Matteo Salvini sul caso della Open Arms ha sbagliato: ne paghi il prezzo

Il pubblico ministero ha chiesto che Matteo Salvini venga condannato a sei anni di carcere per sequestro di persona nel caso della nave Open Arms. Non sappiamo cosa decideranno i giudici di Palermo nella prossima udienza di metà ottobre, ma l’imputato Salvini doveva sapere che, vietando lo sbarco a centocinquanta persone da una nave umanitaria e non da crociera, stava commettendo un atto di illegalità.
Salvini afferma che la sua decisione era pienamente legittima, perché egli fu eletto nel 2018 dopo una campagna politica in cui aveva preannunciato che, se avesse vinto le elezioni, le prime azioni del governo diviso con i Cinque Stelle sarebbero state azioni di forza contro gli sbarchi e contro le operazioni umanitarie delle Ong, accusate di far parte di un oscuro e terribile complotto chiamato “sostituzione etnica”. Lui era all’epoca ministro dell’Interno, per cui rivendica un’azione in linea con quanto promesso all’elettorato, senza mettere in conto che la sua linea era contra legem e che ai suoi elettori poco importava se lui fosse finito davanti a un tribunale.
Lo scontro vero non è dunque tra la politica di Salvini e la legge della magistratura, ma tra il potere esecutivo e il potere giudiziario. La Lega non aveva la possibilità di cambiare le leggi italiane in materia di salvataggio in mare, la Costituzione, le leggi europee e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Per non parlare della legge, non scritta su una carta ma nella coscienza umana, del “diritto del mare”, secondo cui se una persona è in difficoltà e rischia di annegare in uno specchio d’acqua dev’essere soccorsa e portata nel più vicino porto per ricevere doverose assistenza e cure. Salvini, inebriato dai Papete, credeva di poter agire come meglio credeva, fregandosene dei doveri di un politico davanti a questioni emergenziali.
L’allora inquilino del Viminale non aveva il potere e nemmeno l’autorizzazione per cambiare norme che esistono da prima che lui nascesse. E, nonostante lo avessero avvisato che sulla nave Open Arms c’erano anche bambini e persone fragili, protetti in modo ancora più deciso dalle leggi internazionali, Salvini aveva mostrato i muscoli per farsi bello con i suoi elettori, pronunciando un sonoro: «Decido da solo. Non sbarcheranno». Non c’è che dire, il prode “capitano” fu coerente con la sua propaganda e adesso che è finito davanti a una Procura che ha chiesto sei anni di gattabuia, ecco che lui rivendica di aver difeso la patria, come se l’Italia stava rischiando la stessa invasione dell’Ucraina da parte dei russi. Lui ha voluto fare l’eroe contro dei poveracci, ma pare che non sia abbastanza eroe da finire in galera non per aver salvato la patria dai Vichinghi, ma per la sua opera di disobbedienza alle leggi.
Era pronto a disobbedire ad ogni potere giudiziario pur di elevarsi a paladino della razza italiana. Purtroppo per lui, i migranti sono scesi lo stesso, stremati ma ancora in vita, mentre lui era convinto di uscirne illeso. Nessuno lo aveva avvisato che la disobbedienza si paga con la galera. In questi giorni, Matteo Salvini si è svegliato dal sonno e ha dovuto ammainare la sua spavalderia davanti alla prospettiva di finire nelle patrie galere. Salvini ha sempre detto che in Italia “chi sbaglia paga”. Bene! Lui ha sbagliato ed è giusto che paghi con la galera. Senza accusare la magistratura che ha solo fatto il suo dovere. Sarà coerente anche su questo? Vedremo.
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