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Libera circolazione di idee in pericolo: SOPA, ddl Butti e altri bavagli

L'Occidente è sempre stato in prima linea per la critica alle nazioni in cui non vige una totale libertà d'espressione. Come spiegare, dunque, queste leggi bavaglio?

Negli ultimi decenni la televisione ha giocato un ruolo importantissimo nella vita dell'individuo: lo ha ammaestrato, educato e gli ha inculcato idee fondamentali per il suo sviluppo.
Le notizie che provenivano dalle diverse parti del mondo hanno subìto il filtro della voce del padrone, forgiando così una serie di uomini burattini di idee altrui. La TV non ha mai dato una vera libertà di scelta: ciò che veniva proposto dai diversi programmi televisivi, era in realtà imposto. Nemmeno nell'era della TV digitale le cose sono cambiate: al massimo ci si può accontentare di un'estensione dei canali Rai, o di quelli Mediaset.

E' per questo che Internet fa paura ai potenti, siano essi governatori mondiali o presidenti di multinazionali. Qualcuno la chiama "era dell'informazione" e non ha torto. Già con le radio private il fenomeno dell'informazione libera sembrava essere realtà, quando improvvisamente queste furono fatte chiudere o messe sotto controllo. Imbavagliare Internet sembra essere invece un compito molto più arduo. Innanzitutto significa mettersi contro uno strumento in cui le informazioni si espandono a macchia d'olio, e così è effettivamente accaduto per la notizia della proposta di legge SOPA, arrivata in pochissimo tempo dagli Stati Uniti a noi.

Sotto il velo dell'anti-pirateria spesso si nascondono leggi liberticide, messe in moto soprattutto dalle multinazionali, volte a proteggere il proprio controllo mediatico.


Era già successo in passato che alcuni software P2P fossero stati soggetti ad una brusca chiusura: fu così, ad esempio, per WinMX, sostituito però abilmente con eMule. Ora avviene lo stesso con i siti che hostano torrent (BitJunkie, per citare l'ultimo caso) o direttamente files (Megaupload).
Si è infatti compreso che tagliare le gambe al singolo individuo non serviva a molto. Paradigmatico il caso di Jammie Thomas-Rasset, una donna del Minnesota, rea di aver scaricato 24 brani da internet, ed essere stata soggetta, dopo 3 anni di Tribunale, al pagamento di 1,5 milioni di dollari di multa nel 2010.
Questo processo, evidentemente, voleva essere anche una dimostrazione del potere del copyright, un ammaestramento per internauti incalliti. Eppure si sa bene che il fenomeno dello scaricamento è sempre più in aumento.

E' così, quindi, che si spiegano le leggi bavaglio, che proteggono gli interessi delle multinazionali, ma anche del potere politico: è in quest'ottica, infatti, che si dovrebbe vedere il recente ddl Butti, che prende il nome dall'omonimo senatore del Pdl, il quale recita: "Al di fuori dei casi di cui al comma 1, l’utilizzo o la riproduzione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, di articoli di attualità pubblicati nelle riviste o nei giornali, allo scopo di trarne profitto, sono autorizzati esclusivamente sulla base di accordi stipulati tra i soggetti che intendano utilizzare i suddetti articoli, ovvero tra le proprie associazioni di rappresentanza, e le associazioni maggiormente rappresentative degli editori delle opere da cui gli articoli medesimi sono tratti. Con i medesimi accordi sono stabilite la misura e le modalità di riscossione da parte dell’editore del compenso dovuto", che gioca sul polivalente termine "utilizzo".

Riuscirà la libera circolazione di idee a rimanere, per l'appunto, libera? E' il motivo per cui esistono petizioni online, ma anche gruppi di hacker che stanno già mettendo in moto la guerra del futuro: quella virtuale tra le vecchie istituzioni e i liberi cittadini.

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