• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Le banche, il credito e la via per uscire dalla crisi

Le banche, il credito e la via per uscire dalla crisi

Mercoledì scorso, sotto la minaccia di una recessione che è ormai realtà in Italia e che, grazie anche al patto fiscale voluto dalla Germania, rischia di travolgere tutta l’Europa, la Bce è intervenuta con una immissione di liquidità sul mercato pari a 500 miliardi.

Nelle intenzioni di Draghi questa mossa dovrebbe sbloccare il credit crunch, riattivare il credito alle imprese e consentire una maggiore esposizione sul mercato dei titoli pubblici. Immerse di liquidità le banche potranno finalmente fare da volano alla ripresa economica e stabilizzare le economie in crisi.

Purtroppo queste misure sono insufficienti e partono da una visione distorta del sistema economico. La via scelta per rilanciare l’economia sembra ingegnata soprattutto per favorire la ripresa del settore finanziario che potrà accedere ad una vastissima quantità di risorse ad un prezzo irrisorio. Per capirci, le banche potranno prendere a prestito denaro liquido pagando l’1% di interesse e reinvestirlo in attività senza rischio come i bund tedeschi, guadagnando il 3-4% senza fare nulla. Ma puntare tutto sull’intermediazione finanziaria rischia di essere controproducente.
 
Nelle intenzioni della Bce, una parte di questi 500 miliardi dovrebbero essere infatti usati per acquistare titoli di stato, così da rallentare la corsa dello spread, pur mancando la garanzia che le banche comprino bond dei paesi più in difficoltà, come Spagna ed Italia.

Soprattutto, rimane inspiegabile perché per sostenere i titoli pubblici si debba passare attraverso il sistema bancario privato, quando la Bce potrebbe intervenire direttamente con la creazione di Eurobond. Ma questa possibilità è esclusa, con la solita scusa che gli stati devono attuare comportamenti virtuosi per finanziarsi direttamente sul mercato. D’altronde, l’architettura istituzionale europea si basa principalmente sull’indipendenza della Bce, precetto di fede più importante della risoluzione della crisi stessa. Basti pensare alla reazione durissima della Ue contro l’Ungheria che vuole mettere la propria Banca Centrale sotto il controllo del governo. Mentre sulle misure razziste e liberticide del governo di Budapest, le critiche europee sono state assai più contenute, chiarendo una volta di più quali sono le priorità di Bruxells e Francoforte.
 
Inoltre nonostante si riconosca che la recessione sia legata alla crisi dell’industria, la UE vieta gli aiuti diretti alle imprese e dunque nuovamente si passa attraverso il settore finanziario per dare liquidità, senza nessuna garanzia di successo. Il mercato non può essere drogato dall’aiuto diretto dello stato. Ma questo non vale per le banche che possono usufruire di prestiti a tassi agevolati e vengono protette da garanzie pubbliche. Se si intervenisse con aiuti diretti alle imprese, queste si potrebbero finanziare al tasso offerto dalla Bce alle banche, l’1%. Invece, le banche rimetteranno il denaro in circolazione a tassi 4-5 volte superiori sfruttando una rendita di posizione per rimpinguare i propri forzieri a danno dell’industria.
 
Più in generale, la Bce continua ad usare palliativi, seppur necessari, senza intervenire sui problemi di struttura. L’immissione di liquidità può aiutare a superare un problema provvisorio di fiducia, ma non può essere la soluzione della crisi che ci attanaglia da ormai quattro anni. Sul fronte delle banche, invece di continuare ad inondarle di denaro e protezioni, bisognerebbe mettere mano alla loro struttura istituzionale, che al momento ci costringe a continuare a finanziarle e salvarle, pena il blocco dell’industria ed il fallimento degli Stati.
 
Sul piano economico, si continua a puntare su soluzioni di puro supply side, riattivare la produzione con il credito bancario, mentre i governi fanno di tutto per deprimere la domanda con tasse e tagli.
 
Il problema è che anche con nuove possibilità di accesso al credito le imprese non avranno interesse ad investire se al contempo non riprende la domanda. Si tratta della classica critica keynesiana all’incapacità del liberalismo di risolvere le crisi di sovrapproduzione.
 
Se una parte di quei 500 miliardi fossero usati per assumere, aumentare i salari e sostenere il consumo privato, l’industria avrebbe la possibilità di aumentare vendite e profitti, riattivando un ciclo virtuoso di crescita. Purtroppo le soluzione logiche e non ideologiche sembrano non interessare le istituzioni europee.

(Nicola Melloni)

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Alberto Chicarella (---.---.---.21) 28 dicembre 2011 16:51

    Il livello surreale raggiunto dal mondo finanziario, ha portato ad uno svuotamento di significato dell’economia reale. In questo processo di astrazione, le banche sono state poste quali intermediarie per la raccolta di ricchezza che serve per salvare interi Stati. Sono (le banche) degli ibridi terribili che godono delle prerogative dell’ente pubblico (quando devono ricevere soldi dagli Stati) e delle libertà di una società per azione privata (quando si tratta di giocare in borsa...con i soldi pubblici). La stessa BCE è un ente pubblico composto da banchieri privati. Un’élite che ha accumulato ingenti ricchezze, che ha occupato le istituzione e che è ormai in grado di fare il bello ed il cattivo tempo. 

  • Di (---.---.---.12) 28 dicembre 2011 18:36

    E’ un pò la stessa cosa che ha fatto la FED dopo il fallimento Leman, quella di
    inondare le banche di denaro a costo zero (praticamente), dopodichè le stesse
    hanno continuato, rincarando la dose, con le loro speculazioni di finanza "creativa".
    Ora, se è così palese che non è questo il modo per uscire dalla crisi, i casi sono
    due: 1) non ci abbiamo capito niente, e allora dovrebbero (draghi) spiegarcelo per bene
    in che modo queste azioni risolvono i problemi della gente e delle aziende,
    2) c’è qualcosa che non ci hanno detto, che tengono nascosto, che non ci vogliono far sapere,
    che hanno paura che noi non capiamo!

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares