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Miracolo a Sant’Anna, un disastro cinematografico



Pochi giorni fa sono andato a vedere con Matteo e Chris l’ultimo film del regista afro-americano Spike Lee, Miracle at St.Anna, che sta per uscire venerdì anche in Italia.

 

Ho visto questa pellicola prima di leggere delle leggere (e ignoranti) affermazioni del regista sulla Resistenza italiana - subito riprese dai siti neofascisti - e prima di leggere la polemica dell’Anpi riguardo al contenuto del film. Quindi, posso dire di aver visto Miracle at St.Anna senza alcun pregiudizio.

 

Non vorrei nemmeno entrare nella polemica sul contenuto del film (che, come avrete letto, fa risalire la strage di Sant’Anna di Stazzema, nella quale i nazisti trucidarono per rappresaglia l’intera popolazione di quel paesino, al tradimento di un partigiano nei confronti dei suoi compagni), dal momento che Miracolo a Sant’Anna non è una ricostruzione storica ma solo un’opera di fiction. Avrei invece da dire sul senso politico di fare un film di fiction su un argomento storico realmente accaduto, quando la fiction in buona sostanza ha un carattere revisionistico, ma tant’è. Gli statunitensi sono abituati a girare film di ambientazione storica con carattere revisionistico: guardatevi il 95% delle pellicole su indiani e cow boy, nei quali gli indiani vengono rappresentati come popolo feroce e incivile, il cui sterminio è auspicabile e ben considerato dai registi. Sì, mi riferisco proprio a quei film con John Wayne che Spike Lee, in Miracolo a Sant’Anna, denigra all’inizio della sua pellicola mostrandone uno spezzone relativo a un film ambientato nella Seconda Guerra Mondiale. Lee denigra un genere nel quale egli stesso si inserisce a pienissimo titolo.

 

Ma ripeto: spogliamoci da letture politiche e stiamo alla ciccia. Questo film di Spike Lee è il peggiore film mai visto nella mia vita. Ecco perché.

 

1) L’intero film ha per oggetto fondamentale una testa di marmo di una importante statua della classicità, che uno dei soldati porta con sè come portafortuna.

 

Ora, la testa è grande circa una volta e mezza la testa di un adulto. Essendo di marmo, deve avere un peso variabile tra 15 e 25 chili, a seconda delle sue effettive dimensioni. Il peso della testa è rappresentato come notevole nella prima parte del film, quando la testa viene sollevata con due mani e notevole fatica da uno dei poliziotti newyorkesi che entrano in casa dell’uomo che la custodiva nel suo armadio. Ma in tutto il resto del film (un lungo flash-back sui fatti accaduti durante la II guerra mondiale in Toscana), la testa diventa misteriosamente leggerissima. Al punto da venire trasportata in una reticella che pende dalla cinta di uno dei soldati (!!!) mentre questo guada un torrente e poi combatte... ve lo immaginate un soldato, carico già del suo zaino, delle bombe, del fucile, dell’elmetto, che si sobbarca anche il peso di una 15-20ina di chili di testa di marmo legata alla cintola??? Fantastico. Come se non bastasse, la testa finirà anche tra le mani del bambino italiano che i soldati trovano. Ora, questo bambino è rappresentato come un bimbo magrissimo di otto anni: uno spillo con due gambette e due braccette così. Ebbene, il bimbo a momenti ci gioca a pallavolo con la testa di marmo. La maneggia e la porta con sè come se pesasse duecento grammi. Questo macroscopico errore è davvero disturbante, perché è riconoscibile da chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il peso di una testa di marmo e rende plastica la finzione della pellicola: l’oggetto è chiaramente di resina vuota e tutti i personaggi lo maneggiano come se avesse il peso di un portachiavi. Disturbante.

 

2) La sceneggiatura. E’ super-confusa, con elementi di assoluta non credibilità a piovere. Anzitutto, si apre nel 1984 con un impiegato delle poste alla Stazione centrale dei treni di New York che sente un uomo bianco pronunciare il nome "stamp" con un certo accento e quindi gli spara. Ora: l’impiegato spara all’uomo con una pistola Luger della Seconda Guerra Mondiale, che evidentemente si è portato tutti i giorni al lavoro negli ultimi 40 anni, chiaramente nella speranza di incrociare, su un altro continente, il partigiano traditore incontrato nel 1944 sull’appenino toscano. Secondo voi è cosa credibile? Secondo me, no. Oltre a ciò: l’uomo bianco che s’affiaccia allo sportello delle poste nel 1984 dimostra circa 50 anni. Ma se è lo stesso uomo di 40 anni prima, che 40 anni prima è rappresentato da un attore che mostra almeno 30 anni, non dovrebbe averne 70? Cos’ha fatto, si è crioconservato nel frattempo? Ridicolo.

