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Paesi sicuri? La normativa europea

Di recente l'attenzione dei media si è rivolta verso le decisioni differenti dei tribunali italiani per quanto riguarda le domande di richieste di asilo presentate da migranti ospiti presso il nostra centro in Albania.

Alcuni tribunali hanno respinto la decisione di respingimento della richiesta di asilo da parte della apposita commissione in base a una direttiva europea e a una sentenza della Corte di Giustizia europea su un caso simile.

Altri tribunali hanno preferito sottoporre il caso alla corte europea.

In base alla direttiva attualmente in vigore si può rimpatriare un migrante solo se proviene da un paese sicuro. Ma chi stabilisce se un paese è sicuro?

In base alla interpretazione dei giudici lo stabiliscono gli stessi giudici in base ai criteri forniti dalla direttiva medesima. La direttiva infatti non fornisce un elenco di paesi sicuri.

Secondo il Governo lo stabilisce il governo nazionale

Per togliere ogni equivoco il Governo ha emanato un nuovo decreto con una lista di paesi sicuri. 

È quindi una questione politica? Certo. Ma è anche una questione giuridica.

Le normative europee - per chi non lo sapesse - sono lunghe ed elaborate. Non sempre di facile lettura

Inoltre una recente direttiva - maggio 2024 - ha abolito quella attualmente applicata. Però la nuova direttiva - per i tempi lunghi dell'Unione europea - entrerà in vigore nel 2026. Quindi per il momento di applica quella vecchia. Anche se il governo italiano in sede europea, insieme ad altri undici stati, sta cercando di accelerare le procedure per farla entrare in vigore.

Entriamo nel merito: sul concetto di “Paese sicuro” è andato in scena uno scontro con i giudici. Il tribunale di Bologna ha rinviato il decreto legge alla Corte di Giustizia europea.Si attende una risposta.

Il decreto, varato all’indomani della bocciatura da parte dei magistrati del tribunale di Roma della convalida del trattenimento dei migranti portati in Albania detta un elenco puntuale di “Paesi di origine sicuri”: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Il decreto prevede un aggiornamento periodico con atto avente forza di legge; inoltre prevede, circa l’individuazione dei Paesi di origine sicuri, una informativa annuale del Governo, mediante una relazione trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari.

È proprio sulla definizione di “paese sicuro” che si fonda il lungo quesito che il Tribunale ha inviato alla Corte di giustizia, che però non si.limita a chiedere ma entra nel merito e contesta il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze minacciate e perseguitate. 

Il riferimento, che consente agli Stati membri dell’Unione europea di applicare particolare procedure accelerate e svolte alla frontiera o in zone di transito se il richiedente è cittadino di un Paese che è stato designato come Paese di origine sicuro dal diritto nazionale e che può essere considerato sicuro per il richiedente, in funzione della sua particolare situazione non vale in altre situazioni.

 

Per quanto riguarda il concetto di Paese di origine sicuro, la direttiva europea stabilisce che un Paese terzo può essere considerato Paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se questi ha la cittadinanza di quel Paese e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non sia un Paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso.  Prevede inoltre che siano gli Stati membri a stabilire nel diritto nazionale ulteriori norme e modalità che riguardano l’applicazione del concetto di Paese di origine

 

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