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Produzione di auto, la Francia non ride

Sorpresa: Stellantis produce più in Italia che in Francia. Ma la tendenza a delocalizzare le produzioni rischia di causare una forte cura dimagrante ai siti transalpini, con o senza governo azionista.

Mentre in Italia proseguono le lamentazioni contro Stellantis e il suo azionista italiano Exor, al di là delle Alpi c’è chi ha pensato di verificare i numeri e la situazione, per capire quanto c’è di vero nella posizione italiana. Sta prendendo piede, a fini di dibattito politico, una metrica industriale: la differenza tra produzione nazionale e immatricolazioni. Sappiamo che, per l’Italia, questo distacco è considerevole, data la presenza di un solo produttore nel paese.

IL GAP TRA IMMATRICOLAZIONI E PRODUZIONE

Ma anche in Francia la situazione non appare esaltante, almeno letta con le lenti del sovranismo industriale. Nel 2023 le immatricolazioni di auto nuove sono cresciute del 15 per cento, a fronte di una crescita della produzione domestica dell’8 per cento, per un totale di circa 1,5 milioni di unità, secondo dati di S&P Global citati da Les Échos. Per confronto, la produzione europea è aumentata del 13 per cento sul 2022.

Per il secondo anno consecutivo, il più grande sito francese di produzione di auto è quello dei giapponesi di Toyota a Onnaing, vicino Valenciennes, con 273 mila vetture realizzate, quasi esclusivamente il Suv urbano Yaris Cross, e un incremento del 7 per cento sul 2022.

Dove il gap tra immatricolazioni e produzione è risultato vistoso, nel 2023, è in casa di Renault: più 18,3 per cento le immatricolazioni, pressoché tutte sul marchio principale, ma una crescita di produzione domestica di solo il 3,6%. La spiegazione è immediata: i modelli più venduti, come la bestseller nazionale Clio ma anche le Dacia Sandero e Duster, sono prodotti fuori dalla Francia: in Turchia, Marocco e Romania. Langue, per contro, il polo Renault dell’elettrico, a Douai, con solo 51 mila esemplari della Megane E-Tech, ben inferiori alle attese.

Diversa la situazione per Stellantis, la cui produzione francese è aumentata nel 2023 del 9 per cento, a 737 mila veicoli, a fronte di un aumento di immatricolazioni di solo il 2,2 per cento. Ma è fuori dalla Francia che Stellantis registra forti crescite produttive: in Germania (+64 per cento e 160 mila veicoli), grazie al successo dei nuovi modelli Opel; in Polonia (+57 per cento e 304 mila unità), grazie alla Fiat 500 e Avenger; e più 35 per cento in Marocco, con la Peugeot 208.

STELLANTIS, PIÙ ITALIA CHE FRANCIA

Ma per la Francia, la tendenza di lungo termine è comunque alla decrescita di produzione: dal 2019 al 2023, mancano 800 mila veicoli. Oggi sono a 2,2 milioni di unità, nel lontano anno di picco storico, il 2004, erano a 3,7 milioni.

Dopo tutti questi numeri, il senso è che la divaricazione tra immatricolazioni e produzione resta il punto centrale in paesi come Francia e Italia, e che i veicoli a minore prezzo e marginalità migrano verso i paesi emergenti. Ma c’è dell’altro, e lo riporta sempre Les Échos, che ha verificato il fondamento delle lamentazioni italiane, scoprendo che dal 2019 il numero di veicoli usciti dalle linee transalpine di Stellantis è crollato del 40 per cento, da 1,2 milioni a 737 mila, mentre gli impianti italiani del gruppo hanno limitato la caduta all’8 per cento, a 748 mila, cioè poco più della produzione complessiva francese del marchio guidato da Carlos Tavares.

Nel totale sono inclusi i veicoli commerciali. Il vantaggio italiano è determinato dall’impianto di Atessa, in Abruzzo, da dove esce il Ducato Fiat. Questo potrebbe essere sufficiente a legittimare i politici francesi, dall’Eliseo in giù, a chiedere d’imperio a Tavares di “fare qualcosa” e riportare le produzioni in Francia. Se non fosse che Stellantis pare punti sull’ex stabilimento Opel in Polonia per le stesse produzioni.

Inoltre, sempre secondo S&P Global, Stellantis in Europa punta con forza ai siti polacco, slovacco e serbo, che entro il 2025 potrebbero aumentare la produzione del 38% e toccare le 788 mila unità prodotte. Quindi è un problema, per l’Italia ma anche per la Francia. Certo, il nostro paese ha lo svantaggio del “monocostruttore”, ma la Francia non può dirsi al riparo da future erosioni di produzione da delocalizzazione.

Per quanto riguarda Melfi, oggi impegnata sulla Fiat 500X e sulle Jeep Compass e Renegade, pare che l’evoluzione vada verso il monoflusso, cioè una sola linea di produzione, e gli impegni del costruttore per gli anni a venire vanno verso l’alto di gamma elettrico, quindi limitati volumi di produzione.

Come si può inferire, la situazione è complessa, e per il momento la presenza di un governo nell’azionariato non consente di identificare dei “favoritismi” di insediamento. Il commento di Les Échos termina con una considerazione, riferita alla posizione di Giorgia Meloni, secondo la quale se un “gioiello” italiano non è costruito su suolo nazionale, andrebbe evitato di definirlo tale. Un peccato che per le auto non valga la denominazione di origine controllata. L’unica cosa che servirebbe controllare è il senso del ridicolo.

Photo by I, JlantzyCC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Questo articolo è stato pubblicato qui

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