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Protesta leghista: meglio le luminarie che aiutare i poveri

A Porto Mantovano (Mn) il Comune ha disposto di non installare le luminarie per le prossime festività natalizie, al fine di poter sostenere le proprie famiglie più bisognose colpite dalla crisi. 

Atto condivisibile, visto che i festosi e ‘preziosi’ addobbi sono un utile accessorio per una comunità beata, ma non essenziale se le condizioni contingenti non lo permettono.

Infatti, la finanza pubblica dovrebbe sempre assumersi l’impegno etico di adottare politiche di giustizia distributiva, che pongono doverosamente in secondo piano il finanziamento di voci residuali, d’intrattenimento ed improduttive; chiunque (c’è da sperarlo!) riterrebbe fuor di logica privare di un piatto di pasta il figlio per potergli regalare l'ultima novità tecnologica a Natale.

Sotto il profilo economico, anzi, la scelta è stata frutto di un’efficiente analisi finanziaria essendosi ritenuta risolvibile, qui e subito, con un’esigua rinuncia da parte della collettività e per un periodo davvero ridotto, la presenza di ottanta famiglie in difficoltà: le risorse sottratte all’illuminazione natalizia, infatti, serviranno per indire un nuovo bando per il sostegno alle stesse, colpite dalla crisi occupazionale.
 
Ma non è dello stesso parere la Lega locale, che è insorta affermando "Non siamo un paese islamico. Esigiamo il rispetto dell'identità cattolica e cristiana. E' una grave offesa", minacciando di attivarsi con una raccolta di fondi per finanziare le decorazioni luminose, impedendo con tutti i mezzi che “le nostre tradizioni vengano minate in virtù di uno strano concetto di democrazia”, come affermato dal segretario Bruno Cortesi.
 
Protesta, forse, un po’ esagerata visto che non si tratta di Natale propriamente al buio, rimanendo le inevitabili luci colorate delle abitazioni private ed essendo garantiti tre alberi di Natale in altrettante piazze. Anzi, non solo lo spirito natalizio è salvo, ma, piuttosto, arricchito, dal momento che si spegnerebbe qualche luce (che in assoluto male non fa) a favore di un atto cristiano, che dovrebbe sdilinquire i più ferventi cattolici.
 
L’augurio, quindi, è di un “buon Natale di pace per tutti”, anche se rimane la difficoltà di prendere atto che esiste ancora un eccessivo numero di persone incapaci di manifestare uno spirito solidale quando si tratta di dover modificare le proprie abitudini. Atteggiamenti partigiani, di completa chiusura che rivelano una drammatica arretratezza, nell’epoca dell’iPad.
 
A questo proposito diventa interessante rammentare ciò che scrisse il filosofo francese Henri Bergson (1859 – 1941) premio Nobel per la letteratura, 1927, ne “Le due fonti della morale e della religione” del 1932, asserendo che l'evoluzionismo, dopo aver prodotto l'uomo, non si ferma, ma procede nelle realizzazioni culturali umane e, proprio come nelle evoluzioni dei viventi, anche in questo nuovo ambito si trovano elementi più evoluti e altri più "arenati", dando vita a due tipi di società: la società chiusa e la società aperta.
 
La prima, è dominata dal conformismo ed è, quindi, una società statica, basata su automatismi sociali simili a quelli riscontrabili nella vita della natura, cioè su condotte abitudinarie, passive, meccaniche degli individui, che paragona a quello di api, arnie, formiche e formicai. Una vita regolata, oltre che dalle abitudini, da norme giuridiche costrittive e da imperativi morali altrettanto prescrittivi, che ha come fine la conservazione individuale e sociale e come elemento di coesione la necessità di difendersi da altri.
 
La seconda, al contrario, è caratterizzata dal dinamismo, in cui il sentimento prevalente è l’amore dell’umanità, dove predominano lo slancio e l’iniziativa degli individui e si sviluppa una vita multiforme, ricca, perennemente sollecitata a progredire, aperta allo sviluppo non solo di singoli individui o comunità, ma dell’umanità intera.
 
Così, mentre nella morale della società chiusa gli individui appaiono timorosi del cambiamento, anzi, di ogni movimento (come naviganti “abituati alla terraferma”, che non sanno “avvezzarsi al rollio ed al beccheggio”) perché hanno “bisogno di punti ‘fissi’ ai quali appendere il pensiero e l’esistenza, nella morale propria della società aperta essi guardano con occhio aperto e tranquillo al carattere processuale della realtà”, così, “il cambiamento apparirà loro come ciò che può esservi di più sostanziale e di più durevole”.
 
A ciascuno, l'impresa di decidere dove collocarsi per assicurare un mondo più vivibile alle future generazioni.

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