Lilli Gruber e la riscossa delle Donne
Finalmente ho trovato il tempo per leggere il libro di Lilli Gruber: “Streghe. La riscossa delle donne d’Italia” (Rizzoli, ottobre 2008) e devo ammettere che l’unico difetto sta secondo me proprio nel titolo, che trovo un po’ troppo “markettaro”, pensato solo per vendere qualche copia in più alle donne in condizioni psicosociali ed esistenziali più svantaggiate…
A parte questo difetto segno dei nostri tempi (dove la cultura esiste solo se ti fa fare molti soldi), ho trovato questa lettura scorrevolissima e godevolissima, ma anche molto stimolante per i diversi panorama umani che va a descrivere e per lo stile empatico e rispettoso del punto di vista degli altri (prende quindi in esame le più svariate professioni ed esistenze, comprese quelle dei criminali). Inoltre la Gruber inserisce qua e là anche qualche riferimento ad alcune protagoniste del femminismo italiano ed internazionale di ieri e di oggi, riuscendo ad amalgamarlo perfettamente con la vita quotidiana di una commessa o di una prostituta di una qualsiasi città italiana. Si nota poi con piacere che l’autrice non è la classica giornalista e scrittrice da tavolino, ma la persona che per capire deve toccare con mano e parlare direttamente con tutti gli attori della scena sociale (non è stata reporter di guerra per caso).
Tra le interviste più interessanti segnalo quella con Natalia Aspesi (unica donna ad aver vinto il premio come miglior giornalista italiano), che forse è stata la più cruda e disincantata. Queste le sue parole: “aumentano le infatuazioni degli uomini per le straniere, in genere dell’Est europeo e sudamericane. Una delle attrattive è la grande disponibilità sessuale: non c’è niente da fare, da quel lato le mogli non si spendono. Dopo un po’, parlando artisticamente, all’idea del pompino si buttano dalla finestra (a quanto posso capire parlando con amici e conoscenti un altro problema è che le donne italiane sono talmente centrate e concentrate sul figlio, o sui figli, che il sesso diventa una questione del tutto secondaria, o terziaria, oppure del tutto trascurabile). Poi succede che “portiamo rancore ai maschi che non riusciamo ad amare, anche perché pensiamo di averne diritto. I libri, i film, le pubblicità non si limitano a raccontarci storie color confetto: ce le promettono. E’ pubblicità ingannevole. Le ragazze ormai pensano che l’amore sia quello rosa. Così due anni dopo il matrimonio si separano, perché non è andata come pensavano: scopare, guardarsi negli occhi e lui che ti corteggia…” (e brutta è la sorpresa quando il tuo lui scoreggia...). Anche la ginecologa Alessandra Graziottin ha un parere simile: tra le prime colpevoli dello sfascio delle coppie italiane ci sono le famigerate mamme italiane che non hanno educato i maschi e ormai neanche le femmine a darsi da fare, a organizzare una casa (e a cucinare). C’è un analfabetismo sui fondamenti dell’autonomia che all’estero non troviamo.
Invece un giudizio molto calzante e sintetico sull’uomo italiano è stato quello dell’avvocata divorzista Anna Maria Bernardini De Pace: gli uomini italiani stanno tra la figa e la fuga.
A sua volta, Rossana Rossanda centra il segno sul genere femminile: “Siccome il sesso è una forma di influenza che siamo abituate a usare da secoli, è difficile rinunciarvi… ciascun genere sfrutta le debolezze dell’altro. Il coraggio di uscire da queste dinamiche, quindi, è reciproco… Se le donne fossero solo schiave, se patissero solo, prenderebbero un bastone e lo tirerebbero in testa al loro compagno (o lo lascerebbero)… Ma nella soggezione c’è un vantaggio e questa è un’idea inaccettabile per le femministe. Perché non è solo oppressione, ma suddivisione delle responsabilità. Lui va a caccia del leopardo (cioè di tanti soldi) e io sto nella grotta” (al caldo).
Ma anche la ginecologa Simonetta Draghi è molto diretta. Infatti dice: “Le donne di oggi, in Occidente, vivono male la gravidanza. Si fa un figlio per non ritrovarsi a rimpiangere l’occasione perduta, ma tormentate dai dubbi. Si preoccupano per la salute, per la carriera, per l’aspetto fisico, per gli equilibri di coppia, per la vita sessuale e per la responsabilità di una nuova vita. Gli uomini già al secondo figlio diventano meno attenti e presenti e comunque loro, una volta fuori da qui, riprendono la vita di prima” (viste le cose dette in precedenza a riguardo dell’interesse sessuale delle donne italiane in questo caso è meglio dire “quasi la stessa condotta di vita”).
Questo è invece il giudizio di Lucetta Scaraffia (storica e giornalista) sulle giovani generazioni di oggi: “I ragazzi sono disorientati, non riescono a identificarsi più nel modello maschile rappresentato dai loro padri. Non è più la famiglia a farsi carico della loro educazione: ci si istruisce a vicenda tra coetanei, con effetti che si riveleranno problematici” (pensiamo all’uso delle droghe).
Infine mi sembra giusto citare il pensiero della scienziata più premiata e anziana d’Italia, Rita Levi Montalcini: La scienza è stata al servizio dell’umanità, ma l’umanità non ha ancora imparato dalla scienza.
E ora posso finalmente terminare alcune parole dirette della Gruber: “… perché valutare i propri compagni così poco da non chiedere nulla? E’ come se certe giovani italiane, figlie della rivoluzione sessuale, fossero passate da un eccesso all’altro: dall’essere dipendenti dai maschi in tutto e per tutto, al ritenerli più inutili di un soprammobile.”
E quindi quel che succede oggi in Italia, è che tutte le donne vogliono essere autonome e indipendenti, ma poi quasi tutte cambiano idea non appena si innamorano.
P.S. Donne d’Italia: l’Italia senza di voi non si desta…
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