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Nell’epoca del disagio globale

Da Occupy Wall Street alle Primavere arabe, passando per le manifestazioni di Atene e Roma, la gioventù globale è di fronte a scelte radicali. 

Dopo il crollo del Muro di Berlino, nel 1989, non pochi storici avevano prevista la "fine della Storia": in altre parole, la traiettoria delle vicende umane si sarebbe invariabilmente diretta verso la libertà politica, la globalizzazione, il libero mercato e il trionfo delle virtù della concorrenza.

In realtà, questa suggestione si rivelò ben presto un'illusione: il mondo non funziona quasi mai come predicono i teorici e le tecnocrazie. Il mondo post-Guerra Fredda, dominato politicamente e culturalmente dagli Stati Uniti, si è rivelato mediamente un periodo "pacifico" (il numero di conflitti armati sta radicalmente scendendo da decenni), e anche di discreta crescita economica per interi continenti come Asia ed America Latina - pur con tutte le contraddizioni del caso.

Tuttavia, la pax americana non aveva fatto i conti con un nemico ben più insidioso dei carri armati sovietici: la natura umana. Il mondo post-1989 aveva accatastato le parole "eguaglianza" e "solidarietà" in un cantuccio isolato, battuto solo da qualche radicale politico illuso. L'Occidente si è cullato per anni nell'illusione che "eguaglianza" significasse solamente l'eguaglianza legale, quella davanti alla legge e alle istituzioni; tutto ciò mentre la diseguaglianza sociale e "materiale" nelle società a capitalismo avanzato avanzava, o comunque non retrocedeva con i ritmi che ci si auspica in una società che si autodefinisce "civile". Nei mass media trionfava un modello di vita, e quindi di società, basato sul soddisfacimento personale dei propri interessi e in un disprezzo per la cultura, un edonismo rampante che in Italia è stato fin troppo bene rappresentato dalla figura politica di Silvio Berlusconi.

C'era solo un piccolo particolare che non funzionava nel disegno che le classi dirigenti avevano preposto per la mia generazione: alti livelli di diseguaglianza, in presenza di una stagnazione economica lunga, sono semplicemente insostenibili. Come ha scritto recentemente il premio Nobel dell'Economia Paul Krugman, "sempre più giovani non capiscono perchè le università di alto livello debbano essere riserve per benestanti". Un'intera generazione si sta accorgendo che la solidarietà non è un orpello; che gli alti stipendi sono giustificabili ma non sono sempre giustificati; che la meritocrazia senza pari opportunità di accesso è solamente fumo negli occhi.

In pochi anni l'emergere di movimenti anti-sistema, tanto negli Stati Uniti quanto nella vecchia Europa, sta travolgendo vecchie certezze, dando consensi insperati a movimenti che, almeno fino a qualche anno fa, si consideravano di estrema sinistra o estrema destra. Tutto ciò può anche risultare preoccupante per la piega che tali movimenti potrebbero prendere, ma non è mai successo nella Storia che una generazione intera si rassegni al ruolo di stagno e accetti di rimanere in una condizione di insignificanza eterna.

 

 

Foto: Cristiano Betta/Flickr

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