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Le Invasioni Barbariche: una marea di barbari contemporanei

Nell’etimologia del termine ‘invadere’ dal latino si rintracciano significati forti: assalire, andare con impeto, investire e (figurativi) prendere, occupare l’animo.
 
Dei barbari, invece, gli stranieri che sono diventati gli italiani in Italia, si sono già occupati in molti, tra definizioni e logiche. In particolare una delle osservazioni proposte da Alessandro Baricco (I barbari, saggio sulla mutilazione, Fandango 2006) resta oggi evidenza sociale quanto mediatica: «Un tempo superficialità era sinonimo di idiozia, oggi indica il luogo in cui si ritrova il senso delle cose, il luogo delle connessioni e del movimento». I barbari insomma, galleggiando muovono e collegano.
 
Le Invasioni Barbariche è una trasmissione televisiva le cui fondamenta dipendono da un format consolidato, saldamente retto da autori, conduttrice, pubblico presente in studio e ospiti.
 
Un format la cui struttura resta semplice, per alternanze di blocchi.
In ogni blocco si definisce un macro argomento, le modalità di trasmissione, una scaletta sommaria di contenuti, s’aggiungono all’occorrenza strumenti complementari per la decodifica (fotografie, filmati, musica, pareri esterni ai presenti). Il tutto organizzato e curato dalla conduttrice, Daria Bignardi, lucida, pronta a intervenire, decisa, preparata e attenta.
 
Si alternano, dunque, due tipologie di blocchi: l’intervista a un ospite a cui si dedica la piena attenzione e il talk show a tema con diversi invitati che partecipano alla discussione collettiva intervenendo (di solito) in alternanza, seguendo la conduzione.
 
Quest’ultima tipologia è quella che più rappresenta l'approccio complessivo della società italiana verso storie, tematiche, realtà, volti e voci: maree di barbari contemporanei.
È uno spaccato veloce, dai ritmi serrati, con tante voci che chiedono attenzione ma pochissime opportunità per ascoltare e andare più a fondo. Si resta in superficie, si affrontano anche tematiche gravi, d’impatto sociale, politico, morale, e ogni altra implicazione del caso seguendo le maree che investono e si ritirano, spesso entro logiche fulminanti che rincorrono già il prossimo blocco, il tempo e lo spazio da lasciare ad altro.
 
La dinamica da ‘talk show’ ha inequivocabili potenzialità, specie se coinvolge personalità rilevanti, che hanno qualcosa da dire, conoscono e rappresentano talune realtà (condizione che si è verificata spesso non soltanto in questa stagione della trasmissione in questione). Specie valutando le varietà di argomenti trattati, le angolazioni e i tentativi di proporre differenti punti di vista.
Ma la televisione ha i suoi tempi.
 
Peccato che queste Invasioni Barbariche restino relegate in un canale comunicativo che non concede tempi e ascolti agli approfondimenti (all’andare oltre ciò che frammentariamente accade anche in altre medialità), che non distingue ad esempio tra ‘il boom del burlesque’, ‘il trand dei makeover televisivi’ e ‘le politiche dell’immigrazione’ (entrambi gli ultimi due argomenti trattati nella puntata andata in onda venerdì 19 novembre su La7).
 
I blocchi ‘talk show’ de Le Invasioni Barbariche potrebbero molto di più ma non è ammissibile.
Non lo permette la televisione in quanto canale/mezzo che segue regole di mercato, ma anche mittente/gestore della comunicazione e detentore degli strumenti decodificativi specifici.
Anche i barbari, però, contribuiscono alla negazione, assecondando maree, nonostante tutto, non chiedendosi se ci sono canali paralleli, successivi o altre modalità. Al termine della puntata si spegne il televisore o si segue altro.
 
Le ennesime occasioni perse (o semi perse, se ancora li si vuole considerare ami lanciati in attesa di prese o reazioni).
 
I soli contenuti barbarici (intendendo l'approccio nei blocchi talk show della trasmissione in oggetto) non restituiscono "i sensi delle cose" ma abbozzi parziali che da soli muovono ben poco, qualcosa si delinea, qualcos'altro non si sposta dallo spazio confuso in cui gli italiani l'hanno rinchiuso.
 
Non ricordiamo cos'è l'impeto.
Non la violenza, la rabbia cieca, l'aggressione, l'odio che invece non mancano mai.
 
Ascoltiamo e vediamo blocchi a dividere mondi piatti, dei quali conosciamo ciò che ci viene proposto dal blocco stesso poi si passa al successivo o si cambia canale.
 
I polpastrelli hanno superato le gerarchie, sono più decisivi della mente. Non sempre, evidentemente, ma abbastanza di frequente da meritare un riconoscimento ufficiale, il nuovo "luogo delle connessioni e dei movimenti".

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