Pakistan, Obama e prime vittorie

La nuova strategia di Obama per Afpak, la regione afghano-pakistana che Washington considera un’unica realtà strategica[1], registra, forse, una prima importante vittoria diplomatica.
Un recente attacco USA[2], nel sud Waziristan, ha offerto l’opportunità ad Islamabad per esprimere un nuovo punto di vista sui blitz dei droni della Cia, che finora aveva sempre condannato o finto di ignorare.
Rehman Malik, capo del ministero dell’Interno, ha rilasciato una dichiarazione che sembra esprimere, tra le righe, un cambiamento di atteggiamento: «Il governo sta facendo il possibile per fermare la guerriglia e spero che l’America ascolti da voce del popolo del Pakistan».
Se si tratti di un reale cambiamento di strategia del governo Pakistano, dovuta alle recenti pressioni americane[3], o di una mossa tattica, vuota di sostanza, per tenere buono il nuovo presodente USA è presto per dirlo.
[1] Da notare che negli ultimi giorni molti giornalisti hanno iniziato ad usare una qualche etichetta comune per riferirsi ai due paesi congiuntamente
[2] probabilmente diretto contro il comandante Baitullah Meshud, accusato in passato di essere stato il mandante dell’assassinio di Benazir Bhutto e sospettato di essere l’anello di collegamento fra i taleban dell’Afpak, i jihadisti dell’Asia centrale e i capi di Al Qaeda che si rifugiano lungo il confine con l’Afghanistan
[3] Pressioni esercitate nei giorni scorsi dall’inviato Usa per l’Afpak, Richard Holbrooke, recantosi anche di persona nel nord-ovest del Pakistan per colloqui con i vertici militari e di intelligence.
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