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Litigiosità e cooperazione

Capita a tutti di avere qualche problema con qualcuno. Possiamo però evitare di litigare, pur entrando in conflitto. Esiste un modo pacifico di gestire e tentare di risolvere i problemi e utilizzandolo, contribuiamo al benessere della collettività perché abbattiamo costi e disagi.

Alcune persone vivono i conflitti con emozioni negative tanto esasperate da rifiutare qualsiasi confronto. Capita di invitare una di queste persone in mediazione, ma non si presenta all'incontro, forse perché pensa che "tirarla per le lunghe" sia un modo per punirci, oppure perché prova tanto fastidio (o dolore) da non riuscire a confrontarsi con noi e col problema. Le persone possono provare talmente tanta paura da rimanere paralizzate. La qualità della relazione e il modo in cui abbiamo comunicato con queste persone determinano il loro atteggiamento nei nostri confronti: evasivo, litigioso o collaborativo.

Potremmo pensare che iniziare una causa, quando qualcuno rifiuta di negoziare con noi, serva a fargli comprendere la gravità della situazione. Attivare un giudizio comporta però l'effetto secondario di alzare il livello del conflitto. Sapere che abbiamo predisposto le armi per la guerra può innescare due reazioni nell'altra persona: accettare di negoziare un accordo amichevole, per evitare i danni collaterali della lite; oppure iniziare una guerra al massacro, per sfogare la rabbia accresciuta dalla nostra provocazione a litigare.

Predisporre una causa comporta un investimento emotivo importante per tutte le persone coinvolte: rabbia, paura, stress, ansia... emozioni che allontanano dalla capacità di visualizzare una soluzione amichevole e che alimentano un circolo vizioso, in cui la tensione fa vedere solo gli aspetti negativi della relazione, che a loro volta aumentano l'ansia, che a sua volta limita la capacità di vedere oltre lo scontro, ecc.

Quando litighiamo, sopportiamo costi in termini soldi, tempo, e qualità della vita. Possiamo ridurli, provando a risolvere amichevolmente il problema in prima persona, comunicando direttamente con i soggetti che dobbiamo coinvolgere nel negoziato, invece che affidandoci a un terzo (mediatore o avvocato). Possiamo studiare le tecniche di comunicazione efficace leggendo libri in materia o partecipando a corsi specifici. L'idea di base consiste comunque nel rivelare le intenzioni e spiegare le emozioni coinvolte nella relazione.

  1. Il primo passo è capire cosa vogliamo ottenere e come ci sentiamo, oltreché prepararci mentalmente ad affrontare un colloquio difficile.
  2. Dobbiamo poi recarci di persona da chi è coinvolto nel problema. Dimostriamo così di voler risparmiare all'altra persona il disturbo di modificare i propri programmi e spostamenti.
  3. Affronteremo quindi il colloquio riassumendo i fatti che hanno creato il problema, senza criticare e accusare l'altro.
  4. Spiegeheremo quali emozioni proviamo e cosa ce le fa provare.
  5. Chiederemo all'altra persona di spiegarci cosa pensa, cosa prova e cosa vorrebbe ottenere. Ci dimostriamo così interessati al suo punto di vista.
  6. Proporremo poi di fare qualcosa in prima persona per risolvere il problema e chiederemo all'altro come pensa di contribuire alla soluzione.

Le tecniche di negoziazione e comunicazione efficace sono più complesse di quelle elencate qui sopra, ma imparare a risolvere da soli i problemi (o provare a farlo) può diminuire drasticamente i costi economici ed emotivi che sopportiamo per gestire i conflitti.

Il benessere (nostro e altrui) dipende da quanto risparmiamo, sia in termini di tempo e denaro, sia in termini di stress. Possiamo credere che affidare ai terzi (mediatori, giudici, arbitri) il compito di risolvere i nostri problemi ci tolga un pensiero, ma in realtà aumenta le nostre preoccupazioni, in maniera direttamente proporzionale all'importanza del problema, perché, quando incarichiamo un terzo, non controlliamo direttamente quello che succede nelle trattative o nel giudizio. Gestire in prima persona il problema ci permette, invece, di sapere sempre cosa accade.

La cultura negoziale può contribuire al benessere della collettività, che cresce quando cresce il benessere di qualcuno, senza che diminuisca quello di qualcun altro. La cultura negoziale consiste nel buonsenso che ci permette di abbandonare la logica del mal comune, mezzo gaudio.

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