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Più bambini on line, più predatori. Nessuno parla più di TikTok?

Il governo italiano ha costretto tutti noi ad una quotidianità borderline in cui siamo stati forzati oltre che a cercare di comprendere quale possa essere la zona in cui gestire il nostro lavoro, la nostra famiglia e il tempo libero, ironicamente libero, anche a perdere di vista ciò che non andrebbe mai sottovalutato, l’infanzia, in merito a quei pericoli che si annidano nelle trame della rete.

di Antonietta Chiodo

Sarà capitato a tutti in questo periodo ritrovarsi a discutere con amici e familiari di internet e ragazzi, soffermandoci sulla complessità della DAD ma al contrario di altri paesi come ad esempio gli Stati Uniti, sembra che l’Italia non si sia realmente preoccupata di mandare messaggi informativi non solo ai ragazzi ma anche alle loro famiglie sulle cause dell’uso costante di internet. Molti ragazzi si trovano interfacciati per diverse ore con numerosi social network che al loro interno ospitano innumerevoli predatori. Nell’aprile 2020 le tensioni tra Stati Uniti e Cina diventano sempre più ardue e sicuramente la famosa applicazione Tik Tok (dopo dieci anni conta il 26% di giovani trai 14 e 26 anni) fa tremare le forze dell’ordine impegnate nel campo della pedofilia e della sicurezza nazionale, l’agente speciale Alex Bustillo dell’FBI attraverso una conferenza stampa dichiarò ufficialmente:

“Non sto dicendo che tutti i social media siano cattivi. È uno strumento. Francamente è un modo per comunicare con la famiglia e amici per rimanere così in contatto. Ma se non lo si usa correttamente qualsiasi strumento può rivelarsi pericoloso. Due app popolari che i bambini stanno usando ora sono TikTok e House Party. Con TikTok, le persone si sincronizzano con le labbra, cantano e ballano sui video per un breve periodo di tempo, quindi il video viene caricato sull’app affinché chiunque possa vederlo. Con House Party, le persone entrano in una stanza virtuale con un massimo di altre sette persone; il problema è che a volte non sai chi sarà nella stanza con te. Controlla il profilo online dei tuoi figli e guarda cosa pubblicano online. Spiega di nuovo ai tuoi figli che le immagini che vengono inviate come video, foto, file di testo su Internet una volta che sono state inviate sono permanentemente fuori dalle tue mani. Sono su Internet per sempre.”

Sembra che tutti abbiano dimenticato velocemente la morte della piccola Antonella, una bambina di soli dieci anni caduta nelle grinfie di una Black Challenge avviata su Tik Tok, riprendendo la sua morte con il telefono mobile mentre si impegnava a vincere un gioco soffocandosi con una cintura nella stanza da bagno. Grazie all’intervento tempestivo della polizia postale però il video non è entrato in internet evitando così che diventasse virale. Ma cosa ci ha portato a comprendere questo tragico evento? Abbiamo compreso che la morte di un bambino è una notizia flash come molte altre e che anche il pubblico più sensibile alla lunga è oramai temprato, e con rammarico possiamo dire che tutto si affievolisce nella nostra memoria e che le agenzie di stampa in fondo rincorrono altro, non certo il bisogno di informare ma spesso di trasformare un drammatico evento in una semplice caccia ai like, dando spazio purtroppo a notizie spazzatura che richiamano l’attenzione di un pubblico oramai distratto. La piccola Antonella aveva nonostante la sua tenera età una gran dimestichezza con i social, faceva parte infatti di una famiglia numerosa e come spesso accade anche ai più piccoli il rischio è quello di restare senza sorveglianza davanti ad internet, gravissimo errore che ha portato infatti la bambina a intrattenersi su tre suoi profili Facebook e dieci Instagram, sino all’ultimo suo profilo su TIK TOK. Ma possiamo davvero dare la colpa ai social o addirittura a chi li ha creati o dovremmo ammettere che forse nella genitorialità moderna qualcosa è scappato di mano?

Cerchiamo anche di fare mente locale sul perché dopo che i giornali comunicarono l’accaduto venne dichiarato dal garante che Tik Tok sarebbe stato bloccato, falso perché questo non accadde, poche ore dopo però al contrario di ciò che avveniva nei giorni precedenti venne richiesta al momento dell’iscrizione la propria data di nascita senza alcuna pretesa di documenti o conferme di altro tipo. Basta solo questo per proteggere i nostri bambini? No, ovviamente!

Mi chiedo inoltre: Perché in questo periodo di pandemia e scaglionati Lockdown non vengano effettuate ore di insegnamento civico in cui i bambini vengano messi al corrente dei pericoli di internet? Mi chiedo inoltre perché lo stato non dia lo stesso peso alle pubblicità per stimolare la popolazione a vaccinarsi o gli stessi spazi sia televisivi e virtuali che sono state dedicate nei giorni scorsi al festival di San remo a questo enorme rischio che corrono i più giovani?

Probabilmente vi è una macchina mediatica a cui In fondo se navigano su internet in un modo o nell’altro anche loro fanno girare questa economia su cui tutto impazza e in un modo o nell’altro tutto muore.

Foto di Markus Winkler da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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