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Perché i trafficanti d’immigrati preferiscono sbarcare a Lampedusa?

In queste ore stiamo assistendo a una nuova ondata di arrivi di gente disperata che alimenta fenomeni laceranti di sradicamento, di travaso di masse umane da un continente a un altro di cui la Sicilia, attraverso Lampedusa, rappresenta il collo dell'imbuto.

Penso che questa immagine renda meglio l'idea del ruolo attuale della Sicilia come principale, quasi unica, via di sbocco dei migranti clandestini i quali, partendo dal “grande raccoglitore” nordafricano (Libia, Tunisia, ecc), affrontano la pericolosa traversata verso il “contenitore Europa” la quale per l’accoglienza sembra confidare, quasi esclusivamente, sulla bontà d’animo dei lampedusani e degli italiani.

Dai porti nordafricani partono, infatti, immigrati provenienti da ogni parte del mondo: dai Paesi africani della costa nord-orientale (Tunisia, Somalia, Eritrea, Abissinia, Egitto) e di quella atlantica (Nigeria, Camerun, Ghana, Senegal, Marocco) a quelli del Medio Oriente (oggi tantissimi si dichiarano “siriani”), a quelli asiatici (Sri Lanka, Cina, India, Afghanistan, Pakistan, Filippine, Indonesia, ecc.).

La situazione è grave, ma potrebbe divenire insostenibile se, al più presto, non si dovessero chiudere, politicamente, i conflitti più acuti (Afghanistan, Siria, Libia, Egitto, ecc).

Milioni di profughi potrebbero abbandonare quei Paesi per venire in Europa (solo in casi rari nei ricchissimi Paesi arabi fratelli produttori di petrolio) non attraverso la via più breve e più sicura (ossia attraverso la Turchia e i Balcani) ma, come gli altri, seguendo la via contorta, e più pericolosa, verso il Nord Africa e da qui tentare lo sbarco in Sicilia.

Questo è il dato nuovo e preoccupante, ormai consolidatosi. Fino a qualche anno, addietro i flussi andavano per rotte diverse, oggi convergono quasi tutti su Lampedusa. Perciò sarebbe il caso che le autorità preposte cominciassero a indagarne le misteriose ragioni per offrire risposte rassicuranti alle tante domande della gente.

La prima: perché gli immigrati provenienti dai Paesi atlantici africani non intraprendono la via costiera, meno pericolosa, attraverso la quale potrebbero raggiungere agevolmente la Spagna sbarcando sulle isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra (14 chilometri di mare nel punto più stretto)?

Invece preferiscono sobbarcarsi diverse migliaia di chilometri di arido deserto per giungere in Libia e qui consegnarsi ai trafficanti di carne umana, ai quali pagano passaggi salatissimi, e sperare di arrivare salvi a Lampedusa dopo circa 300 chilometri di mare e oltre 400 sulla costa siciliana. Per altro, i barconi potrebbero approdare sulle isole di Malta (anche questa è Europa) che s’incontrano molto prima di quelle siciliane. E, invece, a Malta non sbarcano quasi mai. Stesso discorso, anzi percorso, per la gran parte degli immigrati provenienti dall' Africa orientale e dai vari Paesi asiatici: anche loro preferiscono Lampedusa quando potrebbero approdare più agevolmente a Cipro, a Creta oppure sulla terraferma in Grecia e in Bulgaria. Anche questa è Europa.

Se rischiano la vita (molti l’hanno perduta!) per venire in Sicilia, una ragione deve esserci o, forse, più d'una. Noi non conosciamo gli aspetti più reconditi e crudeli di questo “traffico”, ma - come tanti cittadini - abbiamo la sensazione che dietro vi sia un “grande imbroglio”, un groviglio d’interessi economici illeciti che prosperano facendo leva sulla disperazione degli immigrati e sulla genuina solidarietà dei siciliani e degli italiani.

Il governo ha gli strumenti per accertare tali incomprensibili ragioni. Il fenomeno va contenuto e gli effetti ripartiti fra i diversi paesi europei e non solo. Scaricare questo fardello su Lampedusa, sulla Sicilia e sull’Italia è ingiusto, inaccettabile e anche molto costoso per le casse dello Stato e degli enti locali interessati.

 

Foto: Wikimedia

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