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Prometheus di Ridley Scott

In greco significava ‘preveggente’, Prometeo era un Titano identificato nelle mitologia greca con il libero pensiero, la ribellione – come tutti i titani fu cacciato dal cielo per volontà di Giove. Prometeo diede vita alla razza umana impastandolo col fango della terra, in quanto si era persuaso che tra tutte le creature viventi ne mancava una in grado di scoprire e avvalersi delle forze della Natura, stabilendo tra le creature l’ordine e l’armonia e toccando l’essenza delle Cose.
 
Il film di Ridley Scott - uscito in Italia il 14 settembre - parte da qui.
E probabilmente è anche tutto qui: nell’idea che gli uomini siano stati creati da un’altra razza e che sia possibile nel 2089 rintracciare questi ‘creatori’ definiti amichevolmente ‘Ingegneri’.
I figli che cercano i genitori.
Ovviamente ogni personaggio ha le proprie personali e intime ragioni per farlo – perfino quelli che non si palesano subito, ma che appaiono a un certo punto ed entrano nella narrazione.
 
'Prometheus' non poteva tradire la saga iniziata nel 1979, non poteva ignorare le dinamiche che hanno fatto di ‘Alien’ praticamente un marchio di fabbrica. Scott ha dovuto risolvere molti dilemmi sul piano della struttura narrativa quanto degli svolgimenti. E lo ha fatto centrando alla massima velocità i cliché più diffusi, poggiandosi con forza sulle strutture più abusate, entrate ormai nell’immaginario dello spettatore non solo per opera della saga di cui questo film è prequel.
 

 

Avrebbe potuto fare diversamente? Le possibili risposte sono tante.
Sta di fatto che in ‘Prometheus’ i colpi di scena, i capovolgimenti, le scoperte, le dinamiche horror quanto quelle fantascientifiche e perfino le domande universali come ‘Da dove veniamo? ‘ o ‘Perché siamo qui?’: tutto insomma assume contorni sfocati, bidimensionali a dispetto della proiezione 3D – peraltro efficace e rafforzata dagli effetti speciali che ne esaltano le potenzialità.
 
Alcuni esempi che evocano insipidi ‘déjà-vu’:
- il sacrificio di pochi per salvare l’intero genere umano: davvero ne abbiamo ancora bisogno? Davvero ci emozioniamo a vedere un paio di uomini che si guardano negli occhi, in pochi secondi decidono e alzano le braccia in alto mentre si stanno schiantando consapevoli di aver impedito l’irreparabile?;
- la genetica umana che si mescola a quella aliena: probabilmente impossibile da evitare, essendo un ‘prequel’, allo stesso tempo viene narrata con scene d’una banalità disarmante (c’è davvero qualcuno che ancora non ha mai visto da uno schermo - cinematografico o tv - un animale simil serpente che entra dalla bocca di un uomo per uscire dalla pancia? O dagli occhi?);
- l’eterno dilemma ‘non voglio morire, voglio bloccare l’invecchiamento’: non aggiunge granché agli sviluppi, non è sorprendente, non scatena particolari emozioni e anticipa l’inevitabile – oltre tutto il ruolo di Peter Weyland, presidente della multinazionale che finanzia la spedizione, è affidato a un Guy Pearce costretto a trasformarsi in un vecchio rugoso in stile Shar Pei, irriconoscibile rispetto ai recenti ruoli in cui ha tirato fuori doti interpretative interessanti (secondo me entro un percorso iniziato con Memento, 2000, e periodicamente boicottato per produzioni che mirano smaccatamente ai grandi numeri al botteghino);
- le sperimentazioni ‘creative’ per vedere cosa succede scekerando dna alieno con materiale organico umano: possiamo davvero considerarli espedienti sorprendenti? O che possono colpire, stupire, scatenare ‘alcunché’?
 
Ci sono poi alcuni aspetti a me dubbi, come il personaggio interprato dalla sempre stupenda Charlize Theron – sia prima ma anche dopo l’ipotetico colpo di scena rispetto al suo ‘ruolo’ nella vicenda – cosa aggiunge? A che serve davvero se non a creare una sorta di ‘diversivo’, di disturbo alla trama principale e le conseguenti diramazioni? (Col rischio poi che se la cavi meglio di altri – ma non anticiperò oltre la trama).
 
Peccato anche che il co-colpevole di questa spedizione nello spazio – il dottor Charlie Holloway interpretato da Logan Marshall-Green (in Italia forse noto soprattutto alle teenager per aver dato volto e corpo al fratello cattivo di Ryan nella nota serie tv ‘The O.C.’ pur avendo partecipato ad altre serie tv come Law and Order) – finisca ‘fuori gioco’ fin troppo presto e in modo fin troppo prevedibile e senza appello: il ‘lui’ della situazione, il padre della scoperta a confermare la teoria che la razza umana è stata creata da un’altra forma di vita rintracciabile con coordinate stellari che popoli precendenti (come i Sumeri, i Babilonesi, gli Egiziani) avevano segnalato tra iscrizioni, murales, e pitture… lui, il compagno della tenace (e quasi più resistente del robot David, più ‘resistente’ di tutti com’è stato per Ellen Ripley-Sigourney Weaver) dottoressa Shaw, la madre della scoperta… lui, insomma, è condannato ad abbandonare la trama prima che scoppi il vero caos, prima delle esplosioni galattiche, gli inseguimenti col fiatone, i rimescolamenti alieni…
 
S’avverta l’impronta di Damon Lindelof, tra gli autori della fortunatissima serie ‘Lost’, s’avvertono le sue abilità a porre catene di domande destinate ad aggrovigliarsi sperando in una potenziale risoluzione futura (intendendo anche in altri film a seguire questo), i misteri incomprensibili, contorti e sospesi che però in questa plot, in questo genere, e con il pesante peso della saga ‘Alien’ tendono ad assumere contorni più prevedibili, le complessità paiono più semplici in definitiva.
 
In definitiva, la domanda che mi sono fatta uscendo – cosa aggiunge questo prequel? – non ha trovato risposta. O forse sì: uno spettacolo di due ore abbondanti che in 3D scorrono abbastanza bene; una rinfrescata delle dinamiche narrative adorate da Scott, che fanno l’occhiolino agli ‘Alien’ e a molte altre produzioni di genere degli ultimi venticinque-trent’anni di cinema americano; una serie di capovolgimenti a catena che forse confondono, forse danno l’impressione di rimescolare un po’ quelle carte che hanno iniziato a svelarsi dal’79.
 
Probabilmente è un film da consigliare alle nuove generazioni – specialmente se non hanno mai visto un ‘Alien’ (o non lo ricordano). Ma anche a chi non ha dimestichezza con la fantascienza e le produzioni cinematografiche entro questo genere tra suspense, horror e navicelle spaziali post Star Trek (ammettiamolo: dopo il Capitano Kirk, ogni capitano di una nave spaziale con una plancia grigia stracolma di luci, tasti e pulsanti e pannelli di controllo laterali coi vari addetti… è, come dire… la trasposizione dell’autista dell’ultimo bus su cui siamo saliti? L’ologramma del conducente del treno che non abbiamo mai incontrato di persona?)
 
***
Prometheus’, Usa 2012, sceneggiatura di J.Spaihts e Damon Lindelof, regia di Ridley Scott anche produttore assieme a Tony Scott, Walter Hill e David Giler, in Italia distribuito dalla 20th Century Fox.
 
Il sito ufficiale del film, curato dalla 20th Century Fox.
 
La scheda del film su MyMovies.
 
Sopra, il secondo trailer del film, in italiano, diffuso a marzo 2012.

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