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Lavoro: i nuovi attacchi all’occupazione impongono una risposta generale

In questi giorni si intensificano gli attacchi diretti ai lavoratori di molte aziende: ultime ad essere colpite sono la Whirlpool di Napoli, la catena di mobili Mercatone Uno, che si aggiungono a centinaia di aziende chiuse o ridimensionate pesantemente nel corso degli ultimi anni, mentre molte altre vedono segnali preoccupanti all’orizzonte, sempre come conseguenza di grandi o piccole manovre del capitale (fusioni o cartelli) di cui i lavoratori non sono neppure informati direttamente, ma che spesso, dopo una fase di vacue promesse, risultano finalizzate solo a un’utilizzazione contingente, come l’acquisto di un marchio prestigioso o la conquista di una fetta consolidata di mercato; dopo qualche anno o anche meno l’acquirente getta la maschera e rinnega tutti gli impegni presi e si ritira indisturbato col bottino in altri lidi. 

Così, sotto questo governo “del cambiamento” e sotto tutti i precedenti governi di qualsiasi colore sono stati smantellati, senza una reazione adeguata da parte dei sindacati confederali, stabilimenti che pure avevano ottenuto cospicui contributi in varie forme dal governo centrale o dagli enti locali. La sfacciataggine dei padroni nel venire meno a impegni presi appena pochi mesi prima imporrebbe prima di tutto una campagna sindacale di denuncia e di avvertimento sul pericolo imminente, per preparare i lavoratori a reagire tempestivamente, a vigilare dall’interno su tutte le riorganizzazioni e ridistribuzioni del lavoro, lavorando al tempo stesso per costruire una risposta generale che non lasci mano libera ai padroni “mordi e fuggi”.

Di aziende in pericolo ce ne sono molte: ad esempio, appena sei mesi dopo l’annuncio della fusione della Guzzini Illuminazione con la svedese Fagerhult, nello stabilimento di Recanati sono cominciati spostamenti preoccupanti motivati con una poco verosimile “contrazione del mercato” prima che fosse completata la fusione, e si è cominciato nel frattempo a chiedere la Cassa Integrazione a zero ore per alcune decine di lavoratori, evidente premessa del licenziamento e chiaro tentativo di sondare gli umori dei lavoratori non ancora direttamente toccati. E ovunque in questi anni una campagna martellante ha cancellato quasi ogni traccia di quella consapevolezza che gli interessi dei lavoratori sono totalmente antitetici a quelli dei padroni, nessuno chiede conto dei milioni dei Guzzini scoperti dalla Guardia di Finanza in almeno due occasioni a San Marino quando ha cominciato a incrinarsi il suo ruolo di paradiso fiscale vicino a casa... Eppure quella consapevolezza aveva caratterizzato il sindacato nei primi decenni della sua storia, anche quando la sua direzione era riformista, ed era riaffiorata con forza nella grande ondata di lotte iniziata nel 1968-1969. Senza recuperare questa funzione di classe del sindacato è molto difficile difendere chi è colpito dai licenziamenti e dalle pesanti ristrutturazioni, e non rimane che implorare l’intervento degli ammortizzatori sociali, magari affidandosi alla mediazione di qualche politico del territorio.

Ho riprodotto volentieri due volantini sul caso Whirlpool, uno di Napoli e l’altro di Fabriano, dove nella frazione Melano c’è un altro stabilimento della Whirlpool. Sono una piccolissima cosa, ma che va nella direzione giusta della saldatura dei lavoratori minacciati con chi è pronto a sostenerli, contrastando l’azione diseducativa delle confederazioni sindacali che firmano appelli insieme alla Confindustria, avvalorando l’idea sciagurata che saremmo “tutti nella stessa barca” (a.m.)

Il volantino di Napoli

Whirlpool Napoli: prendi i soldi e scappa!

di Sinistra Anticapitalista Napoli

 

La Whirlpool annuncia la chiusura dello stabilimento di Napoli, buttando in mezzo a una strada 430 lavoratori. 430 famiglie che da domani avranno il problema immediato della sopravvivenza. Motivo? Delocalizzazione…

La Whirpool sei mesi fa aveva sottoscritto l’accordo per un piano industriale che prevedeva investimenti fino al 2021 nello stabilimento di Napoli e in quello di Carinaro, e aveva anche usufruito degli ammortizzatori sociali (pubblici) per la riorganizzazione dopo l’acquisizione di Indesit.

Siamo alle solite: per i padroni, vale sempre il vecchio motto prendi i soldi e scappa.

E vale sempre anche che gli accordi sono carta straccia nella loro piena disponibilità qualora pensino di non avere più convenienza a rispettarli.

