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Nicaragua, la polizia di Ortega contro i manifestanti

L’attuale presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, è lo stesso che meno di 40 anni fa guidò una delle rivoluzioni più idealiste, di preti, scrittori e contadini, dello scorso secolo. Anche una delle più osteggiate e offese, dal presidente Usa dell’epoca Ronald Reagan, che fece di tutto per demolirla. E alla fine ci riuscì.

Riciclatosi più volte e sopravvissuto anche a denunce di molestie sessuali, Ortega pur di mantenersi al potere si è alleato coi settori più conservatori e retrivi della società nicaraguense: potentati economici, famiglie terriere e una chiesa epurata da ogni fermento di teologia della liberazione.

Nel fine settimana Ortega ha mandato in piazza la polizia, a sparare su chi prendeva parte alle proteste contro la riforma pensionistica. In uno dei peggiori momenti della recente storia del Nicaragua, i morti sono stati almeno 25, cui vanno aggiunti decine di feriti e di arresti.

“Vampiri, che hanno bisogno di sangue per alimentare la loro agenda politica”: così il 18 aprile il vicepresidente Rosario Murillo aveva offeso i promotori delle manifestazioni.

Amnesty International ha ricevuto resoconti di manifestanti attaccati in modo sistematico in diverse città, compresa la capitale Managua, e persino di studenti aggrediti all’interno di un campus universitario.

Bilancio tragico anche per i giornalisti che seguivano le manifestazioni: Ángel Gahona era in diretta su Facebook per raccontare proteste quando un proiettile lo ha colpito uccidendolo.

Secondo il Committee to Protect Journalistsalmeno altri nove giornalisti sono stati feriti, a due è stata sequestrata l’attrezzatura e cinque televisioni indipendenti non hanno potuto trasmettere in diretta le immagini delle manifestazioni.

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