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Lodo Mondadori. "Berlusconi è corresponsabile"

Il tribunale di Milano, Sezione Decima Civile giudice monocratico Raimondo Mesiano, ha condannato la Fininvest al risarcimento di 750 milioni di euro di danni patrimoniali in favore della CIR di Carlo De Benedetti.

La motivazione della sentenza indica Silvio Berlusconi "corresponsabile" delle attività illecite poste in essere per l’acquisizione delle quote azionarie della Mondadori.

Quella che andiamo a raccontare è una vicenda vecchia di vent’anni che rappresenta la più grande cronaca di corruzione della storia della Repubblica, e che chiama in causa direttamente il <<miglior Presidente del Consiglio degli ultimi centocinquanta anni>>.

Si tratta della cronaca dello scontro tra i maggiori gruppi di potere mai conosciuta nella nostra storia repubblicana, e che vede coinvolti Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi, accomunati dalla voglia di mettere le mani sull’editoria italiana tramite il controllo della Mondadori. 

IL LODO MONDADORI, OVVERO LA GUERRA DI SEGRATE

Nel 1976 Carlo De Benedetti acquisisce il controllo della società CIR di Torino, operante nel settore delle concerie, ne diventa vice presidente e amministratore delegato e la trasforma in holding di partecipazioni industriali (Compagnie Industriali Riunite).

La vicenda Mondadori inizia nel 1986 allorquando venne stipulato un patto di sindacato attraverso la creazione dell’AMEF (Arnoldo Mondadori Editoria Finanziaria) ove furono fatte convergere tutte le varie partecipazioni azionarie detenute da diversi soggetti.

La partecipazione AMEF era così suddivisa: la famiglia Formenton e Leonardo Mondadori il 25%, la CIR di Carlo De Benedetti il 16%, la Fininvest l’8%, e il restante 26% suddiviso tra azionisti minori.

A metà degli anni ottanta Silvio Berlusconi acquisisce quote sempre più consistenti della Mondadori, rimanendo tuttavia un socio di minoranza.

Nel 1987 Mario Formenton, a capo dell’impero editoriale, muore, e questo avvenimento creò forti contrasti fra le famiglie Formenton e Mondadori - Leonardo Mondadori, che aspirava alla presidenza, trovò l’opposizione di Cristina Mondadori-Formenton.

Nel 1988 Silvio Berlusconi acquista le azioni di Leonardo Mondadori e dichiara che da quel momento in poi prenderà un ruolo di primo piano nella gestione della società editoriale.

Con l’acquisto delle azioni di Leonardo Mondadori ora la Arnoldo Mondadori Editore è in mano a tre soggetti, la Fininvest di Silvio Berlusconi, la CIR di Carlo De Benedetti e la famiglia Formenton (eredi di Arnoldo Mondadori).

Carlo De Benedetti non approva l’idea di Berlusconi di amministrare personalmente la società e corre ai ripari.

Il 21 dicembre 1988, dopo alcuni mesi di trattative, venne stipulata una convenzione tra Cristina Mondadori, vedova Formenton, e la CIR di De Benedetti.

La famiglia Formenton si obbligava a vendere in piena e libera proprietà alla CIR, la quale si obbliga a comprare, n. 13.700.000 azioni ordinarie AMEF di sua proprietà.

La clausola arbitrale di detta convenzione recitava: <<Ogni controversia sull’interpretazione ed esecuzione della presente convenzione verrà decisa da un collegio di tre arbitri amichevoli compositori, i quali decideranno inappellabilmente entro il termine di tre mesi dalla composizione del collegio>>. 

Poco dopo però, nel 1989, i Formenton si alleano con Berlusconi e lo mettono a presiedere la casa editrice.


Ricorda De Benedetti che - in contemporanea ai primi acquisti sul mercato azionario da parte della Fininvest, accompagnati da offerte di acquisto da parte dello stesso Berlusconi a Cristina Mondadori-Formenton, si verificano pesanti attacchi da parte dell’allora segretario del PSI, Bettino Craxi, al gruppo editoria Repubblica-L’Espresso-Mondadori.

