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Le scienze sono una brutta bestia. Come spiegarle ai ragazzi?

Nel laboratorio di Scienze [Illustrazione via Children Book Illustrators]

Quando ero ragazzo, oltre allo scriteriato consumo di fumetti, non perdevo un numero di Scienza&Vita, una rivista che al momento non ricordo se fosse buona oppure no. Mi ricordo però un articolo che mi colpì su uno dei primi aerei senza pilota e mi ricordo che mi piacevano molto gli articoli di biologia, tanto che da grande volevo occuparmi di questo; non sono andato tanto lontano in fatto di scienza.

Parlando con alcuni ragazzi prima degli scrutini è ermerso come la loro maggior paura fossero proprio le materie scientifiche. Già, le scienze sono una brutta bestia per quasi tutti gli studenti. Non credo poi che siano tanto numerosi quelli che sognano di avere un laboratorio in camera o nel garage. Qualcuno si appassiona al pc e diventa il classico smanettone, per fortuna non si tratta dei soliti “secchioni”.

Però le statistiche e i rapporti sulla scuola ci raccontano una realtà a dir poco sconfortante tanto che -qualche anno fa- partì dal MIUR e Confindustria un Piano Lauree Scientifiche, con l’obiettivo di migliorare, tra gli altri, “la conoscenza e la percezione delle discipline scientifiche nella Scuola secondaria di secondo grado”. In effetti uno dei ritornelli più sentiti nei dibattiti e nelle relazioni dei politici c’è sempre quello di come superare il divario del numero dei laureati in materie scientifiche. Non aggiungerò nulla rispetto alla opnione comune: un paese con più laureati, soprattutto in materie scientifiche, gode di uno sviluppo innovativo più robusto e dinamico.

Se avete voglia nel rapporto OCSE dedicato alla scuola si possono leggere dati davvero impietosi (il rapporto è davvero molto lungo, ma basta l’opzione trova sul browser e scorrere le 500 voci dedicate all’Italia, i grafici sono molto esaurienti).

Non va meglio se consideriamo le percentuali che lo Stato italiano dedica all’istruzione: 4.8% del nostro PIL, ma il 97% di questo è destinato agli stipendi del personale impiegato nella scuola e il 3% alla manutenzione (sì: il 97% ai bassi stipendi degli insegnanti e affini). Di numero in numero spendiamo meno dell’1% per Ricerca e Sviluppo e abbiamo il 45% della popolazione compresa tra i 24 e i 64 anni (considerata come attiva) con la licenza media (in Europa ci si ferma al 27.3%).

Torniamo al privato. Come ogni genitore mi “dànno” per educare al meglio i miei figli e in questo arduo compito non sfugge quello dell’abitudine alla lettura e alla curiosità di conoscere. Affezionato a giornalini e stampa vago per le edicole con la speranza di incappare in un prodotto, diciamo, decente.

Le abbiamo provate tutte quelle che hanno un bel Kids di sbieco e che una volta sfogliate giacciono praticamente nuove. Perché di una cosa sono abbastanza sicuro: gli adulti non riusciranno mai a prendere in giro ragazzi e bambini. Alla fine sono prodotti scadenti, con un numero di pagine misero, perlopiù riempite di foto di espressioni e atteggiamenti curiosi, per di più, impaginate da schifo. Eppure non molto tempo fa, mi ricorda qualcuno, era possibile trovare quark o Newton, magari non rigorose, ma di sicuro potevano invogliare un adolescente abilmente “instradato”.

A scuola, visto che di soldi ce ne sono pochini, non esistono esperienze diffuse, anche giocose, di esperimenti e piccoli laboratori (anche se -aggiungo a margine- si potrebbe fare a meno di qualche corso tipo “yoga-teatro”, percussioni con le penne che producono tra l’altro imbarazzanti recite di fine anno come testimonia lo scuotere delle teste delle nonne, e della mia). Molto viene lasciato alla buona volontà del singolo insegnante, come si vede sempre più spesso.

Quindi? Uffa. Diciamo che non lo so. Il web può venire in soccorso e ricoprire quello che una volta Scienza&Vita faceva con me. Ma il settore cartaceo è in crisi. Quindi? Comunicazione Scientifica. Possibile non solo sul web. Ora, il senso di questo post è tutto qui.

Mi è arrivata la segnalazione di un’ottima iniziativa: una sorta di centri estivi scientifici (piaga e necessità - i centri estivi - di ogni famiglia che non sa cosa fare quando i figli sono a casa e i genitori al lavoro: si apre la questione di come impiegare il tempo libero o a chi affidare i pargoli).

L’idea è venuta a tre brillanti professionisti che insegnano e divulgano scienza per mestiere (qui potete leggere i loro profili). In pratica la loro associazione culturale che si propone di divulgare la scienza, organizzando laboratori didattici, esperimenti e perché no? Spettacoli e audiovisivi. Organizza (ma solo se siete dalle parti di Torino, Verbania, Cuneo) un ScienzAttiva Camp. Quindi settimane dove chi ama smontare, rimontare, sperimentare, toccare, curiosare potrà mettersi all’opera. A me sembra una bella iniziativa e quindi ve la segnalo.

 

Tutte le informazioni e il programma sono consultabili a QUESTO link. Buona estate!

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.137) 10 agosto 2013 11:21

    Mi permetto di dissentire dal titolo.

    Le scienze sono estremamente semplici ed accattivanti da spiegare,soprattutto ai ragazzi .Non conosco altra disciplina intellettuale che possa "catturare " l’attenzione come una "buona " lezione di fisica ,ritenuta ,secondo me ingiustamente ,la bestia nera da parte della quasi totalità degli studenti . Soprattutto al femminile.
    Ovviamente parlo a livello formativo e propedeutico perchè indubbiamente oltre si può andare soltanto con una solida preparazione di base,soprattutto in matematica.

    Il problema è nella inadeguatezza , spesso impreparazione e a volte anche frustrazione ,di chi è chiamato a spiegarle ,unita ad una carenza strutturale ed organizzativa (laboratori ,strumentazione ,videoformativi ecc... ) non degna di un paese avanzato. 
    Nel corso degli anni ho potuto constatare un costante e progressivo degrado del livello scolastico in generale ma ,soprattutto ,in ambito scientifico.

    Peccato.

    • Di (---.---.---.189) 15 agosto 2013 00:05

      E aggiungerei: il problema è nell’eredità gentiliana che considera la conoscenza scientifica non come cultura, ma tecnicismo.


      Per cui essere colti significa citare Pascoli a memoria e pensare che la matematica siano poco più che operazioni di base ed equazioni di secondo grado da risolvere meccanicamente, e che le scienze siano poco più che il discorsivo fenomenologico.

      Finché non si capirà che anche le scienze sono cultura e non la cenerentola dell’insegnamento, non si andrà avanti.

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