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Le Donne Avveturose 3

Alle donne avventurose che sono tutte le donne.

A quelle voglio dedicare una serie di scritti intraprendendo il titanico compito di raccontare di alcune che sono artiste famose e mie eroine, esempio e riferimento nel mio sentire; e di altre, apparentemente comuni, ma eroine del vivere quotidiano, invisibili al mondo e, quindi, anti-eroine per eccellenza.

REMEDIO VARO

Remedio Varo[1] nasce in Spagna nella provincia di Gerona da padre andaluso e madre argentina di origine basca. Fin da piccola è costretta a viaggiare per la Spagna e per il Nordafrica a causa del lavoro del padre, ingegnere specializzato in opere idrauliche. 

In età scolastica, come conveniva per l’istruzione, è mandata in un severo collegio di suore, dove si sente come “rinchiusa tra antiche e austere mura di virtù”: tutto ciò sarà rappresentato nei suoi quadri così come la fuga che sogna e che di fatto realizza a 21 anni sposandosi. Il matrimonio con l’amico e artista Gerardo Lizarraga è il primo passo verso l’indipendenza seppur rimanendo all’interno delle convenzioni sociali dell’epoca, in quanto una donna poteva lasciare la casa genitoriale solo se sposata.

Siamo negli anni ’30. La coppia, dopo un anno a Parigi in cui entra in contatto con l’ambiente artistico e la vie de bohème, si dirige verso Barcellona, più all’avanguardia di Madrid.

A Barcellona Remedio, con la complicità del marito, continua a rompere i severi codici ricevuti nella sua educazione, conducendo una vita affettiva e sessuale libera che manterrà tutta la vita: più di un’avventura amorosa contemporaneamente ma alla luce del sole. Le esperienze amorose di Remedio si trasformeranno sempre in amicizia, una volta passata la dimensione sentimentale/passionale.

Durante la guerra civile spagnola, Remedio conosce il poeta surrealista e militante antifascista Benjamin Péret con il quale intraprende una relazione e si reca a Parigi. Nuovamente in Francia, viene introdotta da Pèret nel circolo surrealista di André Breton, ma in seguito all'occupazione nazista della Francia, Remerio e Péret sono costretti ad emigrare in Messico. La coppia, grazie alla politica di accoglienza del presidente Lázaro Cárdenas, può naturalizzarsi rapidamente e continuare la propria attività artistica entrando in contatto con tutto il circolo di artisti surrealisti esiliati e non.

L’imprinting familiare e l’esperienza dell’infanzia, come spesso succede, influenza Remedio. Dal padre eredita il temperamento e la fantasia associati ad una creatività che esprime con un rigore formale estremo, prima per gli esercizi di disegno tecnico con la quale il padre la teneva impegnata per intrattenerla fin da piccola e successivamente per aver frequentato (a soli 15 anni) la rigida accademia di belle arti di San Fernando a Madrid. Dal lato materno riceve un’educazione rigida con valori religiosi che in seguito le continuarono ad essere inculcati in per tutta l’età scolastica nel collegio di suore. Remedio, anche se crescendo si libera passo passo dal conformismo della madre, si preoccuperà anche da adulta “dei sentimenti di quella donna tanto buona che si ritrova una figlia tanto anticonvenzionale”.

Il successo di Remedio è tardivo non per un tema di scarso talento ma perché, a parte l’attività artistica, per mantenersi deve lavorare: userà le conoscenze di disegno tecnico-scientifico apprese prima dal padre e poi all'Accademia, sia quelle di disegnatrice pubblicitaria già praticate a Barcellona; solo dopo le seconde nozze con Walter Gruen, che la mantiene e la sostiene, può dedicarsi esclusivamente all'arte.

L'opera di Remedio Varo è raffinata con uno stile molto personale e prevalentemente autobiografico: i personaggi delle sue opere sono quasi tutti somiglianti a lei. La dimensione onirica surrealista e la sua ironia sono evidenti e vengono riportati sulla tela con una grande accuratezza tecnica ed una minuziosa attenzione ai particolari sia dal punto di vista simbolico che pittorico: sono stata incollata ore davanti alle sue tele per osservarli!

La creazione e la dimensione magica vanno a braccetto come avviene nelle opere della sua intima amica Leonora Carrington, ciò avviene non solo grazie all’atmosfera messicana di cui si immerge, ma anche grazie all’influenza delle opere del pittore che lei, come me, ha sempre ammirato: Hieronymus Bosch.

 

ILARIA

L’incontro e l’amicizia con Ilaria sono nati da uno speciale sincronismo che ci ha coinvolto nel medesimo “giallo”.

Più che raccontare, questa volta mostrerò gli indizi che compongono la trama di tale giallo, alla quale tu lettore, potrai scrivere il tuo finale in quanto, al momento, Ilaria ed io non abbiamo ancora scritto la parola “fine”.

