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Il mistero grillino al Senato

La XVII legislatura si preannuncia intensa, sebbene breve. La dimostrazione più paradigmatica la si è avuta con l'elezione del Presidente del Senato, Piero Grasso. Chi è costui? Un ex procuratore antimafia. Dall'altra parte c'era Schifani.

Il capogruppo parlamentare al Senato del Movimento 5 Stelle Vito Crimi era stato molto preciso circa la scelta che i grillini avrebbero dovuto votare: "Se vince Schifani, quando torniamo in Sicilia ci fanno un mazzo così".

Non era necessariamente un invito al voto di Grasso, sebbene sarebbe stato sicuramente preferibile rispetto a Schifani Presidente del Senato. Appare chiaro che fosse stata lasciata libertà di coscienza.
E così è stato: alcuni grillini hanno deciso di votare Grasso, altri hanno lasciato scheda bianca. Amen, ognuno ha fatto ciò che sentiva meglio per lui.

Poi è arrivato Grillo, che dal suo blog ha tuonato: "
Nel "Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento" sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto 'Trasparenza' è citato:
'Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S. Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze'".

Un richiamo molto duro ad una situazione che difficilmente è andata giù al comico genovese: una spaccatura all'inizio della legislatura. Fin qui tutto ok, ognuno lava i panni sporchi in famiglia. Peccato, però, che stavolta sia Beppe Grillo a doverlo fare. Ciò che manca, in questo richiamo, è la coerenza.

Non mi limiterò a citare l'abusato slogan "ognuno vale uno", sebbene possa rendere l'idea di ciò che affermo. Sarà bene, invece, ricorrere allo stesso blog di Grillo, per poter analizzare il problema alla radice.


"11 Agosto 2011, Comunicato politico numero quarantacinque [...] Ogni eletto risponderà al Programma del M5S e alla propria coscienza, non a organi direttivi di qualunque tipo [...] La libertà di ogni candidato di potersi esprimere liberamente in Parlamento senza chiedere il permesso a nessun capo bastone sarà la sua vera forza".

Un intervento lodevole, non c'è che dire. Stupendo nelle parole, ma disatteso nei fatti. Perché?
Grillo d'altronde ha più volte manifestato il suo desiderio di poter portare il Movimento al governo, essendo primo in Italia. Non votare significava, in un certo senso, poter accellerare la fine della legislatura.

Ancora una volta, però, dovremo ricorrere al suo blog, per trovare una decisa incoerenza con tutto ciò.
"3 Giugno 2012, Maroni, tira fuori i 350 milioni! Maroni deve agli italiani 350 milioni di euro per il mancato accorpamento delle elezioni amministrative ai referendum nel 2011."

E ancora: "17 Marzo 2011, Il parlamento nucleare. La colpa del mancato accorpamento che avrebbe fatto risparmiare 350 milioni agli italiani."

Sembra quasi che a parlare siano due persone differenti. Dunque, chi dei due ha ragione? A voi l'ardua sentenza.

 

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