I Formenton non vogliono dar corso all’accordo del 1988 e si giunge pertanto al lodo arbitrale che da ragione alla CIR - De Benedetti ottiene quindi il controllo della maggioranza di Mondadori.

I Formenton non si arrendono e decidono di impugnare il lodo davanti alla Corte d’Appello di Roma, facendosi assistere da tre insigni avvocati: Agostino Gambino (che sarà poi designato quale "saggio per il blind trust nel primo governo Berlusconi e poi diverrà ministro delle Telecomunicazioni del governo Dini), Romano Vaccarella e Carlo Mezzanotte (successivamente nominati giudici costituzionali).

La Corte d’Appello decide con un collegio formato dal presidente Valente, dal relatore Vittorio Metta e dal terzo giudice Giovanni Paolini.

Se la sentenza non arrivasse entro il 30 gennaio 1991, il patto di vendita delle azioni dei Formenton a De Benedetti dovrebbe essere eseguito.

I giudici però sono assai tempestivi: la camera di consiglio si conclude il 14 gennaio, il giorno successivo Vittorio Metta sottopone al presidente la sentenza di centosessantotto pagine, che il 24 gennaio 1991 viene pubblicata (la sentenza era gia pronta).

La sentenza dichiara che il lodo arbitrale è annullato e la Mondadori torna sotto il controllo di Berlusconi - mai la magistratura è stata tanto celere.

Da questo momento in poi iniziano le vicende processuali che hanno visto coinvolto il Cavaliere e i suoi più stretti collaboratori, a iniziare da Cesare Previti.

Nel 1995 in seguito ad alcune dichiarazioni di Stefania Ariosto, la magistratura cominciò ad indagare sulla genuinità della sentenza.

La Ariosto dichiarò che sia il presidente della Corte d’Appello di Roma che il relatore Vittorio Metta erano amici intimi di Cesare Previti.

La magistratura si mise in moto e riuscì a dimostrare che il 14 febbraio del 1991 una società off-shore di Berlusconi dal nome All Iberian aveva emesso dei bonifici che dal conto "Mercier", facente capo a Previti, erano arrivati sul conto dello stesso relatore Vittorio Metta, quale tangente per il "buon fine" del ricorso in appello della famiglia Formenton.

In ordine a tali ipotesi di reato la Corte di Cassazione ha condannato nel 2007 Cesare Previti a un anno e saei mesi di reclusione, e Vittorio Metta a un anno e nove mesi.

Silvio Berlusconi si è sempre difeso affermando di non poter essere a conoscenza delle azioni poste in essere dai suoi più stretti collaboratori, pertanto il procedimento a suo carico è stato archiviato nel 2003 per prescrizione del reato.

La sentenza in sede civile, le cui motivazioni sono state rese note nella giornata di ieri 5 ottobre 2009, vanno in senso contrario affermando la corresponsabilità dell’attuale Presidente del Consiglio il quale non poteva non sapere, dato l’incarico da egli assunto in quelle vicende.

Il tribunale civile di Milano condanna la Fininvest al risarcimento per danni patrimoniali alla CIR di De Benedetti per una somma pari a 750 milioni di euro, mentre i danni non patrimoniali verranno quantificati in un successivo giudizio.

Si tratta di un duro colpo inferto al Cavaliere e alla sua holding finanziaria, la Fininvest, non scevro di conseguenze sul mercato azionario di riferimento.

Commenti all'articolo

  • Di sganapino (---.---.---.70) 11 ottobre 2009 13:56

    Consiglio tutti di rivedere su Youtube Il caimano (sunto di 7 minuti). Eventualmente Agoravox lo potrebbe mettere in prima pagina. Moretti ha anticipato le odierne parole di Berlusconi. Porbabilmente il premier ha visto e rivisto il film ed i suoi avvocati hanno stabilito che quanto detto è un’ottima linea difensiva.

    • Di giovanni (---.---.---.1) 29 ottobre 2009 20:04

      Questi problemi dovrebbero essere di esclusiva competenza dei giudici che dovrebbero operare nella più assoluta autonomia e libertà, ma qualora si accertasse che la lora sentenzo fosse sbagliata dovrebbero pagare loro il danno reso a qualunque cittadino.

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