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 Home page > Tribuna Libera > Loris D’Ambrosio e gli sciacalli

Loris D’Ambrosio e gli sciacalli

Subire un processo non è piacevole per nessuno. Un processo, specie se è un processo di una certa gravità con un certo risalto mediatico, porta sempre con sé un carico di ansie e preoccupazioni. Dato che questo vale per tutti, e non solo per D'Ambrosio, teoricamente non dovremmo processare più nessuno.

E in questa conseguenza inapplicabile si vede la lucida follia di chi - a mezzo stampa e non solo - decide di dare randellate a destra e a manca per provare a vendere qualche copia in più.

C'è da dire che le intercettazioni che Napolitano voleva far distruggere sono state legittimamente disposte, legittimamente effettuate e legittimamente pubblicate sui giornali. Quindi se chi, per anni servitore dello Stato, decide di dare udienza telefonica ad uno come Mancino - indagato per falsa testimonianza sull'indagine sulla trattativa Stato - mafia - la colpa non è certo di chi ne riporta ciò che emerge. Chi è causa del suo mal pianga se stesso dice il proverbio.

Peraltro D'Ambrosio - come si conviene in un posto civile - ha avuto la possibilità di difendersi sulle pagine del Fatto, ed il disagio emerso sono state quelle conversazioni tra Napolitano e Mancino rimaste segrete e per le quali il Presidente Napolitano pretendeva la distruzione, a costo del conflitto di attribuzione. Il disagio di D'Ambrosio pareva provenire proprio dalla segretezza richiesta da Napolitano.
 
Il presidente Napolitano, non volendosi comportare da persona indegna e volgare, se volesse proprio prendersela con qualcuno, se la prendesse con se stesso per non aver compiuto l'unico gesto che avrebbe dovuto compiere: attaccare il telefono in faccia a Nicola Mancino, dopo averlo previamente diffidato dal ritelefonare. 
 
Caro Presidente Napolitano, il silenzio tante volte è d'oro.
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Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.2) 8 agosto 2012 16:51

    Collegare, l’infarto che ha stroncato la vita a Loris D’Ambrosio alla vicenda che lo ha visto coinvolto in una delle vicende piu’ torbide della Repubblica, è un fatto sconcertante del quale ognuno sarà chiamato prima o poi a renderne conto di fronte al Tribunale della Storia. Ma ancora più grave è il fatto di accusare di questa morte il magistrati di Palermo e i pochissimi giornalisti che chiedono verità e giustizia. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in questa occasione ha molto deluso non gli estimatori a singhiozzo, o quelli d’ultima ora,ma, principalmente, quelli che Lo hanno conosciuto e stimato da quarant’anni: avrebbe fatto molto meglio ad osservare un religioso silenzio; ma, in qualche modo Lo si può comprendere anche se non giustificare: infatti, è parte in causa: è Lui che, inopinatamente e sconsideratamente, è messo sotto accusa. Evitando di mettere sotto accusa, di inchiodare alle sue responsabilità Nicola Mancino: l’unico vero colpevole, responsabile, unico di questa morte - se collegata alla vicenda - perchè se non è chiaro se l’intervento del Quirinale aveva il fine di influenzare gli inquirenti, se trasmettere la lettera di Mancino al Procuratore Generale della Cassazione, sia stato un atto dovuto o un modo mascherato per intervenire con tutta la sua autorità sui procedimenti in corso, è certo che Nicola Mancino ci ha provato. Nicola Mancino,ex Ministro degli Interni ed ex Vicepresidente del CSM, ha ammesso, obtorto collo, di aver incontrato Paolo Borsellino, anche se per una stretta di mano fugace, mentre nella lettera al Corriere della Sera del 17.07.2009, ha confermato le parole di Paolo Borsellino, riferite da Mutolo: dobbiamo interrompere, mi ha telefonato il Ministro ! E’ questa conferma che inchioda Nicola Mancino alle sue responsabilità, è questo aspetto che – a mio modesto parere - è stato ed è colpevolmente sottovalutato.

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