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Le dimissioni di Lupi, la parabola dell’albergatore, e note a margine

In occasione delle dimissioni del ministro Lupi, il parlamentare Alessandro di Battista lo invita a restituire i compensi percepiti e versarli nel fondo finanziario di aiuto alle microimprese. La proposta suscita l'indignazione di due giornalisti di cui non farò i nomi, ma solo i cognomi.

Le dimissioni di Lupi

Il 20 marzo 2015 Maurizio Lupi si è dimesso dalla carica di Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Lupi, dimettendosi, ha fatto anche una serie di dichiarazioni, tra le quali qualcosa a proposito di "sacrifici personali, anche economici" e "me ne vado a testa alta".

Sempre lo scorso 20 marzo, verso le ore 20, sentivo Radio 24 che parlava della questione. Ma prima passiamo alla parabola.

La parabola dell'albergatore

Due giornalisti di cui non faccio i nomi, ma solo i cognomi, Cruciani e Parenzo di Radio 24, vanno a mangiare pranzo in un enorme, famoso ristorante che si chiama Ai Lupi Affamati. La sala è affollatissima. Il pranzo è abbondante. Verso la fine del pranzo, dopo 2-3 antipasti, un paio di primi, due secondi piatti, fa irruzione la polizia e arresta il cuoco sig. Pizza Incalzone. Il commissario si rivolge alla platea di commensali e dice: "Grazie a denunce e intercettazioni telefoniche abbiamo finalmente arrestato questo cuoco, colpevole di ricettazione di vivande scadute o adulterate, che poi somministrava agli ignari clienti. Consiglio a voi tutti, che avete mangiato questi cibi, di andare a casa e farvi visitare dal medico: non siete in pericolo di vita, ma aspettatevi, come minimo, disturbi molto fastidiosi nelle prossime ore o giorni". Tutti i clienti si alzano e se ne vanno, piuttosto arrabbiati, senza pagare (ci mancherebbe altro!). Cruciani e Parenzo si alzano incavolati, ma prima di andarsene pagano il conto al ristoratore. Il ristoratore incassa, soddisfatto, e se ne va: "Io non ho colpa; Incalzone aveva l'appalto per la cucina, era lui che comprava le vivande e poi mi faceva fattura. Giustamente la polizia arresta lui, non me, io non sono neppure indagato. Anzi direi che semmai io sono la parte lesa, e dire che pure lo trattavo bene, benissimo, questo Incalzone, eravamo amici, un cuoco competente e affabile, gli ho mandato pure mio figlio a imparare come va il mondo". Fuori dal locale la gente pensa: "La polizia ha arrestato il cuoco perché è lui che risulta il ricettatore di cibi scaduti, sì, ma sull'insegna del locale c'è il nome dell'albergatore! E' l'albergatore che incassa i nostri soldi, è lui che dovrebbe garantire un servizio di ristorazione onesto!". Molti avventori si rendono conto che probabilmente quel mal di stomaco ricorrente, quei bruciori di stomaco serali, quelle notti insonni passate al gabinetto erano causate dai pasti consumati ai Lupi Affamati.

Fine della parabola. Se non fossero chiari i paralleli li spiego adesso. L'albergo è il Ministero delle infrastrutture, diretto dal ministro Lupi. Gli avventori sono gli italiani che pagano le tasse, il cuoco è il dirigente Incalza. La polizia interpreta la polizia.

I paralleli finiscono qui, perché gli italiani non possono scegliersi un albergo diverso, e il conto che pagano è molto più salato del conto di un ristorante. I disturbi all'apparato digerente, causati dal ristorante-ministero, sono gravi: concorrono a creare disoccupazione, suicidi d'imprenditori subissati di tasse e creditori e clienti insolventi. Cala la fiducia di mercati e investitori, mancano i soldi per le pensioni e i servizi, l'economia si deprime e il circolo si chiude in modo vizioso: con meno consumi c'è meno lavoro, il gettito fiscale diminuisce e bisogna alzare l'Iva e altre tasse, e via dicendo. Il giro d'affari del ristorante-ministero è di 25 (venticinque) miliardi di euro, il cui 40%, cioè 10 miliardi, è ascrivibile al malaffare. Le cifre sono stimate; più preciso è dire, per esempio, che un chilometro di ferrovia in Italia costa 3 volte quello che costa in altri paesi paragonabili. Eppure, il servizio ferroviario dato a certi pendolari è penoso, e questo si aggiunge al danno generale.

