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Lampedusa, Sliding Door europea

Lampedusa, isola italiana, ma molto più vicina alla Tunisia che al continente è diventata la porta per l'occidente. Una porta girevole, una sliding door, che può condurre tanto al paradiso quanto all’inferno quell’umanità dolente che la imbocca andando alla ricerca della terra del latte e del miele.

Sicché Lampedusa è considerata erroneamente ponte tra l'Africa e l'Europa, sarebbe troppo scivoloso se fosse un ponte che conduce nel cuore dell’ Europa, quindi difficilissimo da percorrere, quasi inaccessibile, poiché così tanto s’è arroccato nel suo dorato isolamento il versante occidentale del vecchio continente in versione UE. Adesso, a causa di una globalizzazione selvaggia, si è capito quanto corta possa essere la coperta per le popolazioni che vorrebbero restare nella propria terra vivendo dei frutti che essa può garantire. Sono troppo pochi; assolutamente non bastanti per sfamare tutti; allora non c’è scelta qualora tra fame e sete si aggiunge il rischio di morire di guerra; perché quest’ultimo è molto altro e purtroppo ricorrente.

Migranti vengono chiamati coloro che vanno in cerca di terra e di salvezza: Ma la loro identità, i loro bisogni non sono gli stessi; non si possono appagare con la stessa misura, con lo stesso metodo del dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Migra chi è stanco di vivere in continui teatri di guerra; scappa via chi avverte la necessità di non crescere nell'ignoranza. Si dilegua anche chi si rifiuta di essere considerata corpo che genera figli; corpo senza testa; occhi senza luce, ristretti nell’angusto spazio visivo del burka per non percepire la tridimensionalità del vivere quotidiano.

Migranti li chiamano, e dietro questo termine nessuno sa quali siano i drammi umani che ognuna di quelle persone nasconde e reca con se, sino al punto di far apparire folle il loro desiderio di crescere in un mondo migliore; folle quanto il gesto che li porta ad affrontare il mare; quella grande distesa di acqua davvero così diversa e dalle aride dune e dai deserti di sabbia che sono stati la loro culla.

Essi migrano, convinti che è meglio vivere comunque altrove che morire a stento nella terra natia. Un biglietto per l’imponderabile, su una di quelle imbarcazioni di fortuna, costa quanto il ricavato della vendita di ogni misera cosa che ognuno possiede: una capra, una paio di pecore, l’anello nuziale e chissà cos’altro.

Di ogni viaggio si conosce l’inizio, ma non la fine; si conosce bene ciò che si lascia, ma non quello che si troverà sull’altra riva dello sconfinato e capriccioso mare; sempre ammesso che piede possa toccarlo il suolo straniero. Perché l’altra riva del mare non è una terra promessa; nessuno promette mai niente ai disperati; non promette guarigione il medico al moribondo; al massimo ognuno promette a se stesso di farcela, di non voltarsi indietro, seppure neppure tale gesto mette al riparo dal divenire una statua di sale. Perché l’acqua del mare è intrisa di sale.

C'è chi viaggia cercando l’ebbrezza dell'oriente e c’è chi parte dall’oriente rifuggendone nefandezze e disumanità, perché il viaggio non sempre è una metafora di salvezza e di conoscenza; molto più spesso, ai giorni nostri, è una necessità; è una via di fuga; un’evasione da una prigione senza sbarre, ma ancora più dura di quanto possa esserlo quella che serve a privare il reo della libertà.

Eppure Il viaggio dei migranti è considerato un reato, al pari di chi da quello stesso viaggio ne trae lurido profitto divenendo novello Caronte.

Ed è gia storia quanto è avvenuto a Lampedusa il tre ottobre 2013 quando un barcone con oltre 500 persone a bordo prende fuoco a pochi passi dalla costa. L'orrore sommerge ancora più del mare la testa del naufrago. Anzi; dei bambini, delle donne e dei ragazzi che erano su quella imbarcazione in fiamme. Si diffonde la notizia, ma ben presto essa diviene racconto dalla bocca dei pescatori e dei pochi che in quel tragico albeggiare si trovavano in quel braccio di mare. Potevano essere ancora meno i sopravvissuti se solo lì intorno non si fosse trovata gente di mare che osserva innanzitutto le leggi del cuore, per fortuna così diverse da quelle fatte di divieti e di regole imposte in materia di migrazione dalla civilissima Europa. Con un banco di tonni o di merluzzi, si sa come comportarsi, ma con una nave piena di migranti clandestini alla deriva tutto cambia, è molto più complicato intervenire.

All’alba nel mare di Lampedusa galleggiava già quanto esso non era riuscito a ingoiare: scarpette; miseri oggetti personali, peluche e anche borsellini con i trucchi da donna che, una volta approdati nella terra nuova, sarebbero ingenuamente serviti a sentirsi un po’ meno diversi dalle donne occidentali. Ma per tanti di loro non è rimasto altro da fare che adagiarsi sul fondo del mare e attendere quella fine messa in conto, ma che si sperava ardentemente di poter evitare.

E’ andata troppo male il 3 ottobre del 2013; ma chissà quante altre volte è accaduto senza che nessuno ne abbia saputo nulla e solo perché il mare non ha restituito nulla di ciò che si era preso. Eppoi, otre che difficile contarli i migranti a bordo di una carretta del mare è quasi impossibile conoscere il numero dai tragici nocchieri che li imbarcano; sarebbe come scoprire la loro lurida contabilità.

Economia, economia, economia: l'arrosto del banchetto funebre è servito freddo a quello di nozze; a quelle nozze dove alcuni stati europei si erano uniti per scongiurare siffatte miserie, ma che si sono attardati nel contabilizzare i profitti di cotante miserie di una umanità dolente.

 

Foto: Carlo Alfredo Clerici/Flickr

 

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