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 Home page > Attualità > Società > Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti

Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti

Non c’è altro mezzo di dirla, siamo tutti assassini.

Nel mondo globale, che si dimostra sempre più "villaggio", paesino, globale, non è stato fatto davvero abbastanza per evitare questa nuova incursione di Israele "a scopo difensivo".

Diciamo che non è stato fatto nulla.

I nostri rappresentanti per intervenire aspettano un qualche discorso dopo l’insediamento del neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. E di riflesso, noi tutti siamo in silenzio.

"Auspico buonsenso in tutte le cose. Ora aspettiamo anche Obama" (Berlusconi, da Reuters). Che non vuol dire niente di niente.

Naomi Klein
ha chiesto a tutti di intervenire secondo le proprie possibilità, invitando ad un boicottaggio forte dei prodotti esportati da Israele. Il problema è uno solo, ho guardato la lista e temo di conoscerne a malapena due o tre. Che non compro. Ad ogni modo vi riporto alcune informazioni utili:

boicotta_prod_israeliani.gif

Il 729 che questo banner sottolinea, è l’identificazione di "made in Israele".

E’ importante sapere che è attiva a livello internazionale una campagna denominata BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) approvata da una vastissima coalizione di forze progressiste palestinesi ed internazionali – fra le quali citiamo sindacati europei, nordamericani e sudafricani - ma ideata e lanciata sin dal 2001 proprio da una rete di ebrei che lottano contro l’occupazione israeliana della Palestina. Cosa significa e come si articola questa campagna?

1. Boicottaggio significa invitare a non acquistare merci e prodotti provenienti da Israele. In Italia sono caratterizzati dal codice a barre 729. Significa invitare i lavoratori degli scali merci, dei trasporti e della logistica a non scaricare container o merci provenienti da Israele. Significa – solo per fare degli esempi - non farsi prescrivere dal medico o acquistare in farmacia medicinali generici della TEVA, non acquistare elettrodomestici Ocean, non acquistare frutta con il marchio “Jaffa” o "Carmel" e così via, e farlo come atto pubblico, manifestando con questi semplici gesti la propria indisponibilità a rendersi complici della politica criminale dello Stato di Israele. E’ dunque una forma di pressione che non ha nulla a che vedere con negozi o servizi gestiti da cittadini di origine ebraica. Noi appoggiamo il progetto di uno Stato Unico per Palestinesi e Israeliani, nessuna discriminazione è per noi dunque accettabile, nè lì, né qui, né in nessun luogo di questo pianeta" (Comunicato del Forum Palestina).

Se volete i nomi, le giustificazioni, gli obiettivi, spiegati in maniera più che razionale, leggete questo articolo.

Io mi limito a elencarvi alcuni dei marchi che potrete trovare in Italia (si tratta di prodotti importati da Israele o che hanno profonde collaborazioni con Israele):

Ocean

Jassa (succhi e frutta)



Generali (presenti nel mercato assicurativo israeliano attraverso la Migdal e in quello finanziario attraverso una quota dell’8,5% della Banca Leumi-le)

Telecom (che possiede la maggioranza della società telefonica israeliana Golden Lines, si appresta a varare un cavo sottomarino tra Israele e Mazara del Vallo ed è entrata con Telecom Italia Lab, in due fondi di investimento israeliani, il Jerusalem Global Ventures e il Gemini Venture Fund)

Bassetti (distribuisce in Europa la collezione tessile prodotta dalla società israeliana Kitan Ltd)

Barkan Wine Cellars Ltd
(
vini venduti con l’etichetta Reserved, Barkan e Village)

Molti altri prodotti provenienti da Israele li trovate qui.


Come per ogni boicottaggio mi chiedo quanto questo possa essere utile. I boicottaggi, se fatti in massa, con obiettivi precisi, come qualsiasi azione economica di massa, possono produrre risultati, tuttavia non credo che gli italiani abbiano una chissà quale inclinazione nel comprare vini Barkan o roba del genere. Ttra l’altro, appena venuta fuori l’idea del boicottaggio, come al solito, si sono presentati gli antiboicottatori, chiedendo a tutti di comprare.

E non solo. In Belgio le stesse comunità ebraiche si sono ribellate alla richiesta di boicottaggio svuotando interi supermercati. E allora mi chiedo, cosa possiamo fare?

Che siamo coinvolti, nel silenzio, lo sostengo e lo confermo, ma non capisco cosa possiamo fare come aiutare, come spingere i nostri stessi rappresentanti a fermare questa guerra. Uno dei problemi più grossi è probabilmente che non ci rendiamo conto precisamente di cosa sia questa guerra (come per tutte le altre). Ci viene servito per pranzo e cena un servizio di telegiornale spesso e volentieri disinformato, che mira a dare due o tre immagini cruente e nessuna spiegazione.
I fatti su internet si possono cercare, come sul blog dell’amico Vittorio Arrigoni, e vengono i brividi, si accapona la pelle.

E sempre, un dubbio, una idea non ancora partorita, cosa posso fare?

E prima ancora, ma cosa hanno fatto quei bambini, quelle donne, quegli uomini, per meritare di morire?

Commenti all'articolo

  • Di Antonio (---.---.---.19) 5 febbraio 2009 12:19

    C’è un modo molto molto semplice per fermare le violenze: basta non armare più Hamas, è sufficiente cessare di difendere il terrorismo jihadista e magari cominciare ad aiutare le vittime che provoca, non solo in Israele e tra i palestinesi moderati, ma in tutto il mondo: da New York a Bali, dal Sudan e la Somalia alla Danimarca, passando per tutto quello che c’è in mezzo.

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