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La rivoluzione (così francese) dei Cinquestelle

Ho già espresso, qualche giorno fa, le mie perplessità sul nuovo corso comunicativo del M5S.

In sintesi l’impressione è che fossero puliti, educati, ma anche un po’ finti, un po' di cartapesta insomma; mai come certi marpioni della classe politica "istituzionalizzata", ma vagamente incasellati nelle risposte topiche del movimento. Il che ha dato alle trasmissioni un certo sentore di noioso déjà-vu, nonostante la novità.

In particolare quello che più mi ha colpito (di loro) è stato il ripetitivo ritornello sul non essere (loro) né di destra né di sinistra.

E ho scritto: “...fare di questa trasversalità banalizzata il topos della propria identità politica non sembra avere molto senso, a meno che non si voglia comunicare che il superamento delle divisioni destra/sinistra ha a che vedere proprio con la contrapposizione ‘storica’ (che risale addirittura alla rivoluzione francese dove i deputati, guardacaso, si chiamavano “cittadini”) tra destra conservatrice e sinistra innovatrice o, peggio ancora, fra la destra nostalgica del fascismo e la sinistra antifascista”.

Mettiamo fra parentesi l’ultima frase; troppo scabrosa l’accusa di essere così ingenuamente affascinati dal fascismo ”buono” delle origini (Lombardi dixit) fino ad “aprire” elettoralmente anche ai “giovani” di Casa Pound (ma ho scritto “mettiamo fra parentesi”, non “dimentichiamocene”).

E facciamo finta di dimenticare anche il possibile (o probabile ?) opportunismo politico di voler pescare voti sia da una parte che dall’altra fiutando oltre alla crisi endemica della sinistra, anche quella del berlusconismo e, soprattutto, di una Lega allo sbando; fermiamoci un attimo a riflettere invece sull’altra contrapposizione storica cui accennavo.

L'insistito uso del termine “cittadini” per indicare non solo gli elettori o i simpatizzanti del movimento, ma anche se stessi deve pur significare qualcosa. E non solo indica loro stessi nel momento in cui sono effettivamente solo dei cittadini che fanno politica, ma anche dopo che sono stati eletti al Parlamento.

È noto che, in quella nuova carica hanno il diritto all’appellativo di “onorevoli” e il loro rifiuto all’uso di questo termine (peraltro ampiamente infangato dai molti che ‘onorevoli’ non lo sono stati proprio) è encomiabile, anche se chiamarli “cittadini” tout court sembra un po’ ridicolo.

Ridicolo perché suona un po' lezioso e un bel po' superato nel suo rimando esplicito all’uso del termine citoyen tipico dei rivoluzionari francesi di fine settecento. E, dal momento che la cosa è ben nota, si deve supporre che il richiamo alla Rivoluzione Francese sia voluto, come confermerebbe anche l'esplicito riferimento fatto da Grillo in persona.

Il Movimento Cinque Stelle sembra dunque voler riproporre, alla lettera, il lessico della rivoluzione che ghigliottinò l’aristocrazia dell’epoca (e speriamo che non sia riproposta anche la stessa prassi).

Il richiamo ai termini della rivoluzione francese però non è una novità nel panorama politico recente. Sette anni fa - nel febbraio 2006 cioè un anno prima del discorso "politico" di Grillo al Parlamento Europeo e del primo V-Day e ben tre anni prima che fosse fondato il Movimento Cinque Stelle - nasceva un settimanale di sinistra chiamato left originato dall'esperienza del vecchio periodico comunista Avvenimenti.

La genesi del nuovo nome veniva spiegata nell’editoriale del primo numero proprio con l’utilizzo dei tre termini caratteristici della rivoluzione francese - Liberté, Egalité, Fraternité - con l’aggiunta di una T finale che indicava l’iniziale della parola Trasformazione. Le quattro lettere iniziali, messe insieme, formavano appunto il termine left che notoriamente in inglese significa ‘sinistra’. Questo settimanale infatti si è sempre schierato decisamente in un ambito di sinistra, fino a diventare l’inserto culturale, pur mantenendo sempre una spiccata autonomia, dell’Unità del sabato.

Una chiara dichiarazione d'intenti del periodico che, pur riprendendo il discorso dalla rivoluzione francese, rilancia i temi più cari alla sinistra, parlando in particolare di libertà e di uguaglianza, ma proponendo elementi di decisiva novità.

La T infatti ha dato anche il titolo (“trasformazione” appunto) a una rubrica fissa che ospita gli scritti dello psichiatra Massimo Fagioli, la cui impronta culturale è estremamente significativa per la sua “teoria della nascita” che rivoluziona radicalmente il modo di interpretare l’essere umano.

Nell’utilizzo del termine 'trasformazione' c’è quindi la riproposizione delle tre parole della rivoluzione francese, che vengono però completate e quindi superate dall’ipotesi trasformativa che trova comunque un suo chiaro collocamento, culturale e politico, a sinistra.

