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Lo stupro ricordato da una nonna

Scoprire a quasi 60 anni di essere stata stuprata da bambina ti sconvolge la vita, ti spezza il cuore in due, ti fa provare un dolore immenso che per giorni non ti fa trovare pace, non provi odio e per cosa contro chi, forse chi è già morto magari anche male, ma provi un dolore talmente forte che le lacrime ti scendono talmente in modo violento che non riesci a frenarle in nessuna maniera. Ti chiedi perché piangi oramai è successo ma non esiste una risposta ti hanno tolto qualcosa di tuo di intimamente tuo che non potrai mai più riavere.

Nonne violate

Ho sempre pensato di aver avuto un’infanzia fantastica e ancora lo penso. Le corse a piedi nudi sui prati delle marcite appena tagliate, dove al solo passare le rane si fiondavano velocissime nei fossetti sempre pieni d’acqua dove vi galleggiava quel crescione in miniatura che mai sarebbe diventato adulto. L’importanza di essere collocata sopra al cavallo bajo che nonno Chec aveva chiamato BAj. Così largo di spalle che quando lo montavo le mie gambine erano in perfetta linea retta. Ma io non mollavo la presa delle redini perché il compito era importante dovevo guidare il carro del fieno che nonno in cima accomodava e gli atri, gli zii e nonna gli passavano in grandi forcate. Un po’ mi spiaceva per Baj ma a lui non sembrava dare fastidio anzi, ogni volta che gli davo un “hio! va Baj” lui ripartiva con una grinta sempre rinnovata, anzi facevo fatica a fermarlo, perché sarebbe andato a finire direttamente in cascina, una strada che conosceva da anni.

Un animale fantastico che resterà sempre nel mio cuore come uno degli amici più cari. Come lo voglio ricordare….Baj era un po’ pazzerello come me del resto. Ogni tanto aveva bisogno dei suoi spazzi di libertà e se li prendeva eccome! Allora riusciva a slegarsi dalla catena che lo teneva alla greppia, aveva una stalla tutta per se e i vitellini appena nati e ogni tanto una cucciolata di cagnolini, gli tenevano compagnia, ma quando l'aria gli mancava non ce n'era per nessuno e via……veloce come il vento in una bella giornata di primavera ventosa e soleggiata lo vedevi volare nel nulla. Lo si sentiva dal rumore degli zoccoli che battevano sulla terra del cortile, non si fermava nemmeno a bere alle due rogge che attraversavano la cascina e di corsa raggiungeva il suo prato preferito dietro un capannone di ricovero attrezzi appena fuori dall’abitato. E lì si divertiva come un matto a rotolarsi nell’erba, a correre all’impazzata senza una direzione precisa, come impazzito di gioia. Lo spettacolo era vederlo stramazzare sul prato con le sue potenti zampe che sgambettavano nell’aria fresca di primavera . Una volta sazio di tutta la libertà che voleva e, quando desidera libertà non c'era storia, poi tranquillo tornava in cascina beveva alla roggia grande e tornava alla sua greppia felice come un bambino che ha appena avuto il suo pezzo di cioccolato preferito.

Le prime volte alla guida di un trattore, lo ricordo come fosse ieri, u Ford di colore arancio uno dei primi e anche qui il mio compito era quello di guidarlo nel prato mentre si raccoglieva il fieno o l’erba fresca. La cosa era impegnativa perché non sapendo e non avendo la forza di cambiare le marce mi mettevano la prima e dovevo tenere premuta la frizione con il piedino avevo circa 4 anni e quando sentivo la voce del nonno tuonare “tira innanz” piano piano, alzavo il piede e il trattore partiva. Ammetto che qualche volo il nonno lo ha fatto grazie a qualche manovra brusca ma, in fondo cadeva sul morbido e quindi niente di male!

