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Proteggete Roberto Saviano!

Roberto Saviano, con un semplice ma potente libro, ha risvegliato le coscienze di tutti quanti e ha cambiato radicalmente il modo di comprendere la camorra ed anche la mafia più in generale. Ora che i Casalesi lo vogliono morto è necessario che tutta la società civile si stringa intorno a lui. Perchè non diventi un altro Falcone o Borsellino.

Lo scrittore di "Gomorra", Roberto Saviano, sarebbe oggetto di un piano da parte del clan dei Casalesi di uccidere egli e la sua scorta, composta da sette carabinieri, entro questo Natale. La notizia, secondo il pm Del Gaudio, andrebbe ancora verificata, poichè la fonte da cui proviene la rivelazione (Carmine Schiavone) è in galera da circa 15 anni. Ma ciò non esclude che il clan casertano sarebbe benissimo in grado di pianificare un attentato esplosivo, come quello di Capaci. 

I simboli vanno eliminati. Essi minacciano le fondamenta su cui poggia il potere delle organizzazioni criminali, attirano l’attenzione dell’opinione pubblica su questioni che i mass media non avevano mai portato seriamente alla luce. Minacciano anche gli intoccabili boss, che (parole questo di Saviano stesso) vanno in crisi non quando vengono raccontano le loro gesta e se ne delineano i profili quasi mitici, ma quando vengono svelati i meccanismi economici dei clan che presiedono e quando viene smontata l’aura di leggenda che circonda questi ignobili personaggi. 

Un milione e mezzo di copie vendute in Italia, senza contare quelle all’estero. E poi il merito di aver acceso i riflettori su un territorio prima completamente ignorato.


La campagna stragista degli ultimi mesi è il segnale che il clan dei Casalesi, per quanto possa essere ancora potente, non è più lo stesso di uno o due anni fa. Attriti e faide interne lo hanno indebolito. E il merito di Roberto Saviano è sicuramente fondamentale. Eppure...

Eppure Saviano è stato isolato. Così come Falcone, così come Borsellino, così come Don Peppino Diana, il parroco di Casal di Principe. E la delegittimazione più forte parte proprio negli ambienti borghesi, dove risiedono politici e professionisti. 
Don Peppino Diana, ad esempio, venne bollato come camorrista da alcuni giornali locali dopo essere stato assassinato. Il giudice Falcone venne accusato proprio da un giovanissimo Totò Cuffaro in una trasmissione televisiva, di aver diffuso un’immagine negativa della Sicilia. Paolo Borsellino venne invece lasciato completamente solo. Roberto Saviano tuttora viene accusato da certi giornalisti, forse invidiosi del suo successo, di aver scritto il libro solo per questioni economiche. Dicono che dopo Gomorra non ha scritto più niente, che non è un vero giornalista, che insomma "è rimasto in panciolle". Chissà coloro che lanciano certe calunnie come vivrebbero sotto scorta 24 ore su 24, senza più rapporti d’amicizia e d’affetto, isolati dal resto del mondo.
"Il sazio non crede all’affamato" si dice a Napoli. Mai proverbio fu più azzeccato.

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