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La vera sfera di cristallo: i referendum e la rete

di Michele Mezza e Rocco Pellegrini

E' la rete che cambia gli equilibri politici ormai in tutto il mondo. I processi sono tutti sotto i nostri occhi, ieri negli Stati uniti e nel mediterraneo oggi nelle urne italiane...

Ha vinto la democrazia, ha vinto la gente, hanno vinto i referendari, ha vinto l'opposizione.

Ma sopratutto ha vinto la rete.

Questo è il nuovo spettro che si sta aggirando per il mediterraneo, nelle piazze egiziane, libiche, siriane, tunisine, spagnole, greche ed ora anche nelle urne italiane.

Il popolo della rete è diventato protagonista della scena politica italiana.

I principali osservatori, sorpresi dai risultati delle città come Milano e Napoli, si stanno rassegnando a considerare come plausibile spiegazione l'irrompere di un nuovo strano protagonista: l'elettore in socialnetwork.

Nadia Urbinati, su Repubblica, qualche giorno prima del voto del 12 e 13 giugno, si diceva certa del quorum sulla base della “scoperta” che la TV non è più il domino dei consumi mediatici nel nostro paese. Lo stesso Corriere della sera lunedì 13 giugno in prima pagina annunciava un articolo dall'eloquentissimo titolo "Il web protagonista tra spot ed ironia".

Gli old media stanno ormai inseguendo i new media.

Il dato che colpisce e stupisce tutti è che nel nuovo mondo digitale i media non siano semplici strumenti di comunicazione, ma ambienti di attivazione, luoghi di relazione, motori di interattività sociale.

Si realizza qui la straordinaria previsione di Marshall McLuhan che già nei lontanissimi, dal punto di vista tecnologico, anni '70 proclamava che l'utente è il contenuto.

E' proprio la partecipazione dell'utente nel coprodurre il messaggio il nuovo contenuto ed anche il nuovo contenitore, dei media moderni.

La differenza fra i vecchi e nuovi media sta proprio in questa dinamica che trasforma persino la missione dei media: non più semplici strumenti, per quanto innovativi, di comunicazione ma vere macchine di produzione e di profilazione di soggetti sociali, che vengono trasformati dall'uso delle piattaforme digitali, da Facebook a Twitter.

Il sistema mainstream corre ormai dietro la rete in tutto il mondo non soltanto perché nella rete si arriva prima sui fatti e si creano i trend dei comportamenti sociali, ma soprattutto perché la gente, diciamo la pancia della società che frequenta la rete, sperimenta una libertà ed una potenza di interferenza nei processi decisionali prima di Internet assolutamente sconosciuta perché impossibile.

Questo nuovo "sistema di comunicazione" ha già fatto la differenza nelle elezioni del presidente degli Stati Uniti, come abbiamo documentato nel libro Obama.net, dove raccogliemmo la ricerca sui 4 anni di Obama in rete prima della sua elezione. Un comportamento segnato non dall'uso della rete come megafono, per meglio propagandare la propria candidatura, quanto dalla scelta di puntare sull'area sociale di chi in rete si immerge per lavoro o semplice interesse. Una "nuova classe sociale", un nuovo ceto che pretende nuove culture di governo e, soprattutto, l'abilitazione a partecipare alle decisioni.

Un fenomeno non dissimile si è affacciato nelle piazze nord africane nei mesi scorsi. A minacciare i regimi al comando sono state folle di giovani, alfabetizzati e connessi, che pretendevano un supporto efficiente da parte del proprio governo per competere e vincere sulla scena della propria vita.

L'Italia è diventata laboratorio avanzato di una nuova politica in socialnetwork.

Un'Italia che, forse sorprendendo alcuni osservatori pigri e tradizionali, è già in marcia sulla strada di una trasformazione sociale: 29 milioni di presenze attive in rete, +19% di incremento dell' e-commerce, +40% di smartphone, 6 ore e mezzo a settimana su Facebook, il 50% delle piccole e medie aziende che già ha adottato soluzione di cloud computing per i propri servizi in rete. Sono dati che ci parlano di un paese nuovo, individualizzato, professionalizzato, competitivo e sopratutto digitale, culturalmente digitale.

Non sono cose nuove queste per noi di mediasenzamediatori.org, la nostra comunity che raccoglie il lavoro della cattedra di Teoria e Tecnica dei Nuovi Media dell'Università di Perugia, che da anni discute appunto delle discontinuità sociali, prima che tecnologiche, della rete.

Mettendo l'utente al centro della rete, possiamo dire, a buon diritto, e potendolo documentare, siamo riusciti a prevedere, con grande precisione l'esito del referendum.

Infatti, già da sabato, cioè il giorno prima dell'inizio delle votazioni mentre dominava la discussione sulla possibilità del quorum, abbiamo fissato il risultato finale della partecipazione al voto in un range che andava dal 55 al 60%. Non ci riteniamo né indovini, né brillanti analisti.