Fino a quando un giorno come di solito si faceva all’epoca nel periodo pre invernale si portavano le mucche al pascolo nei prati vicino a casa, pratica che toccava a noi ragazzini visto che non sapevamo fare altro. In campagna si impara presto a lavorare, ma è talmente bello che tutto sembra un gioco e non un lavoro. In una giornata di fine novembre anch’io ero al pascolo con i ragazzi 3 ragazzi di cui uno zio. La giornata era molto fredda ma bella con il sole e le mucche erano tranquille e pascolavano con calma e nessuna pensava di andarsene per i fatti suoi, il cibo era abbondante e saporito perché farlo? In quel prato c’era un riparo attrezzi fatto di mattoni piuttosto grande dove in quel periodo nonno aveva stivato della paglia che gli sarebbe servita durante l’inverno per rifare “il letto alle mucche nella stalla” allora si usava così.

Visto che tutto era tranquillo i ragazzi si erano riparati nel “gabanon” ma io non riuscivo a stare mai ferma ed ero sempre alla ricerca di qualche fiore o funghi chiodini, che in quella stagione si trovano ancora vicino ai pioppi, quando mi sento chiamare dallo zio. Io tranquillamente mi avvicino al “gabanon” dove per terra c’era tutta la paglia e i tre ragazzi con uno strano sorriso sulle labbra. “Chiedo perché ridete?” e loro in dialetto “vegna qui che fa frécc che ta scuoldum” (vieni qui con noi ti scaldiamo, fa freddo). Io tutta contenta mi intrufolo tra i tre fiduciosa e felice di sentire un po’ di tepore dei loro corpi caldi io avevo 4 anni loro dai 10 ai 12. Ad un certo punto lo zio incomincia a dire “fam vide se ghe suta i culsunit de lana” (fammi vedere cos’hai sotto i calzoncini di lana) ed io incomincio a spaventarmi e gli rifilo un NO secco al terzo tentativo non ho possibilità di scelta mi bloccano sul pagliericcio. Ho così paura che anche la voce non riesce ad uscire e da quel momento il mio cervello entra in una specie di catalessi chissà forse sono svenuta non lo so, so solo che quando mi riprendo sono sola sul pagliericcio impiastricciata di sangue tra le gambine. Un sangue viscido mischiato con qualcosa di appiccicaticcio una cosa schifosissima.

Non so cosa fare non so dove andare “loro i Bastard ” così li avrebbe chiamati il nonno non ci sono più sono andati dall’altra parte del campo che è molto vasto le mucche continuano a pascolare. Nella confusione ricordo che li vicino c’è un fossetto con un po’ d’acqua rivestita da un sottile velo di ghiaccio, rompo la superficie sottile e cerco di ripulirmi alla meglio e più lo faccio e più provo dolore e nausea. Provo dolore fisico, ma soprattutto un dolore interiore proprio come quello che ho provato anni dopo alla scoperta di questa gravissima violenza gratuita, eravamo nel 60 chi avrebbe creduto ad una ragazzina di 4 anni, e chi avrebbe mai fatto uno scandalo simile neanche a pensarlo o peggio ancora nonno avrebbe ammazzato zio.

E’ stato difficile trovare il coraggio di raccontarlo ora ad un amico mi ha preso per pazza, per una che ha problemi, mi ero rivolta a lui perché essendo una persona di giustizia pensavo capisse la delicatezza della situazione, ma ho trovato un muro e una montagna di ignoranza, come se avessi detto una cosa del genere per attirare la sua attenzione, situazione che mi ha provocato ulteriore dolore e sofferenza gratuita. Dopo pianti disperati ho preso la decisione di parlare con mio marito e di chiedergli però il silenzio sui colpevoli che anche se io non ne avevo nemmeno accennato lui ha subito individuati. Come abbia fatto non lo so ma lo ha fatto. Mi ha rassicurata a tal punto che finalmente sono riuscita a tranquillizzarmi e a passare almeno 12 ore senza versare una lacrima.

Certo ci vorrà del tempo tanto affetto e comprensione, non certo per chi ha fatto violenza, anche se non riesco a provare ne odio ne rancore, ma sono ferite che hanno bisogno di tempo e di amore per richiudersi e di tanta voglia di vivere ancora, anche se si hanno già 58 anni.

 

Foto: guercio/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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