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Manhattan (1979): il film di Woody Allen di nuovo al cinema in versione restaurata

Può succedere che capiti nel vostro cinema il film rimasterizzato e tornato a nuova vita Manhattan del “grande” Woody Allen, dal lontano 1979. E’ una fortuna per gli amanti del sommo attore-regista-paroliere (e come paroliere per sé o altri egli nacque).

 Può anche accadere però che qualcuno lo veda per verificare se Allen gli sta semplicemente antipatico oggi e magari nel 1979 faceva cose egregie, o “somme”, tali da avergli creato quella fama che resterà nei libri di cinema. No, antipatico è e antipatico era, con una regia e una storia che più maschilista non si può, risentendo forse dello spirito corrente nei tardi anni ’70. La presenza delle splendide attrici nel fiore degli anni che lo attorniano sembra funzionale a far risaltare il ruolo del cacasenno Woody: la ex moglie Meryl Streep, la fidanzata e allieva 17enne Mariel Hemingway, la sua musa Diane Keaton, l’unica a tener testa intellettualmente al professore.

Allen è questo, “così è se vi pare”. Non c’è traccia di emozioni nei suoi film, solo le sue parole ed elucubrazioni. E’ possibile che egli sia un narcisista egocentrico, parole che ricorrono nel suo linguaggio in bocca ai personaggi, spessissimo scrittori attori intellettuali alle prese con problemi inutili e nevrotici, pare che il suo mondo al cinema non comprenda gente normale … banale?

Qualche esperto ha criticato Nanni Moretti dicendo Spostati per favore, facci vedere il film, ma la critica si attaglia di più al magico Woody, comunemente ritenuto o presunto genio. In Manhattan non c’è scena dove egli non compaia e che non sia piena delle sue parole, concetti forse alti, sicuramente intellettuali e colti ma … lui ti “intorta” di parole, ti ubriaca, e seguirle tutte comporta una riflessione che il ritmo del film non può prevedere. E Manhattan o New York qui non c’entrano niente, i triangoli amorosi gli innamoramenti e disinnamoramenti rappresentati potrebbero succedere in qualsiasi città, ma sempre in ambienti di “grande cultura”: la città compare soprattutto di profilo, per via del b/n del film, ma è semplicemente un intermezzo nella recita di Woody, impreziosita poi dalle musiche di Gershwin. Del resto lo disse nel film, non si crede un Dio ma ne prende esempio. Se non si capisce Allen “credetemi, non s’è fatto apposta” (da A. Manzoni), ma Allen mai più.

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