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Luoghi d’arte: la Pinacoteca Nazionale di Cagliari

La Pinacoteca Nazionale di Cagliari si trova nella parte più alta di un importante complesso museale, sorto sulle rovine di un imponente sistema difensivo fortificato le cui diverse componenti sono risalenti ai vari periodi storici in cui la città era dominata dagli aragonesi, dagli spagnoli e dalla monarchiasabauda.

Il complesso è conosciuto dai cagliaritani e dai sardi in genere come "Cittadella dei Musei" perché all’interno dell’area sono allocate diverse altre realtà espositive, tra le quali il Museo Archeologico Nazionale.

La Pinacoteca, che ospita produzioni autoctone di estremo interesse artistico, storico e etnoantropologico (in larga parte dipinti, oggetti di oreficeria sarda e tessuti) e manufatti (per lo più dipinti e ceramiche) pervenuti in Sardegna successivamente alla loro realizzazione, come molti altri spazi "minori" della nostra penisola dedicati all’arte, appare luogo trascurato (o comunque non frequentato come meriterebbe) non solo da chi arriva a Cagliari da fuori per turismo o per affari, ma anche dagli stessi sardi e cagliaritani.

Che il disinteresse per l’arte sia dovuto ai tempi di grande "concretezza" in cui viviamo e al progressivo inaridimento dell’attenzione della gente verso tutto ciò che è umanismo, arte, creatività, narrazione (fantastica o realistica poco importa), cultura e nutrimento per lo spirito?

Che valga in questo senso quanto affermava, sia pure in un contesto ha a che vedere con "esperienze trascendentali" di altro genere, Aldous Huxley, e cioè che "Nel quadro correntemente in voga dell’universo non vi è posto per una valida esperienza trascendentale. Di conseguenza coloro che hanno avuto ciò che essi considerano valide esperienze trascendentali sono guardati con sospetto e considerati o pazzi o imbroglioni. L’essere un mistico o un visionario non torna più a onore?" [A.Huxley, Paradiso e inferno].  

Verrebbe da chiedersi (è l’interrogativo che io, appassionato delle varie arti, pongo continuamente a me stesso) se vi è ancora interesse, da parte di un pubblico di visitatori di musei potenzialmente vastissimo, per i beni del patrimonio artistico che sono testimonianza preziosa della storia e della cultura di tutti i sardi, e nel caso di risposta positiva quale ne sia il livello. 

L’interrogativo, sottilmente provocatorio, non appaia fuori luogo in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando di grande penuria di risorse da parte di un apparato ministeriale già di per sé povero di denari, che destina alla gestione delle strutture museali statali una quantità di finanziamenti comunque ingente.

Nella sua "Guida della città di Cagliari e dintorni"del 1861, il canonico Giovanni Spano (1803-1878), figura di eminente studioso delle usanze, della lingua e dell’arte della Sardegna di cui la Pinacoteca Nazionale custodisce un espressivo ritratto ad opera del pittore cagliaritano Giovanni Marghinotti (1798-1865), scrive, a proposito della città di Cagliari: "Sebbene questa nostra Capitale non presenti meraviglie artistiche come le altre città principali d’Italia, pure non mancano in essa da osservarsi molti monumenti che nel loro genere possono dirsi singolari, perché ogni città, ogni paese, benché piccolo, contiene alcun che di bello, di storico e di particolare che può richiamare l’attenzione e curiosità dei dotti e dei viaggiatori".

Paiono, queste considerazioni, perfettamente calzanti quando volessimo riferirle alla Pinacoteca Nazionale di Cagliari e ai preziosi manufatti artistici che essa contiene. La collezione della Pinacoteca può essere suddivisa in sottoinsiemi di opere che presentano caratteristiche di omogeneità.

Lo spazio espositivo, non vastissimo ma assai razionalmente allestito, ospita pregevoli retabli risalenti ai secoli XV e XVI. Le opere presenti in questa sezione documentano, dal punto di vista artistico, i fervidi e fertilissimi rapporti esistenti all’epoca tra la terra sarda e la Catalogna. Gli scambi Sardegna – Catalogna, peraltro, costituiscono il preludio al proficuo periodo artistico in cui inizia a formarsi e a operare nel capoluogo isolano una "Scuola sarda" di pittura vera e propria.

E a rappresentare la Scuola sarda, appunto, nella Pinacoteca cagliaritana sono opere del XVI secolo del Manierismo più tardo che lasciano trasparire caratteri artistici autoctoni e, in corrispondenza dell’affievolimento dello stilema sardo catalano che in precedenza aveva tanto influenzato la pittura realizzata in Sardegna, l’avvicinamento dell’opera degli artisti sardi ai canoni pittorici di scuola napoletana.

