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Napoli: se sei rom ti lascio morire

L’agonia di un uomo e la noncuranza di una folla troppo vicina a un intero popolo.

Col permesso di chi ci contesta una certa faciloneria (quando non ci chiama imbecilli) e di chi è pronto ad accusarci di svenevolezza e pietismo, vorrei presentare – a utenti e mondo – il nobile ed ospitale popolo italiano. Senza sipari tricoloruti nè trombette. Il video forse l’avrete visto in qualche telegiornale odierno (ah... viene da ridere). Trattasi, in prima, di assassinio ingiustificato (quale lo sia non saprei, ma questo pare addirittura erroneo), di mano camorristica. Secondariamente, di patetica, vomitevole scena di noncuranza civile.

Stazione di Napoli. Uomo morente, donna implorante. E’ stato ucciso da due individui in motorino, pare della camorra. Pistola e fermezza d’esecuzione. La scelta, però, ha fatto il cadavere sbagliato. La folla se la da a gambe, più che impuarita, ansiosa di portarsi i polsi sulla fronte e confidarsi gli uni agli altri che se la sono scampata bella. L’uomo muore, dimenandosi quanto la donna che invano implora aiuto.

Lo ricordo: Napoli. E di nuovo, col permesso (stavolta) di chi non vede nell’omologazione mediatica il male camuffato, l’indottrinamento a una comune koinè che da Bergamo a Nardò conosce semplicemente l’io e l’odio, con la variante della declinazione in verbo. Io odio. E la gente, in Italia, padani o non, odia gli stranieri (l’uomo lo era), odia i rom (l’uomo lo era), odia gli altri, s’odia vicendevolmente, in un vorticoso andazzo che incollerisce i gesti, le parole, le persone, a quattro a quattro. Scordiamocio le epoche in cui contestare Alberto Sordi, gli emblemi del buonismo post-bellico italiano, era possibile, condivisibile, a tratti doveroso. Dimentichiamoci di quando, condivisibile o no, si parlava dell’antifascismo come di un fascismo (che gli ultimi mesi ne siano testimonianza). Sono lussi lontani, difficili da potersi permettere. Quel patetismo che faceva – e forse a ragione – dell’italiano un’individuo, un popolo, di creduloni pronti e proni ma tra loro solidali, e lo stesso con gli altri. Macchiette mondiali di sicuro calore, forse esteticamente ed emotivamente ripugnante agl’occhi di retroterra o sensibilità diverse, anche domestiche (viene da pensare al primo Moretti), ma calore (o come vogliamo definirlo?).

Ecco. Cos’è, è arrivato il nichilismo? Un po’ tardi. Vediamo: calore, aiuto reciproco, solidarietà. Direte: eh? A pensarci, sì, viene in mente Sordi, a quella società un pò carlona e un pò bacchettona, che non sapeva dire di no al furto di mele del trovatello. Solidarietà: mavvia! Arcaico! Da quando, grossomodo, il termine è scivolato- silente o col silenziatore – dal vocabolario sociale, rimpiazzato a pacche di spalla da sicurezza.



Da quando qualcuno (sin dal principio) ha deciso di farla passare per retaggio storico e obsoleto della sinistra, di preticarne l’ostracismo mediatico (odio questo aggettivo). Sicurezza: Forte! Parastatale! Sguizzera! Delegatrice! Key-word del capitalisticamente egoistica: tu hai il tuo, noi lo proteggiamo dalla condivisione! Da solidarietà a sicurezza. Da animali a bestie.

Non ho altro. Il video è piuttosto eloquente, nè qualsiasi altra mia riga potrebbe concorrere al senso di nausea che esso provoca.
U’


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