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Pre-elezioni. In attesa di marzo 2018: è il momento dei “vippini”

Insieme ai piddini, ai grillini, ai forzisti, ai leghisti, ai sovranisti, pure ai fascisti sempre meno avversati nonostante i dettati della settantennale Costituzione italiana, appare una nuova classificazione in parte inattesa, del tutto trasversale, che sembra andare alla grande: i “vippini”.

Ma chi sono costoro? I “vippini” sono quelli che capiscono di politica a volte molto, a volte poco, a volte niente, a volte meno che niente, ma hanno in comune la notorietà. Come a dire, se hai una faccia “nota” sei candidabile, competenze o meno, capacità o meno, affidabilità o meno. Se la TV, o altro media, “certifica” la tua notorietà e, di conseguenza, la tua “appetibilità” elettorale, puoi aspirare a un seggio in parlamento. Eccoci costretti a dover assistere, allora, a volte increduli, spesso disgustati, al “mercato delle vacche” preelettorale. È ben accolto da partiti e movimenti chi si ritiene possa produrre più latte.

Allo stato, il caso più eclatante appare quello del capitano di fregata Gregorio De Falco, quello del “Torni a bordo, cazzo!” rivolto al comandante Schettino all’atto del naufragio della Costa Concordia, in predicato di candidatura tra le fila del M5S. Ora, per voler essere deliberatamente malevoli, ci si può attendere lo stesso capitano De Falco che, il prossimo 4 marzo a scrutinio in corso, solleva la cornetta del telefono, compone il numero di Beppe Grillo e urla “Torni a bordo, cazzo!”, riferito al danno procurato da Di Maio. Circa la categoria dei giornalisti, ben rappresentata da Gianluigi Paragone e dall'ex direttore di SkyTg24 Emilio Carelli, c’è poco di cui disquisire; continueranno a svolgere il loro consueto ruolo, ma stavolta, se gli va bene, con l’indennità parlamentare, con buona pace di chi ancora si ostina a considerare i grillini diversi dagli altri.

Sul fronte delle destre, Berlusconi, da par suo, si invoca ai cantanti di fama, quali Toto Cutugno e Al Bano. Quest’ultimo, però, nel rischio di ritrovarsi accomunato a Mariano Apicella, menestrello ufficiale dell’ex Cavaliere, pare abbia già declinato l’invito dichiarando testualmente: “Non è il mio campo. Farei danni”. Verrebbe quasi da appellarsi al signor Carrisi facendogli presente che i suoi “danni” non sarebbero comunque maggiori di quelli che l’intero centro-destra, con o senza di lui, si prepara a dispensare a noi tutti, forse con qualche acuto in meno a spaccare fastidiosamente i timpani, non per questo senza traumi.

In casa PD, stenta a esaurirsi il filone “giglio magico”. Ecco allora profilarsi la pluri candidatura di Elena Boschi che verrà proposta in ogni dove, a volte agli elettori del suo partito non venga la prurigine e in qualche parte del Paese decidano di non votarla. A voler smentire le malelingue circa il citato “giglio magico” emerge la probabile candidatura di tale Piero De Luca che poi si scopre essere il figlio di Vincenzo De Luca, attuale presidente della regione Campania. Vuol dire che d’ora innanzi parleremo di pizza margherita al gusto di giglio magico.

Qualcuno eccepirà che fu proprio l’allora PCI a inaugurare e confermare negli anni la poi divenuta tradizione degli “indipendenti di sinistra”, persone di cultura eccelsa non tesserate al partito, ma dalla indiscutibile convinzione negli ideali della democrazia e del progresso civile e sociale. Costoro costituirono lustro per il Parlamento lungo tante legislature. Oggi, più che lustro, rischiamo di avere tanti candidati lustrascarpe, con pieno rispetto di coloro i quali questo mestiere esercitano, magari da laureati e non da parlamentari, per potersi guadagnare un tozzo di pane con un contratto precario. Ma anche loro, in base al Jobs Act e alle rilevazioni dell’ISTAT, gioiranno di contribuire alle “favorevoli” statistiche sull’occupazione sciorinate da Renzi e dai suoi adepti. O no?

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.236) 14 gennaio 2018 18:10

    TOPPARCHIA (2 >

    Il Presidente Cei Cardinale G BASSETTI ha testé affermato che serve “il coraggio di proposte autentiche”. Mette altresì in guardia dal sentir “sempre parlare di misure specifiche o di bonus”. Cose buone, ma che gli sembrano “solo delle toppe”.

    Aggiunge poi di avere paura di chi “soffia sul fuoco della rabbia sociale, soprattutto dei ceti poveri e popolari”.


    Ciò detto.

    Nel MIO post (Topparchia) qui pubblicato un mese fa (19/12/17) scrivevo che “… A mo’ di ‘toppa’ ecco il ventaglio di Bonus e mancette offerte in “preludio” a soluzioni ben più corpose ed incisive. Seguono di concerto gli appelli a fiducia e ottimismo. … E’ quella strategia (di governo) di perdurante ‘rinvio’.

    E osservavo che “con questa politica della ‘toppa’ hanno attinenza le risorgenti vampate di violenza e certi rigurgiti autoritari”.


    Postilla.

    Preso atto di tanta autorevole conferma torno a ribadire il concetto di fondo.

    Più cresce nell’uomo la paura e l’incertezza e più forte diventa in lui il bisogno e l’aspettativa impellente di un qualche cambiamento, anche prodigioso.

    Cosa fare?

    Si cominci con l’esautorare certi clan “esclusivisti” di Primi Super Cives attenti a prerogative, interessi …

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