull’antica arte di vincere elezioni.
 
“Qualunquemente” è un film che nulla aggiunge al personaggio di Cetto ma, anzi, ne fornisce un’immagine opaca e consumata rispetto alle sfavillanti e geniali prime performance di Albanese. Un film monotono e sopravvalutato, che ha racimolato un incasso esagerato dovuto per una gran parte ad una capillare e quasi martellante campagna pubblicitaria.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.118) 11 febbraio 2011 18:10

    Una bella stroncatura non c’è che dire . Dico subito che non ho visto il film e che probabilmente non lo vedrò dal momento che sono un estimatore di Albanese e per me sarebbe una ripetizione di cose già viste e riviste .Se mi capita però non mi tiro indietro.

    Credo che probabilmente proprio questo ha giocato a sfavore nel tuo giudizio se è vero che vale la regola generale che colpisce tutti i comici quando passano dal singolo pezzo al film in cui è richiesta una continuità che è difficile sostenere.
    Stessa cosa che colpisce , per esempio , Aldo ,Giovanni e Giacomo . 
    Tuttavia a differenza del tuo giudizio , ho parlato con persone che hanno visto il film e mi hanno riferito di una platea piegata in due dalle risate .
    Non sarà che sei tu un po’ troppo severo . 
     
  • Di (---.---.---.30) 12 febbraio 2011 09:35

    La trasposizione di un personaggio da un palco come Zelig al grande schermo impone paradossalmente, ancor prima che all’attore, allo spettatore lo spogliarsi di una visione quella si già consumata, dell’attore-comico. Secondo me c’è una tara di fondo: cercare la comicità dove non c’è mai stata. La definizione di comico oggi assume dimensioni fuori controllo. Una volta si intendeva per comico quell’attore personaggio di se stesso, carico di personale carisma e "naturale"carica comica, nei gesti, nella mimica, nei toni, nell’impostazione generale. Non ne possono nascere molti di attori come questi..
     Ed allora si cerca la comicità scrivendo "testi" comici. Che è tutt’altro. Albanese, a mio giudizio, è a cavallo tra una comicità endemica -ma non matura- e una buona scrittura, che però , è vero. ha com’è naturale esaurito la sua vena. Ma Antonio ha ancora molto da dare. Il film è ben fatto, si ride sufficientemente per stare bene, si riflette anche (che non è poco) su un tema attualissimo.
    Se si cerca la luna si rimane delusi. Ma Albanese non ha mai proposto la luna. Il film ha altri obiettivi. E secondo me pienamente raggiunti.
    Mi spiace ma nella stroncatura che mi precede ci vedo molta forzatura. Ma è un vizio di sempre.

    • Di Tommaso Battimiello (---.---.---.56) 12 febbraio 2011 10:46
      Tommaso Battimiello

      In primo luogo ho esplicitamente scritto che quella di Albanese è un UMORISMO POLITICAMENTE SCORRETTO, separandolo nettamente dalla comicità (rilegga l’articolo). Poi so che quando un opinione è molto diversa dalla nostra si tende a considerarla una forzatura, ma la invito a mostrarmi in cosa consiste questa forzatura se non è altro che il mio pensiero più genuino? Nel film avrò sì e no sorriso a tre scene e non possiamo mettere l’intrattenimento in secondo piano quando è il mezzo stesso attraverso cui Albanese vuole veicolare il suo messaggio. Poi, sicuramente da Albanese non mi aspettavo la luna ma almeno che raggiungesse (se non migliorasse) le sue performance precedenti che mi avevano tanto colpito. Lei dice "Il film ha altri obiettivi. E secondo me pienamente raggiunti." riferendosi, io credo, agli obiettivi di riflessione sull’attualità e sui malcostumi della politica italiana. Bene, basterebbe guardare un solo skatch i Albanese per avere di questi temi un simbolo ancor migliore del film. Accettando implicitamente che la parte principale del film siano i temi di riflessione (come concordo), visto che questi sono resi molto meglio degli skatch, significa accettare l’etichetta di "skatch allungato" che il film si tira dietro. Quando poi dice "Non ne possono nascere molti di attori come questi" ci tenevo a chiederle: ma in Italia o in generale? Perchè se intende nello stivale forse (ma non saprei) potrei essere d’accordo, al contrario no. Poi lei dice " Secondo me c’è una tara di fondo: cercare la comicità dove non c’è mai stata. La definizione di comico oggi assume dimensioni fuori controllo". Sono d’accordissimo con lei ma la invito a rileggere il mio articolo: dov’è che chiamo Albanese comico? ps: in che senso la forzatura è un vizio di sempre? e di chi? io oserei dire che anche lo sguardo acritico è un vizio di sempre. Lei quale preferisce?

    • Di (---.---.---.30) 12 febbraio 2011 13:34

      Mi spiace dell’acredine diffusa nel suo tono. Non era mia intenzione offendere il suo lavoro, ma semplicemente esprimere un disaccordo. E credo ne abbia sacrosanto diritto. IO ho frequentato (ahimè ) non poco il mondo dello spettacolo. Vi era un leit motiv sulla critica come professione, che lei conoscerà senz’altro. E questo non è certo per colpa mia. Ma questo vale anche nella vita. E’ appagante molto più ergersi a giudici severi che abbandonarsi in apprezzamenti sinceri. Ma per quanto le riguarda non mi sembra sia così. Lei ha argomentato in maniera molto esplicita il suo dissenzo, e gliene rendo merito.
      Ma ciò non toglie che io sono liberissimo di essere in pieno disaccordo con Lei.
      Ho letto molto bene il suo articolo, ma non cambio nulla di quello che ho asserito.
      Mi spiace che l’abbia presa nel verso sbagliato. La coda di paglia debbo riconoscergliela. Mi stia bene.

    • Di Tommaso Battimiello (---.---.---.56) 12 febbraio 2011 13:47
      Tommaso Battimiello

      E da cosa ha rilevato un "acredine"? Sono curioso.

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