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 Home page > Tribuna Libera > Lettera aperta a Matteo Renzi. La giustizia del mondo dei pesci

Lettera aperta a Matteo Renzi. La giustizia del mondo dei pesci

Egregio Presidente Renzi,

ci parla della giustizia del mondo dei pesci l’economista e filosofo, nonché premio Nobel, Amartya Sen. Ce ne parla così: “Tutti gli antichi teorici indiani del diritto parlano con disprezzo di quello che chiamano matsyanyaya, la «giustizia del mondo dei pesci», dove il pesce grosso si può tranquillamente divorare il piccolo. Evitare il matsyanyaya, ci ammoniscono, è parte essenziale della giustizia, così come è essenziale assicurarsi che la «giustizia del mondo dei pesci» non si introduca nel mondo degli uomini.” (Amartya Sen, in L’idea di giustizia, Arnoldo Mondadori Editore - Milano 2.010 – pag. 35).

In terra di Sicilia, almeno, una qualche presenza del fenomeno dovrà pur esserci, se è correntemente consigliato di “camminare guardando la punta dei piedi”. Abbassare la testa, anzi vivere con la testa abbassata è l’atteggiamento di chi, a torto od a ragione, la giustizia si guarda bene dal cercarla.

Come può accadere che, silenziosamente, nella nostra società umana meridionale si sia diffuso il matsyanyaya?

Forse ci aiuta a capirlo Paolo Bogna nel suo saggio Difesa, in AA.VV. Giustizia – La parola ai magistrati, Editori Laterza, Roma-Bari 2010, pag. 9: «Vi sono numeri che parlano da soli: gli avvocati che nel 1947 erano, in Italia, 21.000, sono oggi più di 200.000. Circa la metà di loro vive con nomine d’ufficio e grazie al patrocinio per i non abbienti pagato dallo Stato. E’ ovvio che l’eccesso di offerta e le difficoltà economiche di una larga fascia di avvocati giovani dilatano la tentazione di praticare una concorrenza a basso prezzo, basata su un superficiale impegno nello studio della causa e sulla trascuratezza nell’aggiornamento professionale.»

Questa considerazione è stata fatta prima della crisi economica globale, che tanto ha colpito la categoria degli avvocati. Oggi i problemi segnalati da Paolo Bogna risultano proprio a causa della crisi esponenzialmente aumentati.

Il ricorso a tappeto a giudici non togati ha un duplice effetto negativo. E’ di tutta evidenza che si corre il rischio di affidare le funzioni di giudice e di pubblico ministero a chi non riesce ad essere autonomamente un avvocato. La prima conseguenza che ne consegue è che il sistema non risulta più in grado di espellere i soggetti che il meccanismo del free market richiederebbe; la seconda è che il cittadino che accede alla giustizia si vede violato il diritto costituzionale al giusto processo. Perché senza un giudice togato, adeguatamente selezionato da un pubblico concorso, non si può certo parlare di giusto processo.

Con l’utilizzo di giudici non togati ogni possibilità di evitare la «giustizia del mondo dei pesci» è vana. E non si tratta solo di aver trasformato la giustizia in una lotteria per i casi minori: la realtà è che le forme di manipolazione della giustizia da parte degli addetti ai lavori a vario titolo sono talmente diffuse da rendere ormai difficile la civile convivenza.

Ad esempio nessuno deve meravigliarsi dell’enorme diffondersi di fatti corruttivi: se viene meno la possibilità di accesso alla giustizia, adottare comportamenti illegali diventa obbligatorio per chi vuole sopravvivere nell’imprenditoria. Insomma il compito del dottor Cantone, più che difficile appare impossibile.

 Signor Primo Ministro, c’è molto da fare per modernizzare la nostra società, ma senza una giustizia che funzioni, ogni sforzo in questa direzione appare velleitario.

Messina, li 05.01.2015

Cordialità

Bernardo Aiello

 

Foto: Matthias Hiltner/Flickr

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