I sindacati, invece di piangere sul latte versato, dovrebbero sostenere e organizzare la forza collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori per imporre al padrone migliori condizioni di lavoro e di vita, ma anche per dimostrare ai governi che le operaie e gli operai sono una forza con cui si deve fare i conti!

Intanto, in una importante manifestazione di solidarietà di classe con i colleghi e le colleghe di Napoli, lo stabilimento di Varese ha annunciato uno sciopero spontaneo, in una dimostrazione della possibilità e della necessità di unire i lavoratori e le lavoratrici del Sud con quelle e quelli del Nord, nella comune lotta contro i padroni.

Il governo dovrebbe intervenire subito, ma dubitiamo che lo farà in modo reale e incisivo, dal momento che, come i governi precedenti, anche questo è prono al volere dei padroni e delle multinazionali.

Il sindacalismo conflittuale, le organizzazioni, i collettivi, le associazioni e i partiti della galassia della sinistra alternativa in Italia, dovrebbero unirsi e condurre una grande battaglia affinché lo Stato intervenga per nazionalizzare sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici le aziende che delocalizzano, inquinano, licenziano.

Di fronte alle vite dei lavoratori e delle lavoratrici non c’è vincolo UE e non c’è profitto che tenga.

Ma è solo con la lotta che riusciremo a imporlo.

Sinistra Anticapitalista Napoli si schiera in solidarietà con le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento Whirpool di Napoli e si metterà a disposizione, pur con le sue ad ora modeste forze, per sostenere questa lotta.

... e quello di Melano (Fabriano)

Whirlpool chiude a Napoli.

Solidali nella lotta!

Whirlpool chiude lo stabilimento di Napoli e getta sul lastrico 430 lavoratrici e lavoratori con le loro famiglie. La notizia della chiusura arriva come una doccia fredda, nonostante Whirpool si fosse impegnata appena lo scorso ottobre, con un accordo quadro sottoscritto alla presenza anche del ministro del lavoro Luigi di Maio, a garantire un piano di sviluppo e a mantenere i livelli occupazionali in tutti gli stabilimenti del gruppo.

In una fredda nota, Whirlpool fa sapere di voler procedere alla riconversione del sito di Napoli e la cessione del ramo d’azienda a una società “in grado di garantire la continuità industriale allo stabilimento e massimi livelli occupazionali”: in una parola DELOCALIZZAZIONE. La ragione, secondo i vertici aziendali, starebbe nella ridotta “profittabilità” del sito di Napoli, che non sarebbe più in grado di garantire sufficienti profitti e quindi, come la cinica legge di mercato impone, bisogna liberarsene. Poco importa se a farne le spese sono 430 lavoratrici e lavoratori con le loro famiglie, che da ora saranno costretti a fare i conti con le impellenze della vita quotidiana e a dover trovare un modo per sopravvivere.

Whirlpool promette investimenti per il prossimo triennio e garantisce sul futuro degli altri siti produttivi. Ma non facciamoci illusioni. Si tratta, come si è visto, di dichiarazioni di buoni propositi che anche se sottoscritte ufficialmente, alla presenza di Ministro e sindacati, possono diventare in un attimo carta straccia: Napoli lo dimostra.

Ciò che è successo potrebbe succedere in ogni altro stabilimento del gruppo, Melano compreso. Lo sanno bene gli impiegati degli uffici finanziari di Fabriano, costretti a convivere con la spada di Damocle della “razionalizzazione” del personale e che rischiano di andare a lavorare in Polonia.

“Ridotta profittabilità”, “riconversione”, razionalizzazione”: tutte formulazioni fumose per nascondere una sola eterna verità: di quelle lavoratrici e lavoratori che, ridotti al rango di merce inservibile, non sono più utili ad accumulare profitti, bisogna disfarsene.

Come i dipendenti di Mercatone uno, anche gli operai di Napoli sono stati licenziati in tronco e senza preavviso. Ritorniamo ad organizzarci, imponiamo le nostre ragioni, che sono le ragioni di chi lavora e rivendica dignità e rispetto. È solo con la lotta che potremo imporre le nostre voci, e obbligare chi gioca con le nostre vite e con il nostro futuro ad ascoltarci una volta per tutte! È solo organizzandoci dal basso che potremo imporre alle burocrazie sindacali le nostre vere esigenze e forme di lotta più radicali e incisive.

Riprendiamoci la dignità! Recuperiamo il coraggio di dire che le nostre vite valgono più dei loro profitti!

Mai più profitto sulla pelle di chi lavora, basta con i licenziamenti! Il lavoro che c’é, dividiamolo tra tutte e tutti a parità di salario!

Questo articolo è stato pubblicato qui

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