Le Strisce - Fare Il Cantante
Le Strisce vengono da Napoli, non da New York o dall’Inghilterra indie rock, ma ce ne accorgiamo solo per il loro cantato in italiano, perché, se dovessimo ascoltare solo la musica, con le loro chitarre taglienti, correremo il rischio di confonderci. La cartellina stampa parla di Kooks, Arctic Monkeys e Strokes, e ascoltando il loro primo ep, uscito per una major (la Emi), “Fare il cantante”, prima di leggerla erano tre dei nomi che ci erano venuti in mente; insomma, a dirla tutta non bisogna essere dei geni o dei grandi esperti per fare queste associazioni.
Le Strisce hanno coraggio, o forse no, dipende dai punti di vista. Hanno coraggio perché non hanno paura di essere etichettati come l’ennesimo gruppetto scopiazzatore delle mode d’oltremanica (o oltreoceano, fate voi), ma se ne fottono e vanno avanti per la loro strada. Non ne hanno, perché c’è sempre l’altro lato della medaglia, ovvero, sono i soliti scopiazzatori delle mode d’oltremanica (o d’oltreoceano, fate sempre voi), senza uno straccio di idea.
Insomma non si sfugge. Le tracce di cui si compone l’ep, ovvero, “Fare il cantante”, “Io non sto bene”, “Chi ti conosce meglio di me”, sono tre brani veloci, più veloci i primi due, più lenta (si fa per dire) la terza, che si fanno ascoltare volentieri (anche se i testi a lungo andare stancano, ma ne parliamo dopo). I Libertines, quelli di Pete e Barât, quelli Up the Brakes, per intenderci, è il quarto nome che viene alla mente.
Le Strisce riescono in un’impresa ardua per chi si confronta con queste sonorità, ovvero l’italiano. I testi, infatti, combaciano perfettamente con la musica e con la loro idea del “fare musica” (o, almeno, così ci sembra). Ma, come succedeva prima, anche questo può essere un limite. Il respiro è troppo nazionale, ma questo non è un difetto (i Negramaro fanno il doppio del pubblico dei gruppi citati sopra), dipende da ciò che si vuole.
È la troppa autoreferenzialità (piaggeria?) dei testi a dare un certo fastidio; “tutti ce l’hanno con noi” sembra che canti Davide, che assieme ad Andrea (chitarra), Enrico (chitarra), Francesco (basso) e Raffaele (batteria) forma il gruppo (“Tu davvero vorresti fare il cantante”, “E poi quale sarebbe questo tuo talento”, C’è sempre qualcuno a dirti (…) che non sei uno dei Beatles, “La musica italiana gode a mettermi al muro, chi non mi segue può anche andare affanculo”; le sentiamo più vere in “Chi ti conosce meglio di me”, che sembra uno sfogo nei confronti di un padre che dice “Combinerai mai qualcosa? La musica ti ha trascinato giù, sono due anni che non studi più”).
Un peccato perché queste canzoncine piacciono (un po’ meno questo atteggiamento vittimistico), e anche il gruppo va oltre lo stereotipo finto indie rock che ultimamente piace alle major (un bel po’ di gradini sopra i Sugarfree, per fare un esempio), ma in fondo questo è “solo” un ep e nella lunga distanza ci dovranno sorprendere.
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