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Neutralità della Rete: un Internet a due velocità in Europa?

Lo scorso 17 luglio il quotidiano tedesco Handelsblatt ha pubblicato un documento secondo il quale la Commissaria europea per l'Agenda Digitale, Neelie Kroes, vorrebbe introdurre un principio che mette in discussione la Neutralità della Rete.

Secondo quanto riportato dal quotidiano economico, questa proposta permetterebbe agli operatori di telecomunicazioni di decidere la quantità di banda da passare, a seconda del sito Internet scelto. Si parla quindi, non solo di quantità di dati trasferiti, ma anche di qualità (leggi velocità) con la quale vengono trasferiti.

Cosa significa? Che ad esempio, un operatore può avere degli accordi con un sito o con un fornitore di servizi, in base al quale gli “permette” un traffico più fluido. Questo comporta, quindi, che gli altri siti “concorrenti” potrebbero essere più lenti.

Se un principio del genere passasse, sarebbe un passo verso la fine della Neutralità della Rete, gridano da più parti.

 Ma torniamo indietro: cos'è la Neutralità della Rete? 

Il Consiglio d'Europa l'aveva così definito nel 2010: “Gli utenti devono avere il miglior accesso possibile ai contenuti on line, alle applicazioni o ai servizi scelti, utilizzando la periferica che preferiscono. Questo principio, detto anche Neutralità della Rete, si deve applicare senza tener conto dell'infrastruttura o della rete usata per connettersi”.

Secondo Jérémie Zimmermann, portavoce de La Quadrature du Net, organizzazione che si batte per le libertà digitali, la Net Neutrality è la «non-discriminazione nell'informazione che circola in Internet, che sia in funzionane dell'emettitore, del destinatario e del tipo stesso di informazione. Vista dal punto di vista dell'utilizzatore, è che tutti possono accedere ai contenuti, servizi e applicazioni senza discriminazioni; e che tutti possano pubblicare contenuti, servizi e applicazioni senza discriminazioni».

Ma quali sono gli scenari che si potrebbero aprire? Chi difende la Net Neutrality parla di un Internet a due velocità, dove i siti che se lo possono permettere fanno accordi con chi gli operatori, assicurandosi, nei fatti, il traffico sui loro portali.

Altro esempio, per capire: immaginiamo che un grosso portale di video si metta in affari con un operatore – come potrebbe essere Youtube – e che un altro – come potrebbe essere Dailymotion – non se lo possa permettere a causa dei costi. È ovvio che se navigo per cercare un video, e la pagina di Dailymotion va molto lenta, non esito ad andare su Youtube. Fino al punto che il secondo diventa poi l'unica scelta

Uno scenario del genere, inoltre, porterebbe, plausibilmente, un aumento dei costi, dovuto all'aumento della concorrenza e anche “all'autoproduzione” di contenuti da parte dei giganti delle telecomunicazioni, che avrebbero il vantaggio di avere già le infrastrutture. (Ne parla un rapporto del Ministero del Tesoro francese, qui). 

Tra i problemi, però, c'è quello (reale) che la Rete si sta “riempiendo”. La società americana Cisco prevede che il traffico video, da qui al 2017, sarà raddoppiato. Già oggi, per esempio, Youtube viene consultato 4 miliardi di volte al giorno.

In ogni caso se ne riparlerà a settembre, quando verrà presentato il progetto di regolamento europeo per il mercato unico delle telecomunicazioni.

Neelie Kroes, intanto, il 18 luglio ha pubblicato un post sul suo blog nel quale dice di non aver immaginato nessun tipo di discriminazione nell'accesso ad Internet, che è un diritto per ogni cittadino europeo. Allo stesso modo ricorda che già ora molti di noi hanno contratti che prevedono una quantità ridotta di dati, e che la cosa non pone, per lei, alcun tipo di problema.

Foto logo: Sean W. Ferguson/Flickr


 

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