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 Home page > Attualità > Economia > MES: un problema di logica basilare. Che manca

MES: un problema di logica basilare. Che manca

Esempio di scuola che illustra la differenza tra chi è in grado di identificare correttamente l'interesse nazionale e chi fa girotondo con la logica, beccandosi una labirintite.

Sul Fatto, c’è un commento dell’ex ambasciatrice Elena Basile che tra le altre cose tratta anche del MES (yawn). Commentando un’intervista al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, Basile osserva:

Il ministro difende il Mes, strumento che esiste come àncora di salvataggio in caso di crisi, ma che non deve essere necessariamente utilizzato. Non è così, ministro, lei non può non saperlo. Nessuno Stato europeo è minacciato dal Mes quanto l’Italia. Anche il Belgio che ha un debito importante ratifica il Mes, ma non ha alcuna intenzione di utilizzarlo in quanto non ha problemi a recuperare il finanziamento del debito sul mercato. Siamo noi, signor ministro, che realisticamente in caso di crisi avremmo problemi a reperire i capitali e saremmo obbligati a utilizzare uno strumento che – solo i ciechi non lo comprendono – è un’arma a doppio taglio in grado di strangolare la nostra economia.

Qui la logica, se c’era, se ne stava in disparte. Proviamo ad argomentare vincendo lo stato vertiginoso. Abbiamo il Belgio, paese ad alto indebitamento ma che prima del Covid lo stava riducendo a passo rimarchevole e che ha ripreso a piegarlo negli ultimi due anni, che secondo la commentatrice non avrebbe intenzione di utilizzare il MES perché mantiene accesso sul mercato dei capitali. E già questo mi pare un ragionamento un filo circolare. Nel senso che, se hai accesso al mercato, il MES non ti serve. Se perdi l’accesso al mercato, il MES ti serve.

PERDERE L’ACCESSO, QUANDO SI FA SERA

Confesso che non riesco a capire che voglia dire “siamo noi, che realisticamente in caso di crisi avremmo problemi a reperire i capitali”. In quale caso di crisi, esattamente? Una tale da perdere l’accesso al mercato. Ma se perdiamo accesso al mercato, abbiamo due strade: un intervento esterno, sia esso il MES o il Fondo Monetario Internazionale, oppure la compensazione del debito pubblico con la ricchezza privata (aka patrimoniale straordinaria), per mostrare ai mercati che siamo solvibili. Altre ipotesi non ne vedo. Ah, dimenticavo: la stessa cosa vale per il Belgio, pietra di paragone. E per qualsiasi altro paese.

Non solo: oltre alla patrimoniale per abbattere il debito, potrebbe servirci anche una forte stretta fiscale, ovviamente pro-ciclica, per mandare il messaggio che siamo solvibili. In altri termini, per usare le parole della commentatrice, finiremmo strangolati. Se ogni “crisi” che colpisce l’Italia determina la perdita di nostro accesso ai mercati (e non sta scritto da nessuna parte), queste sono le opzioni. A me non ne vengono in mente altre, e a voi?

Ma soprattutto, ratificare la riforma di un trattato non vuol dire chiedere gli interventi che tale trattato prevede. Come mai è così difficile da capire? Forse Basile intende altro, ma non vorrei sopravvalutarla: cioè teme che il nostro paese cada vittima di una analisi di sostenibilità del debito che ci condannerebbe (ma perché, esattamente?).

Se l’idea è questa, come ho scritto giorni addietro, basta non chiedere il MESRepetita: come mai è così difficile da capire? Boh.

Piuttosto, richiamo la vostra attenzione su un commento dell’ex ministro dell’Economia e Finanze, Giovanni Tria, apparso sul Sole qualche giorno addietro. La linea rossa pluriennale, sostiene Tria, è evitare che l’Italia sia sottoposta ad analisi di sostenibilità di debito non richieste. Perché in quel caso, dati i parametri utilizzati, necessariamente soggettivi in capo al valutatore (pensate al concetto di Pil potenziale e a quello speculare di output gap), la situazione potrebbe realmente sfuggire di mano e farci finire in un incubo autoavverato.

LA LINEA ROSSA, QUELLA VERA

Ecco il pensiero di Tria, che mi pare degno di massima attenzione:

Qual è il collegamento di questa proposta con l’ormai vecchia e conclusa trattativa sulla riforma del Mes? Certamente la sorveglianza fiscale è un compito della Commissione, che si è sempre anche avvalsa di una analisi di sostenibilità del debito, analisi peraltro che si basa su stime variabili a seconda del momento in cui viene effettuata. Ma il modo in cui la si vuole utilizzare, non per valutare una proposta di programma fiscale avanzata dai singoli governi in base a vincoli generali uguali per tutti i Paesi ma per definire i programmi di ciascun Paese in base a un preventivo e pubblico esercizio di valutazione di sostenibilità dei debiti, apre agli stessi pericoli che presentavano le originarie proposte di riforma del Mes. Soprattutto sembrano anticipare un nuovo tentativo di riproporre l’idea di sottoporre i titoli del debito pubblico dei paesi europei a valutazioni ufficiali di rischio differenziato. In altri termini, torniamo alle linee rosse di cui discutevo a Berlino nel 2018, e prima di me altri ministri italiani.

Cogliete il punto? Se il nuovo patto di stabilità, o altro percorso obbligato futuro, implica l’obbligo di passare dall’analisi di sostenibilità di debito, può accadere di tutto, e non in senso positivo. Riguardo il MES, se non si richiede la linea rafforzata condizionata, con relativo memorandum, l’analisi di sostenibilità di debito non c’è. Se invece quella analisi fosse l’inevitabile conseguenza della riforma del patto di stabilità, la cosiddetta “traiettoria tecnica” da percorrere in quattro o sette anni, avremmo guai potenziali anche molto seri.

Tria lo dice apertis verbis: evitare di sottoporre i titoli del debito pubblico dei paesi europei a valutazioni ufficiali di rischio differenziato. A qualcuno questa richiesta potrebbe suonare stravagante, nel senso che il rischio di credito esiste, dato che non esiste un asset unico dell’Eurozona. Ma tant’è, questa è la linea rossa dell’interesse nazionale italiano, in un periodo in cui tutti si sciacquano la bocca con quel concetto, e ben pochi capiscono di che si tratti realmente.

Questa è la differenza tra ragionamenti circolari da vertigine e quelli di un tecnico che identifica l’interesse nazionale. Andate in pace.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Di Rella (---.---.---.132) 23 gennaio 08:47
    Rocco Di Rella

    Condivido quanto hai scritto. Aggiungo anche che la riforma del MES, non ratificata dal centrodestra e dal M5S, è un passo avanti verso l’Unione bancaria, cioè verso la non facile creazione, a livello europeo, della garanzia pubblica a favore dei depositanti. Il percorso verso la garanzia pubblica a favore dei depositanti è stato interrotto da questi mediocri politicanti del centrodestra e del M5S. Ultima nota su M5S: quasi nessuno ha fatto notare che il loro NO al MES è stato molto probabilmente determinato dai loro referenti e danti causa CINESI, che hanno tutto l’interesse a un’Europa disunita.

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