Come dimostrano gli incontri, promossi dalla rivista, con personalità politiche e culturali del calibro di Rodotà, Barca, Settis, Soru, Colombo, Cofferati, Prosperi, Bonsanti, Revelli, Zagrebelsy, ma anche esponenti dei partiti come Civati e Puppato (PD), Migliore (SEL) e Ingroia; incontri a cui peraltro sono stati invitati anche esponenti del M5S come il portavoce Crimi e Zaccagnini.

L'uso del termine ‘cittadino’ sembra invece sottendere una pura e semplice riproposizione del passato, senza quella cifra ‘trasformativa’ capace di introdurre elementi di originalità.

Ora forse potrebbe essere più chiaro come la pretesa di non essere schierati né a destra né a sinistra abbia un senso comprensibile e come derivi dalla logica della rivoluzione francese che, avendo come nemico l‘Ancient Régime, vedeva alleati nel Terzo Stato il ceto borghese e il proletariato. Nei valori della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino ci si può riconoscere sia il proletario che il borghese, sia l'imprenditore che l'operaio, sia il bottegaio che il commesso. Non c'è distinzione di classe come noi la intendiamo perché la "questione" in sospeso fra le classi venne rimandata alla successiva teorizzazione del socialismo.

Qui ci si pone in una dimensione storica precedente il confronto/scontro tra le classi sociali che ha permeato di sé l'intero novecento.

E qui sta forse il punto di una necessaria analisi: superare il socialismo elaborandone la storia, ma senza renderla inesistente, come fa left che non ha quindi alcuna rèmora nel collocarsi a sinistra.

Oppure regredire a "prima del socialismo" (cioè alla rivoluzione del 1789) come sembra voler praticare il M5S che, per questo suo posizionamento ideologico, non ha quindi la possibilità, davvero, di definire il proprio posizionamento politico a sinistra o a destra.

La domanda quindi è necessariamente provocatoria: siamo di fronte ad un movimento che, idealmente - nonostante i proclami ad alta voce del suo leader - mancando in realtà di una cultura realmente trasformativa è quindi intimamente conservativo (se non addirittura regressivo) ?

E se questo è il punto, il confronto vero, la dialettica reale, non sarà, anziché con i partiti tradizionali chiusi nelle loro logiche asfittiche, proprio con quell’area culturale che dando vita al settimanale left ha invece proposto, fin dal titolo, la trasformazione dell’esistente collocandola però, con decisione, nella sfera della sinistra politica?

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.0) 8 giugno 2013 19:00

    " Regressivo" hai usato l’aggettivo giusto. M5s è un movimento politico che guarda al passato.

    Propone la democrazia diretta, una sciocchezza che non sta ne i cielo ne in terra, infatti non c’è alcun angolo del mondo, fatta eccezione per la mente di Grillo e Casaleggio nonché dei loro colonnelli (alla Fico), dove si discuta di questa ipotesi di nuova strutturazione della società.

    M5s propone altresì la "decrescita felice" un’altra bestialità che va contro tre milioni di anni di storia dell’umanità.

    Passaggio decisivo per realizzare questo obiettivo è la fuoriuscita dall’euro.

    Disegni così fantasiosamente folli sono assimilabili a quello di Pol Pot che voleva creare una società dove non vi fosse il denaro.

    Sappiamo dove portò Pol Pot e non è difficile immaginare cosa avverrebbe in Italia se dovessimo perseguire - tra l’altro in un solo paese - la decrescita economica.

    Con queste idee guida la ditta Grillo/Casaleggio non va da nessuna parte e farà la fine di Guglielmo Giannino.

  • Di (---.---.---.102) 8 giugno 2013 19:37

    Siparietto >

    Prima la Salsi e poi il sen. Mastrangeli sono stati “epurati” da M5S per aver messo la faccia in un talk show.
    Cambia la strategia quando si presiede la Commissione di Vigilanza Rai. La rete “non basta più” a smascherare l’offensiva delle tv “lottizzate”.
    Due le mosse.

    Per dare voce alle verità di Grillo compaiono in tv eletti M5S “prescelti” a veicolarne i “contenuti” secondo “indicazioni” date. Ossia. Pronti a ripetere, anche con ausilio di appunti, il “meglio” dei proclami di Grillo.
    Inutile cercare “opinioni” personali. Temerario è “divagare” sugli altri temi di attualità. Il copione è uno e solo quello è da “replicare”.
    L’ospite è sacro e va “assecondato”. Pena finire tra i “faziosi”.

    Da qui la seconda mossa.
    Chi meglio dei frequentatori del blog di Grillo può sancire il livello di “faziosità” delle tv? Detto fatto, ma …
    Al sondaggio aderiscono meno di 1/3 dei soliti frequentatori. Molto al di sotto della soglia minima prevista per il televoto su base nazionale.

    Nessun patema. Basta voltare pagina. A quando il prossimo siparietto?
    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non conosce né remore né limiti fino a …

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