 

3) I flashback. Sono di tipo doppio intrecciato. Iniziamo nel 1984, andiamo al 1944, poi di nuovo al 1984, quindi al 1944 e infine nel 1984. Nel 1984 siamo a New York, nel 1944 siamo in Italia. Dopo questo film sappiamo che la tecnica del flashback Spike Lee la sa usare male.

 

4) Il film si chiama "Miracolo a Sant’Anna", ma la strage è solo un pretesto. Nessuno dei personaggi principali è di Sant’Anna e nessuno rimane ucciso nella strage. La strage in sè occupa circa 3 minuti del film ed è presentata come un fatto assolutamente collaterale. Il film è tutto incentrato sul senso di essere soldati americani di colore in azione in un Paese dove il razzismo non è ancora arrivato e dove i bianchi, in teoria nemici, ti trattano meglio di come ti trattano i tuoi bianchi connazionali, per non parlare dei più alti in grado nello stesso esercito. Per carità, l’idea è interessante (anzi: secondo me MOLTO interessante, pure più dell’idea di fare un film sulla Strage di Sant’Anna, se è per questo), ma allora chiamami il film "Buffalo Soldier", non "Miracle at St.Anna".

 

5) Io l’ho visto in originale e il film è un guazzabuglio di tre lingue (inglese, italiano, tedesco), cosa che nella versione italiana probabilmente non si noterà. Ma ci sono errori linguistici notevoli: i toscani parlano un toscano differente tra loro, pur essendo tutti dello stesso villaggio. I soldati afro-americani parlano uno slang urbano da anni 2000, non certo come parlavano nel 1944.


6) Il ritmo. Il ritmo di questo film è orrendamente lento. Sembra durare cinque ore, non le 2 ore e 40’ (comunque troppo!!! Spike Lee, quanto devi imparare a tagliare in sede di montaggio!) che invece dura, con tutta una serie di storie collaterali che risultano appese e di poco interesse.

 

Ci sarebbe altro da aggiungere, ma la finisci qui. Insomma, Miracolo a Sant’Anna è davvero una profonda delusione, proprio dal punto di vista cinematografico. Non è piaciuto nemmeno a Matteo e Chris.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.184) 4 ottobre 2008 19:01

    Si, però è dai tempi di john kitzmiller e di film neorealistici come " Tombolo paradiso nero" e "Senza pietà" di Lattuada che non si parlava di soldati neri nella seconda guerra mondiale ( Jim Brown di "quella sporca dozzina" escluso)

  • Di Cafenoir (---.---.---.111) 5 ottobre 2008 11:23
    Ambra Zamuner

    Vi prego Lattuada e Spike Lee uno vicino all’altro... vi prego no. Da Spike Lee se permettete uno se lo aspetta pure dopo una vita di film sui ghetti e sugli afroamericani in genere, che hanno sicuramente formato la storia moderna del cinema, ma non esageriamo con i paragoni... Se ci basiamo sulla superficialità della presenza di neri o meno nel film, che poi è l’idea di partenza di Lee ma che strano, allora sì sono passati molti anni da quando un nero non compariva in un film sulla seconda guerra mondiale.Se guardiamo in totalità non basta per salvarlo...Aldrich, che peraltro adoro, è proprio tutta un’altra cosa.

    • Di Anellidifumo (---.---.---.3) 6 ottobre 2008 01:55

      Come ho detto anche nel post, la cosa (di gran lunga) più interessante del film di Lee è il rapporto razziale. Ossia, ti faccio un film non solo sul corpo di soldati afro-americani che combatterono in Italia nella 2GM, ma anche sul fatto che questi venivano trattati meglio (nel senso che venivano trattati come uomini uguali a tutti gli altri, prima ancora che come "liberatori") dalla popolazione bianca italiana (in teoria, dunque, popolazione nemica) rispetto a come li trattavano i bianchi degli USA o i loro stessi commilitoni bianchi (superiori o di pari grado).

      Questo tema, che il film tratta e sottolinea, poteva essere sviluppato ancora di più, secondo me, e proprio per questo il titolo del film avrebbe dovuto essere incentrato su questo corpo di soldati dalla pelle nera. Nel post avevo suggerito: "Buffalo Soldiers", che in italiano poteva suonare "Il corpo Buffalo", "I soldati della Buffalo" o qualcosa del genere.

      Il punto è che Lee ha cercato di fare un minestrone. Ha cercato di raccontare diecimila fili narrativi nello stesso prodotto. Il risultato è pessimo: come film storico di guerra fa pressoché ridere, come film sulla Resistenza peggio mi sento, come film sociale sui neri che combatterono in Italia dice troppo poco. Aggiungi il guazzabuglio linguistico, la sceneggiatura non credibile che fa acqua da tutte le parti, gli elementi gratuiti di fantasy e i macro-errori di edizione e hai il più brutto film che io abbia mai visto. E t’assicuro che sono andato a vederlo con un pregiudizio positivo: a me in genere i film di Spike Lee sui ghetti d’America piacciono.

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