Segue una serie di opere pittoriche di provenienza varia realizzate nel XVII secolo. Queste facevano parte della dotazione artistica di varie chiese cagliaritane. Da ultimo, un gruppo di opere di artisti isolani (spiccano il già citato Marghinotti, Stanis Dessy, Pietro Antonio Manca e Mario Delitala) realizzate tra i primi decenni dell’Ottocento e la metà degli anni Cinquanta del Ventesimo secolo.

Più nel dettaglio, la Pinacoteca Nazionale cagliaritana (spazio espositivo che ingloba al suo interno, ben visibili al visitatore, resti delle mura dell’antico sistema difensivo della città progettato dall’ingegnere di origine cremonese Rocco Capellino e risalente alla seconda metà del XVI secolo) dispone di una pluralità di collezioni artistiche per un totale di oltre 1200 pezzi: oltre a quelle dei dipinti e delle ceramiche, quelle delle armi, degli oggetti di arredo domestico, degli ori e argenti e dei tessuti.

Spiccano, tra le molte opere di assoluto pregio storico-artistico, il bronzeo Acquamanile a forma di Pavone (prima metà del XII sec.) e, tra le oltre cento, una serie nutrita di pitture: il retablo dell’Annunciazione (circa 1410), mirabile saggio pittorico di atmosfera gotica e di arte "cortese", del pittore tardogotico spagnolo Joan Mates; la Madonna col bambino (1420 circa), attribuita al portoghese Alvaro Pirez, il retablo di S.Bernardino, splendido esempio di pittura catalano-fiamminga caratterizzato da cromatismi bruni e oro molto vivaci realizzato tra gli anni 1455-1456 da Rafael Thomas e Joan Figuera; il retablo della Visitazione, prezioso esempio di arte pittorica sardo-ispanica, opera di Joan Barcelo, artista barcellonese originario della provincia tarragonese, che lavorò in Sardegna tra il 1488 e il 1516.

Il retablo del Presepio, poi, attribuito all’anonimo Maestro del Presepio, è opera luminosa e in stato di conservazione tale da consentire di apprezzarne pienamente l’estrema accuratezza pittorica con cui sono state rappresentate le figure sacre.

Il retablo della Porziuncola (post 1492) e il retablo di S.Eligio: il primo, raffigurante S.Francesco e Santi martiri francescani, rivela marcate influenze fiamminghe e gotiche ed è attribuito al Maestro di Castelsardo; il secondo è attribuito al Maestro di Sanluri e viene giudicato "documento di straordinaria importanza, per la circolazione di stilemi italiani in Sardegna agli inizi del Cinquecento e per i modi in cui potevano essere recepiti e riplasmati da un maestro di rara sensibilità, sardo-ispanico per educazione ma di cultura individuale". (Corneo)

Preme mettere in particolare evidenza le straordinarie doti pittoriche della corrente autoctona sarda (si tratta di artisti che operavano all’interno della c.d. "Bottega di Stampace", denominazione derivata dal nome dell’antico quartiere di Cagliari all’interno del quale quest’ultima era situata) e segnalare alcune opere dei suoi principali esponenti.

Di Pietro Cavaro la Pinacoteca Nazionale conserva, oltre alla Deposizione (già parte del retablo di Nostra Signora dei sette dolori), un meditabondo e pieno di maestà S.Agostino, dottore della chiesa, in cattedra (1528 circa), in una rappresentazione che incute rispetto e timore per il personaggio, e la raffigurazione imponente, in tavole distinte che facevano parte di un unico retablo, dei Santi Pietro e Paolo (1528);

di Pietro e Michele Cavaro S.Agostino (ante 1537); del figlio di Pietro Cavaro, Michele, citiamo il retablo di Bonaria e il trittico della Consolazione; di Antioco Mainas, artista attivissimo la cui pittura si caratterizza per il suo "colorismo aspro ma squillante e dalla piacevolezza decorativa che sdrammatizzava le immagini delle scene sacre rendendole semplici e accessibili ai più"(Corneo); la c.d. Predella di Valverde che in origine faceva parte di un’opera di più vasto respiro, il retablo della Vergine e due ulteriori tavole che raffigurano rispettivamente l’Annunciazione e la Crocifissione.

Di pregevolissima fattura, infine, (lo Spano lo nomina definendolo "un capo d’opera d’arte che formerebbe la gloria di una Pinacoteca che lo possedesse") un caravaggesco S.Girolamo del XVII sec. attribuito ad un ignoto pittore di origini spagnole.

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