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Le origini del debito pubblico

Negli ultimi anni i politici nostrani (di qualunque colore) sostengono, con sempre maggior convinzione, che per colpa dei vincoli europei l’Italia non riesce ad implementare la crescita economica e quindi ad uscire dalla crisi che ormai attanaglia il Belpaese dal 2008. 

Anche il debito pubblico è considerato come un effetto dell’introduzione dell’Euro, poiché, secondo alcuni esponenti, è una moneta troppo forte rispetto alle altre valute mondiali soprattutto in base alle necessità di export del nostro Paese. Ciò dimostra che in Italia la ricerca del colpevole esterno è tuttora la miglior soluzione per nascondere alla gente comune l’inefficienza dei governi che si sono succeduti nella storia repubblicana.

Ovviamente, una situazione tragica e disperata delle casse dello Stato ha radici profonde e lontane. Già nel secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione e del boom economico, l’Italia adotta politiche finanziarie poco avvedute poiché, accecata dalla congiuntura favorevole a livello mondiale, ritenne possibile mantenere un debito relativamente basso avendo il Pil in forte crescita, ma questa crescita era “dopata” sostanzialmente da un continuo deprezzamento della Lira. Infatti, le prime conseguenze della politica economica scellerata - portata avanti in special modo dalla DC – si hanno alla fine degli anni ’60 la situazione precipita grazie all’inflazione crescente e ad una contemporanea flessione della crescita economica del Paese. In questi anni il rapporto debito-Pil raggiunge la quota del 60% e non accennerà ad arrestarsi o diminuire negli anni seguenti. Infatti, il presidente di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, nel 1982 mette in guardia il governo sull’eccessivo utilizzo della spesa pubblica, poiché nonostante la crescita stazionaria del Pil il settore pubblico continuava ad aumentare il debito in termini reali. Le parole del Governatore non hanno avuto nessun riscontro e così si arriva nel 1992 ad avere un rapporto debito-Pil pari a 124%. Dunque, viste le recenti proiezioni che attestano il nostro debito pubblico al 132% del Pil si può notare che in 17 anni questo dato sia aumentato “solo” dell’8%. Un fattore non secondario a questo rallentamento del debito è che proprio in quell’anno è stato siglato il trattato di Maastricht che istituisce la moneta unica (in vigore dal 1999) e il vincolo del rapporto tra deficit e Pil non superiore al 3%.

È alquanto evidente che non sono le regole europee a frenarci, poiché - numeri alla mano - sono stati i nostri governi, senza nessun vincolo esterno, a causare la gran parte del debito per mantenere una elevata spesa pubblica che non riesce a rispondere adeguatamente alle necessità dei cittadini. Continuare la battaglia ad un falso nemico, l’Europa, invece di attaccare quello vero, la spesa pubblica rigida, può essere l’errore che porterà il Paese all’uscita dall’istituzione che rappresenta la nostra ultima scialuppa di salvataggio per evitare il default finanziario.

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