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Le donne dell’anno! Lea Garofano e Giuseppina Pesce

Capita anche a me di accusare l'omertà, chi si fa i fatti propri, chi sa e non denuncia. Ma ci sono situazioni in cui ci vorrebbe un coraggio non indifferente. Dall'esterno è molto più facile anche se rischioso denunciare un boss mafioso, scoprire che una ditta appaltatrice è in mano alla 'ndrangheta e fare un esposto alla questura. Per carità, se si facesse questo tutti i giorni, sarebbe un grande passo avanti. E non si sarebbe eroi, ma semplicemente si compierebbe un dovere civico.

Eppure ci sono situazioni che ti rendono ingabbiati, dove la forza di denunciare svanisce e ci vorrebbe uno sforzo sovrumano che in pochi farebbero. Per esempio non è difficile capitare a lavorare in un'attività commerciale e scoprire che il tuo datore di lavoro appartiene ad una famiglia mafiosa e che l'attività sia solo un mezzo per riciclare il denaro. Magari ti tratta anche bene, ti paga sempre puntualmente e anche con uno stipendio adeguato. E non è difficile che sia così visto che specialmente gli 'ndranghetisti hanno tanti soldi da riciclare. Loro non hanno problemi di liquidità. Inoltre sono i pochi imprenditori che pagano le tasse. Devono fatturare sempre tutto affinché il loro denaro entri nella finanza legale.

In queste condizioni avere il coraggio di denunciare è sempre più difficoltoso, ci si trova in una situazione imbarazzante ed è davvero difficile che un dipendente, bisognoso di lavoro e famiglia da mantenere, denunci. D'altronde viene trattato anche bene.

Oppure c'è una situazione ancora peggiore. Anche se siamo nel 2011 e le donne hanno ottenuto tante conquiste, loro nella maggior parte dei casi sono ancora l'elemento fragile all'interno di un contesto familiare. Quante donne ancora sono succubi del proprio marito? Ma più semplicemente, quante donne si sono innamorate di assassini, pedofili e... mafiosi? E quante di loro hanno tenuto nascosto gli orrori del proprio compagno? Oppure quante donne con coraggio hanno ottenuto il divorzio, sono riuscite a fuggire, ma sono rimaste vittime di stalking e in certi casi non sono riuscite nemmeno ad avere l'affidamento dei figli perché sono senza lavoro?

Capita, molto spesso, che ci si innamori di una persona e poi con il tempo si scopre che magari è un mafioso. Molto spesso fanno finta di nulla, accade un po' come il film di Monicelli dove il grande Alberto Sordi interpretava un trafficante di armi. Accadde uno scandalo e finirono nei giornali, inizialmente moglie e figli si indignarono come se prima non sapessero niente, ma poi continuano a far finta di nulla. Anche perché vivevano negli allori.


Non è facile denunciare il proprio compagno, quindi troppo comodo accusare di omertà le tante donne che rimangono in silenzio. D'altronde se lo si ama pure, tutto diventa ancora più complicato.

E immaginate quanto sia difficile invece denunciare la propria famiglia, padri, fratelli e nipoti. Nelle 'ndrine calabresi è quasi impossibile e se lo si fa si finisce ammazzati dai propri cari. Tra di loro non esiste il perdono, non si grazia nessuno.

Ebbene per me si dovrebbe coronare non "l'uomo dell'anno", ma "le donne dell'anno". Una è Lea Garofalo che ha avuto il coraggio di divorziare e poi denunciare il marito per appartenenza alla 'ndrangheta. Grazie a Lea furono celebrati anche dei processi. Lo Stato tolse la protezione a Lea e a Milano scomparve nel nulla. Poi si scoprì che fu rapita e sciolta nell'acido dal marito stesso.

La seconda donna è Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore di Rosarno. Il clan Pesce è una 'ndrina molto potente e Giuseppina ha deciso di collaborare con la Giustizia denunciando non solo il padre, ma anche il fratello e il cugino.

Un coraggio enorme, inimmaginabile, raro quanto quello della Garofalo. Raro perché come tutti sanno, la 'ndrangheta ha pochi pentiti appunto perché si regge sui legami di sangue. Giuseppina Pesce non verrà mai perdonata e in questo modo si è condannata a morte. Così racconta:"

Finché mio fratello sarà vivo io resterò condannata a morte perché è lui che deve eseguire la sentenza per il mio tradimento. Solo lo Stato può salvarmi. Lo faccio per i miei figli. Se io non cambio strada e non li porto con me, quando uscirò il bambino potrebbe già essere in un carcere minorile, e comunque gli metteranno al più presto una pistola in mano; le due figlie invece dovranno sposare due uomini di ’ndrangheta, e saranno costrette a seguirli. Io voglio provare a costruire un futuro diverso per loro

Ancora una volta, dobbiamo ringraziare le donne per aver sfidato il Potere e nel caso di Lea, morendo pure.

Lea e Giuseppina, le donne dell'anno!

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