Le note a margine

Pur con tutta la rabbia che mi assale ogni volta che sento parlare di corruzione e sprechi (sospetto che questa rabbia non giovi ai miei bruciori di stomaco notturni), provavo un po' di empatia per Lupi. Mi chiedevo come dovrebbe sentirsi una persona così chiaramente squalificata dalle sue affermazioni poi contraddette dalle intercettazioni telefoniche. Mi chiedevo che cosa avrebbe fatto Lupi nella sua vita, dopo questa vicenda: pensavo che nessuno si sarebbe fidato più di lui, nessuno gli avrebbe affidato un lavoro. La risposta non si è fatta attendere. Lupi si dimette, sì, ma "a testa alta". La sua carriera è tutt'altro che finita: non gli serve una poltrona per fare politica, continuerà a sedere in Parlamento pagato da noi. E chissà, fra qualche mese potrà di nuovo ottenere qualche incarico, quando il popolo si sarà dimenticato dei fatti recenti (ma, per carità, basta con questi incarichi che comportano "sacrifici anche economici"). Mi sono sentito sollevato. Sono troppo buono.

Una sensazione umana simile alla mia deve averla provata l'onorevole Di Battista, che ha pronunciato un discorso in occasione delle dimissioni di Lupi. Ho letto quel discorso e l'ho apprezzato. Ecco un frammento iniziale:


"Ho osservato il suo volto provato dagli eventi, avrà sentito un grande dolore pensando a suo figlio finito in questa vicenda. Avrà avuto difficoltà a prendere sonno o voglia di fuggire, lontano, senza sapere dove. Brutto sentirsi senza via di uscita, abbandonato da tutti gli amici, che poi amici non sono, sono squali, pronti a sacrificarla per mantenere un posto di governo. Alcuni sono seduti accanto a lei, le avranno dato pacche sule spalle ma hanno venduto le sue dimissioni senza indugio per mantenere in piedi il 'sistema'. Lei oggi è una pietra che rotola, e mi creda non ne proviamo alcuna soddisfazione."

Di Battista prosegue poi paragonando quello stato d'animo disperato a quello che hanno molti italiani che "non riescono a dormire perché hanno il terrore che Equitalia gli porti via tutto. Anche loro sono disperati, così disperati da giocarsi mezzo stipendio ad una slot machine". Il discorso intero lo trovate qui: http://www.beppegrillo.it/2015/03/e...

Verso la fine, Di Battista dice ancora:

"Restituisca al popolo italiano i suoi compensi dell'ultima legislatura. Non morirà di fame per questo, piuttosto si arricchirà di dignità. Potrebbe usare il fondo dove noi parlamentari del M5S destiniamo i nostri stipendi tagliati."

Sono stato colto di sorpresa. I grillini sono rompicoglioni, abbaiano alla luna, ma quest'ultima frase, nella sua rompicoglionaggine, contiene un elemento costruttivo: "si arricchirà di dignità". Accidenti.

Quest'ultima frase non è piaciuta a Cruciani e Parenzo e, suppongo, non sarà piaciuta a molti altri. Eppure pensare che un ministro, per dignità, possa restituire i soldi percepiti indegnamente per il suo lavoro, non mi pare una cosa dell'altro mondo. Se io pago qualcuno per avere un servizio, è naturale che io voglia i soldi indietro se quel servizio non c'è stato o non è stato svolto correttamente. Correttamente, ripeto.

Per tornare al secondo capoverso di questo articolo, dopo aver saputo delle dimissioni di Lupi e del discorso di Di Battista, sentivo Radio 24, in viaggio verso casa. Cruciani esordiva con ironia su certe affermazioni di Lupi, mentre io provavo un'intima soddisfazione. Sì, perché io penso che Lupi sia un corrotto, oppure un incapace o, più probabilmente, un furbone che pensa più a sé (e alla propria famiglia) che agli italiani. E' quello che più o meno facciamo tutti, ma Lupi era pagato, per curarsi di noi. Allora, sig. Lupi, ti abbiamo pagato e tu hai hai speso male i nostri soldi, permettendo e anzi caldeggiando pratiche scorrette che costano 10 miliardi di euro. Non renderti ridicolo, vattene mantenendo un basso profilo, e la cosa finisce lì (anche perché fra pochi mesi ci saremo tutti dimenticati di questa vicenda, e pure di Renzi che non ha proferito parola ufficiale).

Bene, Cruciani asseriva che Lupi alzava un po' troppo la testa, e io pensavo lo stesso. Ma poi, Cruciani citò Di Battista e l'invito a restituire i compensi, e disse che quello era davvero improponibile, senza senso, una sparata assurda. Subito Parenzo rincarò la dose: "Io mi arrabbio quando sento questi grillini, non ne posso proprio più, basta con queste cavolate quei deficienti quei cretini blablabla". Non ricordo le parole esatte ma il senso era quello.

Bene, sig. Cruciani e sig. Parenzo, facciamo una scommessa. Andiamo insieme a mangiare al ristorante. Io corromperò il cuoco e lo convincerò a mettere un forte purgante nei vostri piatti. Alla fine del pasto svelerò tutto. E vorrò vedere se sarete disposti a pagare pure il conto. Saluti.

Foto: Maurizio Lupi/Flickr
 

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