Ilaria è nata a settembre sotto il segno zodiacale della Vergine e ciò non è da sottovalutare: i nati sotto il segno della Vergine sono in genere “molto altruisti, coscienziosi ed amano il lavoro preciso anche se vengono sommersi dai grandi progetti. Sono molto analitici, dotati di un livello di intelligenza al di sopra della norma, sono famosi per il loro senso pratico. La Vergine detesta agire con precipitazione: non imponetegli mai di agire in fretta, deve avere il tempo di esaminare tutto con freddezza, pazienza e meticolosità, difficile da sopportare per chi non si trova nella sua stessa dimensione”. Nonostante non mi possa definire un’astrologa esperta, posso testimoniare che nella mia vita sono stata circondata da donne e uomini della Vergine tutti con queste caratteristiche che confermo appartengono anche a Ilaria; ed anche questo non è da sottovalutare.

Secondo indizio: Ilaria è nata a Buenos Aires ed è porteña a tutti gli effetti e come la maggioranza dei porteñi di genitori di origine europea. Anche se vive e lavora con soddisfazione a Buenos Aires, e in questa città ha tantissimi affetti, Ilaria ama Roma. Tale indizio può essere anche visto, nella nostra storia a rovescio, in quanto io sono romana, vivo a Roma, sono inserita nel mio microambiente affettivo e lavorativo, ma amo Buenos Aires. Ilaria viaggia da venti anni verso Roma ed io da sette verso Buenos Aires. In sintesi Ilaria ed io siamo compagne della stessa avventura ma a rovescio: vivere come acrobate tra due Continenti.

Già mi immagino le domande che vorresti farmi, caro lettore, perché in questi anni ne siamo state bombardate: “…Ma c’è un fidanzato che vi aspetta nell’altro Continente?. .. Da cosa state fuggendo? … e allora ….Cosa aspettate?!...”

Vi rispondo subito: Nooo…! Non abbiamo un fidanzato nell’altro Continente anche se in fondo, per radicarci, ci sarebbe piaciuto (e nel corso degli anni qualche candidato è passato). Non stiamo fuggendo da nulla ……

Cosa aspettiamo? Non è facile rimanere e neppure andare … perché …...non possiamo annullare la nostra razionalità e nemmeno il nostro cuore! Per andare si devono incasellare una serie di eventi anche materiali, oltre ad avere il coraggio di compiere il SALTO.

In merito all’aspetto materiale rispondo a coloro che sono comodi nelle poltrone delle loro case limitandosi a vivere le avventure degli altri tramite la TV o i libri!”

Qui ci sono due esseri umani in versione femminile alle prese con tutte e difficoltà dello sradicamento e dell’adattamento ….. per non parlare dei temi burocratici di residenza etc. Questi ultimi soprattutto ci pongono entrambe nella posizione di EMIGRATE!.. di lusso forse, perché noi un lavoro nel paese di origine ce l’abbiamo, però pur sempre emigrate le quali, senza uno straccio di “permesso di soggiorno” sono tollerate nel paese di destinazione solo nella dimensione turistica del “vivere”.

Quando si sente sulla propria pelle tutto questo, c’è un rispetto differente riguardo al tema dell’emigrazione …. perché si sa cosa si prova o quantomeno lo si può immaginare meglio.

In merito alla forza psicologica del salto posso dire che partire sembra ingrato verso il paese di origine che ci ha educato e cresciuto, al quale dobbiamo le basi del nostro vivere civile e della nostra sensibilità oltre che i nostri affetti, ma a volte è impossibile congelare il proprio cuore e per non avere rimpianti, conviene provare.

L’insegnamento più importante che sto apprendendo e accettando è il mistero della vita che mi impone di lasciare andare la pretesa di controllare tutto e di fluire, perché in fondo, la vita di ciascuno non è altro che, nel bene e nel male, il risultato di una serie di elementi irrazionali e incomprensibili che indirizzano o deviano il nostro percorso. La vita, questa meravigliosa vita che a volte ci fa vibrare senza capirne razionalmente il perché: a stento riconosciamo l’amore, raramente accettiamo una vocazione, comprendere l’attrazione per un paese è quasi impossibile. 

Personalmente ho lavorato molto interiormente per vivere la mia vocazione di artista pittrice (e anche di scrittrice). Scrutando Ilaria, ho avvertito che anche lei, che è meno impulsiva di me, segue il suo cuore avendo perfettamente coscienza dei suoi passi. Ora già siamo “dotate” di un doppio registro: quello del paese di origine e quello del paese che ci “chiama”. Nel corso degli anni abbiamo imparato un altro ritmo e un altro codice……….. perché, tralasciando le banalizzazioni del caso, i codici sono totalmente distinti e per quanto te ne freghi di qualsiasi dimensione, non puoi non renderti conto degli effetti che può avere il tuo comportamento sugli altri.

Al di là di come questa storia andrà a finire, è sufficiente che Ilaria ed io ci guardiamo negli occhi per capire e capirci.

Il richiamo profondo che riceviamo verso questo altrove ci porta lontano, in una dimensione che non prende corpo orizzontalmente “in un territorio”, ma verticalmente al di sopra delle nuvole, noi due semplici donne sparate in una notte di luna piena tra le stelle. E da questa distanza osservare…. quanto è piccolo il Mondo.

 

ILARIA


[1] Viajes inesperados - El arte y la vida de Remedios Varo – Janet A. Kaplan – Ediciones Era 

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