Siamo semplici osservatori dei nuovi fenomeni digitali.

Noi siamo convinti, che se si vuole capire dove vanno le cose nel tempo nostro, bisogna guardare alla rete non diversamente da come nel secolo scorso bisognava guardare alla fabbrica.

In questo spirito abbiamo cercato di usare elementi di statistica inferenziale, molto semplici, per capire le tendenze nei comportamenti di massa e siamo convinti che presto questi giochetti matematici diventeranno scienza “ufficiale” ed influiranno in molti campi, ad esempio nel giornalismo, con fenomeni importanti ed emergenti come il data driven journalism.

La rete, infatti, ci mette a disposizione grandi masse di dati che descrivono i comportamenti delle comunità sociali, delle imprese, dei cittadini nei più svariati campi e che, se correttamente interpretati, ci permettono di inferire cose concrete, molto concrete.

Ad esempio, quando nei giorni passati si discettava del raggiungimento del quorum, abbiamo sviluppato un piccolo programmino. Un programma per acquisire ed indicizzare i dati relativi ai pronunciamenti e alle dichiarazioni in merito al referendum sui principali socialnetwork, Facebook e Twitter.

Al primo campione, relativo a Facebook, abbiamo assegnato il 75% del valore finale ed a quello su Twitter il rimanente 25%.

Il risultato ottenuto ci ha dato una stima del quorum intorno al 58,5% con uno scarto di +-3%.

Non abbiamo diffuso i risultati per puri scrupoli scaramantici, ma ci siamo convinti che la partita fosse vinta con molto anticipo sui tempi reali.

Vuol dire questo che abbiamo un modello di previsione universale? No di certo: una cosa del genere non ha senso.

Ne parliamo semplicemente perché siamo convinti che la rete ci offra strumenti assai potenti e che di qui viene l'innovazione del nostro tempo.

Anche questa cosa dimostra come anche nel nostro paese ormai le comunità di socialnetwork riflettano, sempre più fedelmente, il senso comune di un intero paese.

Esattamente come fu per Obama.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.93) 15 giugno 2011 12:01
    Damiano Mazzotti

    Diciamo che le indagini nel web sono più precise e attendibili, ma soprattutto nel caso di eventi sociali ben definiti... i referendum erano chiari e su cose che interessavano la vita di tutti e quindi la risposta è stata chiara... ma i referendum sono una cosa e la vita reale un’altra... e il vero potere politico è una bestia selvaggia molto dura da addomesticare...

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.93) 15 giugno 2011 12:02
    Damiano Mazzotti

    Per essere più chiari... avevamo abolito anche il finanziamento pubblico dei partiti.....

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 15 giugno 2011 12:23
    Rocco Pellegrini

     Damiano, il cambiamento che abbiamo analizzato in questo pezzo non comporta automaticamente il cambiamento del sistema politico che resta quel che tu dici. Noi ci siamo limitati ad evidenziare come il territorio essenziale dello scontro di oggi ed, ancor più, di domani sia la rete. E’ una cosa che diciamo da tanto tempo, anche quando non era così chiara come è diventato oggi, che comporta un processo di profondo rinnovamento del sistema politico come conseguenza del protagonismo sociale. Facebook è stata impressionante già nelle amministrative ma ancor più nel referendum perché ha metabolizzato, riplasmato e rilanciato la perseveranza e la determinazione di una "sterminata massa di nani". Le contraddizioni del governo, che non ha osato sfidare in campo aperto questa enorme massa apparendo goffo e contraddittorio, sono sotto gli occhi di tutti e la stessa opposizione è stata trascinata. Queste cose, per l’Italia, sono cose nuove e ci lasciano capire che chiunque vorrà esercitare potere dovrà fare i conti con questo "comitato centrale in riunione perenne" che reagisce in tempo reale e discute su tutto e di tutto. La cronaca potrà essere ancora quella paludata di un parlamento vecchio e stanco ma nulla sarà come prima e lo smarrimento della vecchia politica ormai è palese. Il compito nostro, di chi si riconosce in questo cambiamento perché ci ha messo del suo, ad esempio con Agoravox che continua a macinar record di attenzione, è quello di aiutare questo movimento a costruire il paese nuovo. Senza fretta e demagogia ma con la convinzione che gli strumenti per cambiarlo questo paese sono tutti nelle nostre mani.


  • Di Virginia Visani (---.---.---.0) 15 giugno 2011 12:57
    Virginia Visani

    Hai ragione Rocco. Non c’è nessuna fretta di arrivare a un progetto politico ben definito anche perché lo stesso progetto è, per così dire, in progress.
    Wait and see si diceva un tempo. Aspettiamo e ... maciniamo proposte, idee, anche insulti, perché no? Intanto il web sorpassa tutto e tutti.

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