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Possibilità di cicloni su Roma, provenienti da correnti calde

Il berlusconismo è finito, dicono molti oppositori, ma pare più una speranza che un dato oggettivo. Finché c’è Berlusconi ci sarà anche il berlusconismo. Questa ovvietà sarà superata solo se il cavaliere, dopo le elezioni, non avrà più la maggioranza, ipotesi che al momento è solo una speranza.

Non pare che il Partito Democratico - il più grande antagonista - abbia la forza, la leadership carismatica, il potere di attrarre la maggioranza degli elettori, né da solo né con improbabili accordi di coalizione con le altre forze di opposizione. Tutto però può succedere in politica, anche che Bersani, Casini, Rutelli, Fini e quanti altri stilino un programma minimo di cose da fare per presentarsi uniti alle urne. Dubito, ma ammettiamo che succeda, in nome di un rinnovamento totale, quasi una rivoluzione, del quadro politico. Ed ammettiamo che ottengano la maggioranza.
Solo in questo caso si potrebbe arrivare alla fine del berlusconismo.

Come con Tangentopoli (coincidenze storiche) anche ora il maggior partito italiano si dissolverà in tanti rigagnoli quante sono le sue correnti interne, pardon i suoi reparti interni, visto che parliamo di un partito-azienda dove non sono ammesse (come dice Ilvo Diamanti) discussioni sul verbo del leader-padrone. Si parla addirittura di una ventina di correnti.

Vediamo, con l’aiuto di Wikipedia, com’è diviso il PdL.

Un censimento interno al PdL individua sei aree, organizzate a loro volta in varie tendenze, per un totale di circa venti "correnti". Tale ricostruzione sarà confermata tre mesi dopo da Milano finanza. Posizioni poi acuite dopo l’ultima riunione della direzione nazionale del PdL.

  • Area ex-Forza Italia: annovera al suo interno tanti ex-craxiani raccolti nella Fondazione Bettino Craxi di Stefania Craxi e Maurizio Sacconi; vicini alla fondazione anche il Nuovo PSI di Stefano Caldoro e l’associazione Noi Riformisti Azzurri di Alessandro Colucci (figlio di Ciccio Colucci); vi è poi la FreeFoundation creata da Renato Brunetta e Franco Frattini; Riformismo e Libertà e il periodico L’Ircocervo di Fabrizio Cicchitto, che si rivolge all’area del riformismo laico, liberalsocialista e cattolico riformista; la Fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello improntata a una fusione tra liberalismo e pensiero teo-con; su posizioni molto autonome vi è poi il leader del PdL molisano Michele Iorio.
  • Berlusconiani ex-Alleanza Nazionale: al suo interno annovera le associazioni filo-berlusconiane Italia Protagonista di Gasparri e "La nostra destra" di Ignazio La Russa, L’Osservatorio Parlamentare - Fondazione della Libertà di Matteoli e il gruppo "Destra-PdL" di Domenico Nania.

In posizione autonoma i dirigenti raccolti intorno alla Fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno.

  • Area ex-Democristiani: è animata dall’ex-DCA di Rotondi, dai Popolari Liberali di Carlo Giovanardi e dalla Federazione dei Cristiano Popolari di Mario Baccini. Vi è poi la sotto-area vicina a Comunione e Liberazione, forse «la vera corrente organizzata del PdL», rappresentata soprattutto dall’associazione Rete Italia di Roberto Formigoni, Maurizio Lupi e Mario Mauro. Altri importanti ex-democristiani sono Giuseppe Pisanu, Raffaele Fitto e Claudio Scajola.
  • Berlusconiani fedelissimi: raccoglie movimenti come i Circoli del Buongoverno di Marcello Dell’Utri, i Circoli della Libertà di Michela Vittoria Brambilla (dal febbraio 2010 divenuti "Promotori della Libertà") e dei Club della Libertà di Mario Valducci. Tra i suoi fedelissimi anche ex dipendenti Publitalia ’80 come lo stesso Dell’Utri, Giancarlo Galan, Enzo Ghigo e Gianfranco Miccichè.
  • Liberali: componente che raccoglie ex politici del Partito Liberale Italiano, della galassia radicale e repubblicana, nonché altri esponenti le cui posizioni sono di stampo liberale. Si caratterizza per una forte difesa del libero mercato e delle libertà individuali in genere. Tra i maggiori esponenti Benedetto Della Vedova (presidente dell’associazione Libertiamo, che si è già unito a Fini, NdA), Daniele Capezzone, l’ex ministro della difesa Antonio Martino, Raffaele Costa e Stefania Prestigiacomo.

Che fine faranno tutti? Molti andranno ad aggiornare l’elenco dei Topini in fuga, altri torneranno alle loro mansioni precedenti di dipendenti tout-court di Fininvest e Mediaset, altri - si spera - scompariranno dalla scena politica così come sono comparsi, senza lasciar traccia del loro inutile passaggio.

Quello che succederà dopo il passaggio del ciclone è semplice: rimboccarsi le maniche, tutti, per ricostruire dalle macerie la democrazia.

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