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Proposta shock dalla Nestlè: una borsa valori dell’acqua

Leggo su Brescia Point una notizia a dir poco sconcertante: la creazione di una borsa (valori) per l’acqua. L’idea viene dalla Nestlè che, di fronte ai problemi creatisi in Canada, nella regione Alberta, dove l’acqua è contesa tra gli agricoltori per l’irrigazione e dalle compagnie petrolifere per l’estrazione, propone la creazione di una borsa dell’acqua così come avviene per le altre materie prime. L’ideatore è il presidente della Nestlè Peter Brabeck

In sostanza, secondo la proposta, si tratta di trattare l’acqua più come il petrolio. Per Peter Brabeck, come succede con il petrolio, quando la domanda sale il mercato reagisce (aumentando i prezzi) e le persone incominciano ad usarlo in maniera più efficiente – da dove venga questa convinzione, lo sa solo il Sig. Peter. Dunque, l’acqua sul mercato libero. Teoria che in Italia è appena stata rifiutata dalle persone attraverso il referendum del 12-13 Giugno. Il motivo lo sappiamo tutti; considerare l’acqua come merce equivale ad agganciarla alle leggi di mercato della domanda e dell’offerta, pertanto, dato che la domanda è altissima e costante, verso l’alto, e l’offerta, con l’aumentare della domanda e con la diminuzione della merce, tende a diminuire, si avrà, come reazione del mercato, una gestione economica verso l’aumento dei prezzi per contenerne i consumi. Questo significa tagliar fuori dall’utilizzo sia tutte le aree del mondo povere ma anche quanti nel mondo industrializzato non riescono ad avere i mezzi necessari all’acquisto.

Fin qui, nulla di nuovo, credo. La proposta è shock perché viene avanzata da un’azienda che opera nel settore alimentare, settore che, per sua natura, dovrebbe sviluppare, almeno nella sua parte etica, una costante attenzione nei confronti delle popolazioni. Ovvero, una predisposizione al mantenimento universale delle risorse naturali utili alla sopravvivenza – va detto, comunque, che il settore alimentare è da sempre legato al mercato essendo completamente in mano ai privati. 

Pertanto, il problema che si pone è l’equiparazione dell’acqua a una qualsiasi merce alimentare. Ma questo è possibile? È veramente, l’acqua uguale agli alimenti? La risposta non può che essere NO! L’acqua non è uguale per il semplice motivo che è unica e non riproducibile. L’acqua non può, al pari degli altri alimenti, essere coltivata o allevata o riprodotta in altro modo; l’acqua viene semplicemente raccolta dopo che si è formata attraverso un processo completamente naturale.

Ma la Nestlè, in nome di un giusto bisogno di mantenimento delle scorte, crea un falso problema di approvvigionamento.

L’acqua c’è, e va mantenuta! Su questo non ci sono dubbi. L’acqua è essenziale alla vita, e non ci sono dubbi. L’acqua serve a tutti, innanzi tutto per una questione fisiologica (senza acqua si muore); e qui non tutti sono d’accordo! Non è d’accordo chi propone la sua privatizzazione come una qualsiasi merce. Non è d’accordo chi pretende di utilizzare l’acqua per altri scopi che non siano quelli naturali: bere, coltivazione e allevamento.

E il Sig. Peter lo dice chiaro e senza fronzoli, a differenza dei nostrani fautori della privatizzazione, l’acqua è una merce, tutti ne hanno diritto, ma, potrà usufruirne solo chi avrà la capacità socio/economico/politica.

E la Nestlè, che di acqua ne fa un utilizzo enorme per la lavorazione dei suoi prodotti, non può che avvantaggiarsi della sua privatizzazione, nonché della sua monetizzazione in borsa. E, come lei, tutte le multinazionali del mondo.

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