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Miserie e nobiltà di un sistema che premia i soliti pochi a scapito della collettività

E’  da molto tempo che diciamo che la gente, quella che lavora, quella che per me è la vera spina dorsale di questo paese, sta progressivamente impoverendosi a favore invece di quei pochi che detengono i cordoni della borsa, condizionando pesantemente anche la politica. Le errate scelte in materia di fiscalità, ha particolarmente premiato il reddito derivante da rendite finanziarie, a scapito di quello derivante dal lavoro e dalla reale produttività aziendale. Il proliferare delle società finanziarie è il termometro di questa febbre che sta travolgendo la capacità di produrre ricchezza reale,  partecipando così al trasferimento della stessa nelle fasce più abbienti e aimé più protette. Altro elemento che sta devastando l’equilibrio economico è l’indubbia protezione politica che i più facoltosi godono, o meglio per certi versi pretendono ed ottengono dalla politica. Vedi per esempio uno dei degli ultimi decreti che hanno istituito la cosiddetta cedolare per gli affitti, cioè si pagherà su questi un 20% e nell’altro, e tale introito non sarà più cumulabile con il proprio reddito. Pertanto tutti coloro che posseggono patrimoni immobiliari ingenti, pensate un po’, pagheranno solo il 20%,  anziché tassarli in riferimento al reddito complessivo. Parlando quindi di persone i cui redditi dovrebbero di gran lunga superare la fascia di imposizione più alta, pensate un po’ quale favore il governo ha fatto loro. E cosa dire del rientro dei capitali dall’estero tassati al 5%? Non fa niente poi se un lavoratore dipendente superata la retribuzione annua imponibile di 28.000 e sino a 55.000 arriva a pagare il 38% di Irpef. E cosa dire delle detrazioni d’imposta “magnanimamente concesse” per carichi di famiglia, di poco più di 1000 euro all’anno, mentre tutti gli altri redditi, non derivanti da lavoro dipendente, godono di  detrazione per l’acquisto dell’auto, delle fatture per ristorazione, carburanti ecc. ecc.  

Particolare importanza ha rivestito in questi ultimi decenni la corruzione finanziaria, tutti quei crac dell’area mobiliare che ha falcidiato i risparmi di centinaia di migliaia di persone senza che i “rei” fossero puniti in modo esemplare, e ciliegina sulla torta, senza aver poi creato alcun serio correttivo a questi fenomeni di finanza creativa, che di innovativo hanno avuto solo il pregio di contribuire a trasferire più celermente il risparmio di anni di lavoro per ripianare i pluri miliardari buchi di aziende quote in borsa, a favore delle casse di finanziarie e banche. 

Cosa dire poi del vile sfruttamento del lavoro giovanile, che denominato oggi precariato, non consente più ai nostri giovani di avere un futuro, di progettare una famiglia. Con la scusante, frutto di inadeguata organizzazione aziendale, e di mancati investimenti in ricerca, ammodernamenti e riconversioni, si fa cadere il problema dell’elevato costo del lavoro proprio sui giovani, togliendo loro giorno dopo giorno ogni diritto sindacale. Però se guardiamo aldilà delle Alpi, una certa Germania, dove il costo del lavoro è notoriamente più elevato del nostro, oggi rappresenta la locomotiva economica e produttiva dell’Europa. Se non è un paradosso vorrà dire che per noi è la solita fregatura. La dignità del lavoratore non conta più niente. Tutti gli errori e le incapacità dell’imprenditoriali sono sempre mascherati da crisi internazionali o dall’elevato costo del lavoro e comunque come la colpa è sempre del lavoratore dipendente. Il fattore umano è solo uno strumento da utilizzare per fini utilitaristici, e laddove non più utile, può tranquillamente essere rottamato nelle forme meno dispendiose. E’ un dilagare perverso di un materialismo distruttivo, che unito all’egoismo ed al potere di quei pochi che del sociale non gliene può fregare più di niente, ha consentito di scippare il futuro ed i sogni a delle intere generazioni. 

Questo progressivo trasferimento della ricchezza a poche persone o famiglie, perverso meccanismo che pare sia irreversibile, è stato posto in essere attraverso inique politiche fiscali, sociali ed industriali, vista l’incapacità, e sarebbe ancora peggio se tale incapacità fosse anche accompagnata dalla volontà di una classe politica a volerla perseguire. Una drammatica realtà che a breve termine potrebbe generare un conflitto sociale di proporzioni enormi dalle più imprevedibili conseguenze. Basta vedere cosa sta succedendo oggi con la nuova riforma dell’università, tanto detestata e contestata dai giovani, anche per la scarsa volontà governativa di porre in essere un tavolo di confronto con le parti sociali interessate, quali gli studenti, l’imprenditoria ed il corpo insegnante in genere. E’ proprio la mancanza di confronto e di dibattito politico e sociale che ha caratterizzato l’ innovazione legislativa di questi ultimi anni. Leggi e decreti non sempre apprezzati o visti quali elementi destinati a rafforzare la capacità competitiva del nostro paese, con quell’indissolubile obbligo di saper guardare al futuro, costruendo ed investendo oggi proprio su quelle risorse che domani saranno il valore aggiunto di un paese che sa dove voler andare, e con l’ago della bussola orientato sempre verso l’interesse della collettività. Leggi e decreti approvati senza alcun dibattito parlamentare visto che la stragrande maggioranza di questi sono stati votati attraverso un voto di fiducia, non in riferimento alla norma, bensì al governo. E il bello è sentir parlare i nostri simpatici politici, che hanno imparato a scimmiottare la solita frase, che peraltro a sentirgliela dire in continuazione, più di qualche volta suscita irritazione o peggio ancora ilarità, la frase è oramai la solita: “noi operiamo nell’unico interesse generale del paese”. Accidenti mi verrebbe da dire, visti i risultati perché non operate in modo diverso, anche perché la sensazione generale è che questa classe politica non pare stia operando proprio nella direzione da loro indicata.

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